Guerre dei dazi: da Washington segnali di ammorbidimento verso Pechino. Trump: li tratterò bene

Fonte immagine: Getty
Nella giornata di ieri sono arrivati diversi segnali di ammorbidimento nei confronti di Pechino da parte di figure chiave dell’amministrazione Trump – incluso lo stesso presidente americano – sul tema dello scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina. Turbolenze nei mercati finanziari e timori di recessione stanno costringendo Washington ad un’accelerata nel trovare una soluzione che riporti la calma nell’economia globale mentre la controparte cinese sembra disponibile a negoziare ma resta in attesa di più garanzie. I mercati hanno comunque reagito positivamente alle notizie.
Le parole distensive di Trump nascondono l’impazienza per trovare un accordo
“Sarò molto buono” con la Cina, ha detto Trump parlando con la stampa alla Casa Bianca, “Noi saremo molto buoni e loro saranno molto buoni e vediamo cosa succede.” Facendo riferimento agli attuali dazi del 145% sull’import cinese imposti da Washington, Trump ha detto che “sono molto alti, e non resteranno così alti”, suggerendo che quel numero “scenderà considerevolmente ma non sarà zero. Una volta era zero.”
Trump ha anche detto di non sentire il bisogno di “giocare duro” con il leader cinese Xi Jinping e che nel corso di future negoziazioni non ha intenzione di parlare del Covid-19 con le controparti cinesi, tema molto sensibile a Pechino. Recentemente sul sito della Casa Bianca sono apparse pagine in cui si esprime chiaramente l’idea che il virus abbia avuto origine da un laboratorio a Wuhan, fatto che ha irritato i diplomatici cinesi.
Secondo Chang Shu e David Qu, analisti di Bloomberg Economics “nei mercati si vocifera di un nuovo Accordo del Plaza”, riferendosi alla possibilità di un accordo sui tassi di cambio internazionali simile a quello fissato dall’amministrazione Reagan e diversi altri paesi nel 1985 per fermare l’apprezzamento eccessivo del dollaro. I due analisti sono scettici e pensano che “la Cina voglia un patto commerciale con gli Stati Uniti che non sia limitato ad accordi valutari”.
Per Alicia Garcia Herrero, chief economist per l’Asia Pacifico di Natixis, Trump “ha bisogno di un accordo e anche alla svelta. La Cina non deve offrire niente di grosso in queste circostanze.”
Il segretario al Tesoro Bessent: Usa e Cina devono ridurre le tensioni, due o tre anni per accordo definitivo
Le parole di Trump hanno fatto seguito a concetti espressi in modo molto simile dal suo segretario al Tesoro Scott Bessent durante un incontro a porte chiuse per gli investitori organizzato a Washington da JPMorgan Chase. Bessent ha detto che si aspetta “una riduzione delle tensioni”, secondo quanto riportato da Cnbc. “Nessuno pensa che l’attuale status quo sia sostenibile”, ha sottolineato.
Secondo il ministro la prospettiva di una “de-escalation” tra le due superpotenze “dovrebbe dare al mondo e ai mercati un segnale di sollievo”. Facendo riferimento all’attuale situazione ha chiosato dicendo: “Adesso abbiamo un embargo da entrambe le parti, no?”.
La “guerra dei dazi” scatenata da Trump lo scorso 2 aprile si è intensificata a ritmi vertiginosi in particolare con la Cina, producendo un virulento botta e risposta tra i due paesi. L’attuale situazione vede la Cina imporre dazi del 125% sull’import americano e gli Stati Uniti del 145% su import cinesi, sebbene da questi siano esentati le fondamentali componenti di computer e apparecchiature elettroniche.
Bessent ha detto che nonostante questa situazione l’obbiettivo degli Stati Uniti non è quello di separare completamente la propria economia da quella di Pechino. Ha sottolineato tuttavia come la politica commerciale cinese abbia sfavorito il settore manufatturiero americano e che ogni accordo futuro dovrà includere un ribilanciamento di quell’aspetto. Il segretario al Tesoro ha detto che ci vorranno due o tre anni per trovare un accordo definitivo.
La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha fatto eco alle parole di Bessent dicendo che “stiamo andando molto bene per un potenziale accordo commerciale con la Cina”, anche se non sembra che negoziazioni in questo senso abbiano ancora avuto luogo.
Pechino è aperta al dialogo ma vuole segnali concreti da Washington
In Cina sono rimasti particolarmente infastiditi dalle parole del vice presidente JD Vance, che ha parlato di “contadini cinesi” che toglierebbero lavoro agli americani.
Come riporta Bloomberg, nei giorni scorsi Pechino ha inviato a Washington una delegazione che include il governatore della Banca Popolare Cinese Pan Gonsheng e il ministro delle Finanze Lan Fo’an per partecipare ai meeting di World Bank e Fondo Monetario Internazionale. Al margine di quegli impegni potrebbero avvenire contatti anche informali tra alti funzionari americani e cinesi.
Secondo Henry Wang Huiyao, della società di ricerca Center for China and Globalization, “la Cina è pronta a parlare”. L’analista ha sottolineato che i commenti recenti di Trump hanno un tono “più ragionevole” e “questo avrà una risposta in Cina, e forse potremo avere un periodo di stabilizzazione e di raffreddamento delle tensioni e continuare il nostro rapporto con il presidente Trump nel modo più normale possibile”.