Notizie Notizie Mondo Guerra commerciale: tutte le società europee più esposte a tensioni Usa-Cina

Guerra commerciale: tutte le società europee più esposte a tensioni Usa-Cina

14 Maggio 2019 08:41

Nel vivo dell’escalation della guerra commerciale tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping, Bloomberg presenta le società europee che sono più esposte alle tensioni tra le due potenze mondiali. L’Europa tra l’altro trema, in attesa della decisione che la Casa Bianca prenderà il prossimo 18 maggio: quello potrebbe essere infatti il giorno in cui l’America First deciderà di punire anche l’Unione europea, imponendo dazi al 25% sul settore auto. Lo schiaffo commerciale avrebbe un valore di ben 47 miliardi di euro.

Non per niente l’indice Stoxx 600 Automobiles & Parts è scivolato del 12% dal massimo testato ad aprile.

Ma Bruxelles non sta certo aspettando il verdetto Usa con le mani in mano, e sarebbe pronta a una ritorsione, colpendo prodotti americani per un valore di 20 miliardi di euro.

Bloomberg fa intanto notare che diverse sono le società europee che rischiano di essere penalizzate nello scontro commerciale tra Pechino e Washington: si tratta di società che operano principalmente in settori ciclici, come quelli manifatturiero e minerario. Queste società esportatrici stanno facendo anche i conti con il rally che l’euro sta riportando contro lo yuan, fattore che rende meno attraente l’acquisto di beni europei da parte delle società importatrici cinesi.

Bloomberg presenta una lista di quei settori, facendo anche i nomi delle società relative, che hanno un’esposizione significativa verso la Cina, e che potrebbero pagare cara una ulteriore escalation della guerra commerciale.

Società minerarie e produttrici di acciaio:

La Cina è sicuramente il mercato più importante al mondo della domanda di metalli, il che significa che le società attive nell’estrazione sono molto sensibili alle tensioni commerciali con il paese. Per esempio, le vendite in Cina incidono per il 66% sul fatturato di Kaz Minerals. A rischio sono in generale anche i prezzi del rame, del minerale di ferro e dell’acciaio.

Beni di lusso

I consumatori cinesi che appartengono alle fasce più alte di reddito sono noti per non avere remore nel fare incetta di beni di lusso. Gli stessi rappresentano così un mercato cruciale per le società del settore come Kering, LVMH Moet Hennessy Louis Vuitton e Cie Financiere Richemont.

Quest’ultima, in particolare, deve un quarto del suo fatturato alla Cina. Finora, c’è da dire che il settore non è stato troppo scosso dalla guerra commerciale in atto, in quanto la domanda cinese per borse e orologi di lusso, in particolare, ha continuato a tenere.

Auto

La domanda di auto in Cina continua a scendere, non solo a causa della guerra commerciale contro gli Stati Uniti, ma anche per il rallentamento dell’economia domestica. I potenziali acquirenti di auto cinesi stanno anche posticipando i loro acquisti, nella speranza di ricevere eventuali sussidi governativi. Dal canto loro, i produttori americani ed europei di auto sono diventati più dipendenti dalle vendite in Cina, a causa dell’indebolimento della domanda nei loro rispettivi paesi.

Semiconduttori

Società europee fortemente dipendenti dal mercato cinese sono anche quelle di semiconduttori, in particolare quelle che producono chip utilizzate nella produzione di smartphone e di veicoli.

Infinenon Technologies, per esempio, principale colosso europeo di semiconduttori, riceve il 40% del suo fatturato dal paese.

Chimico e farmaceutico

Anche le aziende attive nel settore chimico vendono quantità enormi dei loro prodotti ai consumatori cinesi: tra queste BASF, il cui ceo ha predetto che, entro il 2030, la Cina inciderà sulle vendite dell’intera industria chimica per la metà circa.

E che dire del settore farmaceutico? La britannica Astrazeneca ottieme il 18% del suo giro d’affari dalla Cina, mentre Novo Nordisk il 10% circa. Entrambi i gruppi stanno puntando sempre di più sul mercato cinese.

Bloomberg presenta infine una lista di altri nomi di società europee dipendenti dalle vendite in Cina, citando tra parentesi l’incidenza delle loro vendite in Cina sul fatturato totale.

  • La francese produttice di pentole a pressione SEB (25%)
  • Il gruppo svizzero di logistica DKSH Holding (24%)
  • Il fornitore austriaco di attrezzature per energia idroelettrica Andritz (18%)
  • Il distributore britannico di anticorpi Abcam (17%)
  • Il produttore olandese di attrezzature e dispositivi medici Koninklijke Philips (13%) e il rivale tedesco Siemens Healthineers (12%)
  • I gruppi di attrezzature tlc, la finlandese Nokia (8,6%) e la rivale svedese Telefonaktiebolaget LM Ericsson (8,6%)
  • Il gruppo svedese retail di abbigliamento Hennes & Mauritz AB (8,5%)

La Cina sta dimostrando tra l’altro di essere più che pronta a reagire agli schiaffi commerciali inflitti dagli Usa di Trump anche se l’America sta valutando di imporre ulteriori tariffe.