Notizie Notizie Italia GO internet: gli asset sottovalutati fanno gola a molti del settore

GO internet: gli asset sottovalutati fanno gola a molti del settore

27 Febbraio 2019 15:00

Una società che capitalizza 23 milioni ma con in pancia asset che valgono 51 milioni di euro. Sembra pura fantasia e invece no. È il caso di GO internet, società attiva nel settore dell’Internet Mobile e del Fiber To The Home, quotata dal 2014 al segmento AIM di Borsa Italiana.

 

La società con sede a Gubbio è titolare dei diritti d’uso per Emilia-Romagna e Marche delle frequenze per i sistemi Broadband Wireless Access nella banda 3.4-3.6 Gigahertz, ovvero lo spettro di banda su cui viaggerà la nuova tecnologia 5G. La società ha inoltre ottenuto dal Mise la proroga dei diritti di suddette frequenze fino al 2029, per la quale ha già versato l’importo dovuto di 2,7 milioni.

 

Proprio queste frequenze sono diventate improvvisamente pregiate e hanno trasformato GO internet in una sorta di “oggetto del desiderio”, appetibile per molti attori del settore italiano delle telecomunicazioni. Acquistata anni fa, quella porzione dello spettro a 3.4-3.6 GHz snobbato da tutti i big, perché ritenuta di secondo rango, fu invece comprata da tutti i minori (GO internet, Linkem e Aria confluita poi in Tiscali) e ora è diventata improvvisamente importante perché decretata dalla Commissione europea come banda pioniera del 5G. La porzione gemella di spettro, quella a 3.6-3.8 GHz, è stata invece messa all’asta dal Mise attraverso una gara che si è chiusa lo scorso 2 ottobre con un introito di 6,55 miliardi, superando del 130,5% la base d’asta di 4 miliardi fissata nella Legge di Bilancio.

 

Nei 14 giorni di gara, che è partita il 13 settembre, le big del comparto (Vodafone, Telecom Italia e Wind Tre) si sono date battaglia a colpi di rilanci arrivando a delle offerte finali che hanno superato del 164% le proposte iniziali. Solo Vodafone e Telecom Italia sono riuscite a spuntarla, accaparrandosi le frequenze più appetibili (quelle a 3.6-3.8 GHz) con un esborso di circa 1,7 miliardi di euro ciascuno, una cifra esorbitante se confrontata alla media degli altri Paesi europei.

 

Gli operatori minori si sono di colpo ritrovati in mano una fortuna a discapito delle big telco (soprattutto Tim e Vodafone) che si sono svenate per avere le frequenze analoghe. Secondo gli analisti di Edison Investment Research, in rapporto alle offerte presentate dagli altri operatori per l’acquisizione delle licenze in banda 3.6-3.8 GHz fino al 2037, il valore corrispettivo per la banda 3.4-3.6 GHz detenuta da GO internet è pari a circa 51 milioni di euro (3,45 euro per azione rispetto al prezzo attuale di circa 1,2 euro). I 42 megahertz della società umbra, iscritti a bilancio con un valore di carico di 5,2 milioni, rappresentano da soli più della metà del valore di mercato corrente (23 milioni) senza considerare l’infrastruttura e i clienti. Il titolo, dunque, per Edison presenta un upside notevole.

Il ribaltone di Linkem apre a nuovi possibili scenari entro l’anno

Oltre a essere sottovalutata rispetto agli asset che possiede, GO internet ad oggi ha un flottante pari al 54,21%, il che rende l’azienda altamente scalabile e contendibile in questo scenario di 5G e frequenze. L’aumento del flottante è avvenuto a seguito dell’aumento di capitale che si è concluso con successo lo scorso 29 gennaio (la copertura è stata al 100% per un controvalore totale di 5 milioni). Linkem ha esercitato totalmente i diritti di opzione (circa 1 milione) ed è risultata il primo azionista con una quota del 21,22%, scavalcando l’ex socio di riferimento Franco Colaiacovo Gold che ora è sceso al 16,19% (dal precedente 23,66%).

 

Il ribaltone sembra destinato a scatenare un effetto domino: la stessa Linkem, che opera nello stesso segmento di GO internet ma su scala nazionale, ha messo tra gli obiettivi del 2019 lo sbarco a Piazza Affari. Alcuni hanno già ipotizzato una possibile fusione inversa (reverse merger) con GO internet (decisamente più piccola con un fatturato di 6 milioni) che incorpora Linkem (molto più grande con ricavi per 122 milioni nel 2018), una strada alternativa per quotarsi.

