Notizie ETF Gli ETF per affrontare i mercati ribassisti e ovviare al peso monstre delle Big Tech su Nasdaq, S&P 500 e Msci World

Gli ETF per affrontare i mercati ribassisti e ovviare al peso monstre delle Big Tech su Nasdaq, S&P 500 e Msci World

Pubblicato 28 Gennaio 2022 Aggiornato 19 Luglio 2022 19:11

Il ritorno prepotente della volatilità sui mercati pone gli investitori davanti a molti interrogativi. Restare posizionati nell’azionario? E se sì, come rimodellare il proprio portafoglio? Le turbolenze dei mercati, con Nasdaq e S&P 500 che nel breve volgere di poche settimane sono entrati in fase di correzione (ossia oltre -10% dai massimi), fanno emergere insidie che molti investitori non considerano. Insidie dovute anche a distorsioni presenti in indici dove i colossi Tech hanno raggiunto un peso mai visto prima.

Le Big Tech dettano legge sui principali indici

Basta guardare la fotografia del Nasdaq Composite Index, composto da oltre 3.000 titoli e che vede un gruppo ristretto di sole 10 azioni costituire oltre il 50% dell’intera ponderazione dell’indice (52,5% per l’esattezza). I primi due – Apple e Microsoft – da soli contano quasi il 21%. Discorso analogo per il Nasdaq 100, mentre nell’S&P 500 a ben vedere i primi sette titoli per peso sono tutti del settore tecnologico e contano per quasi un quarto (23,6%). Allargando il discorso all’MSCI World la dominanza delle Big Tech è sicuramente più diluita, ma innegabile anche lì in quanto l’azionario USA pesava a fine 2021 per il 69% dell’MSCI World e le sette sorelle Tech (Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet, Tesla, Meta e Nvidia) contano per il 17,6% circa.

Questo significa che quando giganti quali Apple e Microsoft hanno un piccolo raffreddore in Borsa a risentirne è tutto il mercato. Quando le Big Tech salivano a suon di record gli indici se ne giovavano tutti, adesso che il sell-off ha coinvolto in prima battuta proprio loro, la sensibilità degli indici all’umore di questi titoli diventa un’arma pericolosa.

Possibili contromisure ‘smart’

Le fasi di incertezza come quella attuale devono quindi indurre gli investitori a concentrarsi ancora di più su ciò che possono controllare. E tra gli elementi principali da monitorare al meglio c’è la diversificazione del proprio portafoglio, insieme ai rischi legati alla volatilità.

Come devono comportarsi gli investitori davanti a impennate del rischio? Quando la volatilità torna a mordere all’improvviso, un antidoto efficace è quello di bilanciare la ricerca di rendimenti a una buona strategia difensiva. Un portafoglio dinamico che permetta di restare sull’azionario ma con le opportune contromisure. In questi frangenti vengono in aiuto alcune tipologie di ETF smart beta, idonee a una rimodulazione parziale delle allocazioni di portafoglio in modo rapido ed economico, oltre a garantire una diversificazione immediata data dall’insieme elevato di titoli presenti nei sottostanti.

In particolare, negli ultimi anni nei momenti di turbolenza dei mercati sono puntualmente scattagli corposi afflussi sulle strategie low volatility. Gli ETF low volatility, chiamati anche ‘minimum volatility’, che rientrano nella categoria degli smart beta, non fanno altro che replicare indici in cui la ponderazione dei singoli titoli non segue la capitalizzazione di mercato ma la volatilità dei titoli permettendo quindi una maggiore esposizione su settori più difensivi e di conseguenza un contenimento del drawdown nelle fasi di correzione. Sono presenti anche ETF che abbinano il fattore low volatility a quello high dividend, permettendo una esposizione concentrata anche sui titoli ad alto dividendo, un elemento importante in contesti di tassi bassi.

Guardando alle performance, da inizio anno l’indice S&P 500 Low Volatility segna -5,2%, rispetto al -7,27% del tradizionale S&P 500 (dati alla chiusura del 24/01/2022). Maggiore resilienza nel breve li rende idonei a un utilizzo tattico in determinate fasi di mercato, anche se nel medio periodo le loro performance sono comunque interessanti (+14,4% a 12 mesi, in linea con quanto fatto dall’S&P 500).

C’è poi l’opzione di un’altra tipologia di ETF fattoriali, gli equal weight, che prevedono una ponderazione uguale per tutti i titoli presenti nell’indice. Ad esempio, nel NASDAQ 100 Equal Weighted Index, se ti chiami Apple (2.640 mld di dollari di market cap) o Seagen (2,2 mld), il peso nell’indice è per entrambi i titoli pari all’1%.   Nel caso dell’S&P 500 Equal Weighted Index le performance sono -5,3% YTD, +17% a 12 mesi e +73% a 5 anni.

Difesa e attacco

Quando il nervosismo fa capolino sui mercati, l’arrocco in difesa può anche essere messo in atto con strumenti ad hoc legati alla volatilità espressa dall’indice VIX. Il VelocityShares Daily 2x VIX Short Term ETN, che offre un’esposizione a leva due sul mercato dei futures VIX, è schizzato in avanti del 45% da inizio anno. Riservare una piccola percentuale del portafoglio a replicanti sul VIX può quindi fungere da copertura efficace, una sorta di assicurazione del portafoglio contro gli imprevisti dei mercati. Un prodotto che con mercati ben direzionati tende a perdere valore nel tempo (-88% la performance annualizzata del VelocityShares Daily 2x VIX Short Term ETN), ma in grado di agire da cuscinetto quando ci sono flessioni delle altre esposizioni.

Funzione diversa, invece, è quella assolta dagli ETF che vanno short, anche a leva, sugli indici azionari permettendo quindi di speculare sulla discesa dei mercati. Si tratta di strumenti adatti a investitori qualificati e abituati a monitorare costantemente l’andamento dei sottostanti al fine di cogliere opportunità di brevissimo periodo.

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