La caduta di Wall Street non tocca le nuove tigri asiatiche
Le borse asiatiche continuano a ignorare in questo inizio di 2008 la debolezza dei listini occidentali. L’ennesimo scivolone che ha caratterizzato ieri sera Wall Street, con ribassi nell’ordine del 2%, non ha infatti tolto il buon umore a Cina & Co. Segno più anche per la Borsa di Tokyo (+0,5% il Nikkei e +1,5% il Topix) che bissa il rialzo di martedì dopo un inizio di 2008 in forte calo sui rinnovati timori che gli Usa, il principale partner commerciale del Paese nipponico, possano essere toccati dalla recessione. Timori che invece non hanno intaccato l’ascesa delle borse emergenti del Far East protagoniste di un inizio di 2008 scoppiettante confermato anche oggi. La Borsa di Hong Kong ha chiuso gli scambi in rialzo con l’indice Hang Seng che ha guadagnato l’1,86% attestandosi a quota 27615,85 punti, +0,91% invece per lo Shanghai Composite salito a 5435,81 punti. Ennesimo segno più anche per la Borsa di Bombay con l’indice Sensex 30 che per la prima volta nella storia ha varcato la soglia dei 21mila punti (prima di ritracciare sul finale e chiudere in lieve calo) a suggello di una corsa al rialzo intensificatasi nelle ultime settimane. Una forza relativa, quella dei mercati emergenti e in particolare di quelli asiatici, manifestatasi appieno nel corso del 2007 quando la crisi subprime ha interrotto solo momentaneamente la marcia di questi listini.
Il tema del decoupling è sempre più all’ordine del giorno con le principali case d’investimento che non mancano di rimarcare il “disaccoppiamento” tra l’economia Usa e quella del resto del mondo, Cina e India in particolare, con conseguenti ricadute minime sugli altri mercati della debolezza della locomotiva Usa. Elementi citati dai sostenitori del decoupling Cina/Usa sono i pesi relativi dell’export cinese. Contrariamente a quanto creduto diffusamente, le esportazioni verso gli Usa contano solo per circa il 22% del totale contro il 38% diretto verso Giappone ed Europa e un altro 25% volto ad altri Paesi asiatici. Per un’economia dove però le esportazioni incidono per il 25,9% sul Pil (stima Ubs sul 2007) contraccolpi potrebbero esserci in caso di una discesa contemporanea delle economie del G3 (Usa, Ue e Giappone). Una eventualità che al momento non costituisce il caso centrale.
Un segnale significativo delle attese di decoupling è quello arrivato dall’azionario cinese, protagonista di rialzi a tre cifre negli ultimi 2 anni e da molti additato come possibile teatro di una bolla speculativa. La debolezza d’autunno con una forte discesa dei corsi azionari, -20% circa dai massimi di metà ottobre da parte dello Shanghai Composite in poco più di un mese, sembra ormai alle spalle con il recupero di buona parte di quanto perso nel novembre nero della borsa dell’ex celeste impero. Di semplice correzione parlano gli esperti di analisi tecnica di Barclays Capital. “La debolezza del quarto trimestre 2007 dello Shanghai Composite la vediamo come una salutare correzione all’interno di un trend ascendente di lungo periodo”, rimarca il team di strategia tecnica della casa d’affari britannica che inoltre rimarca come non bisogni soffermarsi troppo sui guadagni speculativi degli ultimi 2 anni rischiando di sottovalutare il potenziale upside che può garantire ancora lo Shanghai Composite. I minimi toccati nell’ultimo scorcio del 2008, secondo gli esperti di Barclays, sono rimasti sopra l’area di congestione rappresentando quindi un segnale “bullish” con il possibile obiettivo per quest’anno, dopo il ritorno sui massimi di metà ottobre ’07 (vicino quota 6125 punti), della successiva resistenza posta in area 7150 punti.
Gli analisti di Ubs, in un report pubblicato a inizio anno, spiegano invece che il mercato locale, in particolare quello delle azioni A (che comprende i titoli quotati a Shenzen e Shanghai destinati solo agli investitori domestici e a istituzioni straniere selezionate), è sopravvalutato, e che questo lascia spazio per un’aspra correzione. Tuttavia la banca svizzera ritiene più probabile che per il 2008 si assista a un andamento laterale. Anche in caso di discesa del mercato però Ubs non vede problemi a livello macroeconomico, con la previsione di una crescita del Pil cinese nel 2008 ancora superiore al 10%.
Titta Ferraro e Marco Barlassina