Goldman ancora ottimista nonostante il flop delle previsioni 2007
Un po’ di amaro in bocca ma anche qualche nota positiva. E’ quanto resta al termine della Global Strategy Conference di Goldman Sachs tenutasi oggi a Milano. Perchè se è vero che per il global economist della casa d’affari, Binit Patel, dice che ci sono due probabilità su tre di una recessione negli Usa nel 2008 e se è vero che le stime di Goldman sulla crescita in tutte le aree del mondo sono inferiori a quelle del consensus è altrettanto notevole la previsione di un ritorno in positivo del tasso di crescita dell’economia Usa già nel quarto trimestre e soprattutto l’aspettativa dello strategist David J. Kostin di una Borsa più forte di tutto, tanto da arrivare a fine 2008 con un S&P/500 a 1610 punti. Ce ne sarebbe abbastanza per essere ottimisti e tornare in massa sull’azionario, se non fosse che il target proposto da Kostin è pressochè identico a quei 1600 punti che Abby Cohen, deus ex machina della stessa Goldman, aveva previsto per fine 2007. E invece l’S&P ha chiuso ieri a 1373 punti, oltre 17 punti percentuali più in basso.
Un’indicazione però, specie se proveniente da una delle investment bank in assoluto più influenti di Wall Street, merita attenzione. Cosa dovrebbe permettere agli Usa di uscire tanto velocemente dall’ipotizzata recessione? Il mercato ha già scontato molto, come apparso dai dati mostrati dallo strategist europeo Peter Oppenheimer, con i finanziari che hanno lasciato sul terreno il 18% in maniera coerente con una caduta degli utili nell’autunno 2008, e un mercato che al netto dei finanziari giù sconta una modesta caduta della crescita. Poi ci sono i fattori esterni. Patel ha parlato di prossimi interventi della banca centrale (con la previsione di una Federal Reserve che ridurrà il livello dei tassi d’interesse nel corso dell’anno fino ad arrivare al 2,5%), possibili manovre fiscali espansive da parte del governo Bush e di debolezza del dollaro che spingerà le esportazioni Usa. Le prospettive delineate dalla casa d’affari sono sì per un rallentamento globale che colpirà anche i Paesi emergenti, ma per questi, in particolare per la Cina, resterà pienamente effettiva la storia di crescita strutturale.
Insomma, gli Stati Uniti andranno con buona probabilità in recessione, per il resto del mondo sarà difficile evitare un rallentamento, i problemi sul mercato del credito non sono finiti così come quelli del mercato immobiliare, ma i correttivi, secondo Goldman, non mancano.