Google, Ue: ‘venda parte business ad tech. Violate norme Antitrust’

Google, arriva lo schiaffo Ue. Pericolo break up del business ad tech?
Google Ue, Google EU, Google Europe, Google Europa, Google ad tech: tutto il mondo si affanna a capire cosa sta succedendo a Google, il motore di ricerca che fa parte della galassia Alphabet, la holding tra le più importanti delle Big Tech made in Usa.
Oggi il colosso americano con sede a Mountain View, Santa Clara County, California, ha ricevuto uno schiaffo in faccia direttamente dalla Commissione europea.
La Commissione ha contestato a Google di aver violato le regole europee sull’Antitrust,“distorcendo la competizione nell’industria della tecnologia pubblicitaria”, ovvero nel mercato dell’ad tech, espressione che riassume i termini “advertising technology industry”. E’ quanto si legge nella nota della Commissione europea, che porta il seguente titolo:
“Antitrust: Commission sends Statement of Objections to Google over abusive practices in online advertising technology”. Ovvero, “Antitrust: la Commissione invia la nota di obiezioni a Google in merito alle pratiche abusive nell’utilizzo delle tecnologie di pubblicità online”.
In particolare la Commissione accusa Google di “favorire i propri servizi di tecnologie ad tech, a danno dei servizi di tecnologia pubblicitaria online offerti dalle società concorrenti, dagli inserzionisti pubblicitari e dai proprietari dei siti web”.
La notizia fa scalpore soprattutto perchè l’Antitrust Ue non si limita a certificare il danno presunto compiuto da Google:
l’autorità ordina al gigante tecnologico “la cessione obbligatoria” di parte dei suoi servizi pubblicitari online, sulla base dell’indagine preliminare che è stata lanciata dall’Unione europea contro Google, nel giugno del 2021.
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Google e ad tech: cos’è la tecnologia pubblicitaria online
Violazione delle regole che disciplinano, dunque, l’Ad tech. Una spiegazione di cosa sia questo business la dà lo stesso colosso rivale Usa di Google, il gigante dell’e-commerce Amazon:
“L’ad tech o tecnologia pubblicitaria è una parte importante della gestione di una campagna pubblicitaria digitale – si legge nella guida dell’altro titano hi-tech Usa – Gli inserzionisti la utilizzano per acquistare, gestire e misurare la pubblicità digitale”.
Google stessa spiega che “l’Ad tech è una tecnologia che consente la vendita e l’acquisto di spazi pubblicitari sui siti web e sulle App, dando l’opportunità ai creatori di contenuti di aumentare il fatturato pubblicitario, mettendo gli inserzionisti pubblicitari in contatto con le loro audience”.
“Gli investimenti di Google in questo spazio – si legge ancora – consentono agli editori di fare soldi per finanziare il loro lavoro, permettendo alle imprese piccole e grandi di mettersi in contatto i loro consumatori, sostenendo i contenuti creativi e diversi di cui godiamo tutti”.
E’ la prima volta, si legge in un articolo dell’AP (Associated Press) che l’Unione europea ordina a un gigante hi-tech di procedere allo spezzatino di parti chiave del suo business con l’accusa di violazione delle sue norme antitrust, dunque per tutelare la concorrenza del blocco.
Esplode guerra sull’ad tech. Il colosso costretto allo spezzatino (break up?)
Si tratta di una accusa formale che l’Ue ha fatto contro Google e il business pubblicitario della Big Tech scrivendo, nella sua opinione ancora preliminare, che le autorità Antitrust ritengono che il gruppo abbia abusato della posizione dominante che detiene nel mercato della pubblicità online.
Di conseguenza, Bruxelles ha stabilito che costringere Google a vendere parte del suo business ad tech potrebbe essere l’unica soluzione per porre rimedio al danno, nel caso in cui la società venisse considerata colpevole delle accuse che le sono state mosse.
E’ la stessa Commissione europea a presentare gli scenari che, a questo punto, Google ha davanti, ricordando l’articolo 102 del TFEU, che vieta “l’abuso di posizione dominante” e, anche, l’insieme delle norme contenute nell’Antitrust Regulation, che possono essere applicate dalle autorità Antitrust nazionali.
“Il 22 giugno del 2021 – si legge nella nota di Bruxelles – la Commissione ha aperto un procedimento formale avente per oggetto la possibilità di una condotta anti-concorrenziale da parte di Google nel settore della tecnologia pubblicitaria online (ad tech, per l’appunto)”.
La nota di obiezioni (Statement of Objections) che è stata presentata oggi, spiega Bruxelles, è “un passo formale nelle indagini della Commissione volte a contrastare le violazioni sospette delle norme Antitrust dell’Unione europea“.
Questo passo formale comporta che la Commissione “informi le parti interessate delle obiezioni che sono state mosse contro di esse”.
A quel punto, “i destinatari possono esaminare i documenti presenti nell’archivio delle indagini lanciate dalla Commissione, rispondendo in forma scritta e richiedendo un’audizione verbale per presentare i loro commenti sul caso, di fronte ai rappresentanti della Commissione e alle autorità nazionali competenti”.
“L’invio della nota di obiezioni (Statement of Objections) e l’apertura formale di una indagine Antitrust non pregiudica l’esito delle indagini”, si legge ancora. E “se la Commissione conclude, dopo che la società ha esercitato i diritti che le spettano per difendersi, che ci siano prove evidenti di violazione, può decidere di vietare la condotta, imponendo una multa fino al 10% del fatturato annuale che la società riceve ogni anno, a livello globale”.
Ancora:
“Nel caso in cui la Commissione dovesse rilevare la presenza di una violazione dell’articolo 101 o dell’Articolo 102 del TFEU, potrebbe richiedere alla società interessata di interrompere queste violazioni. A tal scopo, potrebbe imporre rimedi di condotta o strutturali, proporzionati alla violazione commessa e necessari per mettere fine in modo efficace alla violazione”.
“I rimedi strutturali – spiega la Commissione Ue – possono essere imposti soltanto nel caso in cui non ci sia un rimedio, in termini di condotta, di uguale efficacia, o nel caso in cui un qualsiasi rimedio adottato cambiando la condotta abbia sul gruppo riflessi più pesanti rispetto a un rimedio strutturale”.
La reazione di Google
Google ha risposto alla Commissione per voce del vice presidente della divisione di pubblicità online, Dan Taylor.
Taylor ha scritto di essere totalmente in disaccordo con la posizione della Commissione, definendo il settore della pubblicità online “molto competitivo”.
“La nostra tecnologia pubblicitaria (ad tech) – ha detto il manager – aiuta i siti e le APP a finanziare i loro contenuti, e consente in modo efficace alle aziende di tutte le dimensioni di mettersi in contatto con i loro nuovi clienti. L’indagine della Commissione si concentra su un aspetto limitato del nostro business pubblicitario e non è nuovo. Non siamo d’accordo con la Commissione europea e risponderemo di conseguenza“.