La grande scommessa è stata persa. Short-squeeze da record. Ora, occhio alla scelta azioni o bond
Short sui Treasuries a 10 anni? Nel mese di marzo, la strategia è stata a dir poco sbagliata. Lo sanno i ribassisti su questa fetta di mercato, che sono stati costretti ad avviare ricoperture sullo scoperto su più di 340.000 contratti futures sui Treasuries decennali, per un valore che ha superato $34 miliardi.
Si è trattata dell’operazione di short-squeeze maggiore nella storia dei futures sui titoli di Stato Usa. Risultato: al momento gli short sui futures sui Treasuries sono tornati ai minimi dall’inizio del dicembre del 2016, anche se i trader continuano a vendere alla scoperto i Treasuries che hanno una scadenza più breve, in quanto scommettono su ulteriori rialzi dei tassi da parte della Fed: fattore che ha un’altra conseguenza, ovvero quella di far balzare le posizioni short sul cambio euro-dollaro a un valore che supera i $3 trilioni, ovvero i $3.000 miliardi.
Dai dati emerge che i ribassisti sui Treasuries hanno insomma cambiato idea in modo repentino, come mostra tra l’altro anche la curva dei rendimenti Usa, che si è ulteriormente appiattita.
E’ vero infatti che i mercati dei bond Usa hanno assistito a un aumento dei rendimenti, sulla scia delle speculazioni su un’accelerazione del Pil e dell’inflazione degli Stati Uniti prevista con il lancio del bazooka fiscale promesso dal presidente Donald Trump.
Ma il bazooka fiscale non si è ancora presentato e, con il passare delle settimane, le scommesse ribassiste sui Treasuries -e rialziste sui tassi – si sono ridotte, tanto che i tassi sui Treasuries a 10 anni viaggiano ancora attorno al 2,4%: un livello decisamente basso, rispetto alla media storica del 4% circa degli ultimi 20 anni.
Rimanendo in tema bond, attenzione anche al grafico che mette in evidenza un rapporto attentamente monitorato dai mercati, quello che misura la performance dell’azionario rispetto a quella dei bond e che è balzato ai massimi dalla metà del 2007.
L’esperto di finanza Bryce Coward si concentra sul proprio sito Gavekal Capital su tale relazione e prende come riferimento, in particolare, quello che mette a confronto il trend dei ritorni complessivi dell’indice S&P 500 con quelli dell’indice che misura il ritorno complessivo dei Treasuries Usa a 10 anni, stilato da JP Morgan.
Il grafico deve essere letto nel modo seguente: quando la linea blu sale, le azioni stanno facendo meglio dei bond, e viceversa.
Sebbene una crescita del rapporto azionario-bond non sia alla fine molto sorprendente, soprattutto quando il mercato attraversa una fase toro, l’analista sottolinea che la “recente accelerazione non è comune”.
Il ratio ci dice infatti che, nel corso degli ultimi due trimestri, l’azionario ha outperformato il mercato dei bond addirittura del 31%, valore massimo dal 2011. Solo nel 1999 l’azionario ha fatto meglio dei bond con un margine ancora più ampio, e in un periodo sempre di due trimestri.
Il modello non permette di prevedere il trend dell’azionario o dell’obbligazionario. Tuttavia le recenti oscillazioni indicano che probabilmente, nei prossimi mesi, non si assisterà a una nuova ennesima preferenza verso le azioni rispetto ai bond, così forte come ora. E quindi i bond potrebbero essere prescelti. E, ancora una volta, si tratterebbe di una sconfitta per chi continua a essere ribassista sul comparto del reddito fisso.