 

È anche vero che la società romana, date le dimensioni, potrebbe andare in Borsa in autonomia e poi salire in GO internet attraverso un’offerta pubblica di acquisto. Opa o non Opa resta il fatto che l’80% di Linkem è in mano a importanti fondi di investimento e soggetti finanziari come Jefferies, Blackrock e Cowen, in alleanza con Armavir. Solitamente, player di questo tipo non restano in minoranza ma cercano il controllo delle aziende in cui investono.

 

 

Per ora le due società hanno stretto nel 2018 un accordo di condivisione dello spettro per rafforzare l’infrastruttura di rete 5G ready attraverso l’installazione di nuovi apparati nelle regioni Marche ed Emilia-Romagna. In questo modo la parte residua del vecchio network Wimax di GO internet, che opera nelle stesse frequenze del 5G, viene man mano sostituito da strutture nuove e adatte alla trasmissione dati veloce di ultima generazione.

Una società scalabile in un mercato pronto al consolidamento

Resta il fatto che Linkem potrebbe essere il primo indiziato a un affondo in GO internet. Una telco regionale concentrata nel Centro Italia (soprattutto Emilia-Romagna e Marche), a pieno regime 5G e scalabile sul capitale potrebbe far gola sul mercato a chi avrà bisogno in futuro di più banda.

 

Un’eventuale Linkem-GO internet quotata potrebbe finire, in un secondo momento, nel radar di qualche big come Wind Tre, che ha evitato di svenarsi alla gara per il 5G. Il ceo americano, Jeffrey Hedberg, sbarcato un anno e mezzo fa sul ponte di comando della compagnia (diventata ormai tutta di proprietà del magnate cinese Li Ka Shing) ha già annunciato il lancio del 5G quest’anno, ma la banda attualmente in dotazione potrebbe non bastare. La telco dovrà quindi cercare disperatamente un accordo commerciale oppure mettere le mani su un altro operatore che possiede già le frequenze. La stessa cosa vale per Iliad che dal suo ingresso ha scompaginato non poco un’industria in forte tensione, togliendo abbonati e ricavi agli altri big.

 

Si può quindi dire che la corsa per il 5G ha innescato una sorta di scenario competitivo ed effervescente che potrebbe portare a un nuovo consolidamento nelle tlc italiane. Non solo, tra Tim e Open Fiber, ma anche Vodafone che, per avere un asset fisso di rilievo potrebbe puntare sia a Fastweb che a Tiscali. Da capire anche il ruolo di Sky, sempre più vicina a convertirsi in una telco, e di Mediaset, che potrebbe avere un ruolo determinante nel nuovo scenario “telcomedia”.

5G elemento catalizzatore e indispensabile per essere competitivi

Ma perché tutta questa fretta per il 5G? Non ci sono dubbi che le reti di quinta generazione caratterizzeranno il prossimo decennio e avranno una forte influenza in numerosi settori con la potenziale creazione di nuovi servizi e nuove aziende e un conseguente aumento della clientela sia consumer che business. Rappresenta quindi un investimento fondamentale per tutte le telco per poter crescere e restare competitivi.

 

GO internet prevede l’avvio della rete 5G ready a partire dalla seconda metà del 2019. Con la migrazione dei clienti Wimax alla nuova tecnologia 5G, si raddoppia il numero di clienti che possono essere acquisiti per stazione radio. Ciò potrà consentire di contenere la spesa per apparati di rete e, con elevata probabilità, di migliorare il ritorno sugli investimenti realizzati. GO internet investe mediamente 4 milioni all’anno, ma pensa di aumentare le capex per i prossimi due anni al fine di potenziare l’infrastruttura attuale.

 

 

Secondo i dati del 2018 di ResearchandMarkets.com, il 5G sarà un mercato da 251 miliardi di dollari entro il 2025, con una crescita annuale del 97%. Ecco perché i tre più grandi vendor al mondo in questo campo, quali Huawei, ZTE ed Ericsson, si stanno già attrezzando per prepararsi al lancio dei primi servizi verticali 5G. Proprio in questi giorni si sta svolgendo il MWC Barcelona (fino a poco tempo fa conosciuto con il nome di Mobile World Congress), l’occasione giusta per i big del settore di tracciare la roadmap verso la prossima dimensione della connettività.

 

Ericsson ha affermato che sta facendo la propria parte in Italia, ma la filiera che dovrà portare alle offerte di mercato per il 5G comprende anche altri attori. La deadline è però in qualche modo tracciabile: entro la seconda metà del 2019 arriveranno le prime offerte consumer dei maggiori operatori, con la fase di massive rollout (a pieno regime) che posiziona il proprio baricentro tra il 2020 ed il 2021. Anche Go internet, come le big telco italiane, sta già negoziando con i grandi vendor, in particolare Huawei, per cercare la migliore offerta da inserire come nuovo fornitore.