Giorgetti: ‘attacco contro Italia io me l’aspetto, già visto con Berlusconi’. Di Maio: ‘non siamo ricattabili’
Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, è forse uno dei pochi esponenti del governo M5S-Lega ad ammettere che il rischio che l’Italia finisca sotto l’attacco dei mercati esiste eccome. Il braccio destro del vicepremier Matteo Salvini rilascia un’intervista a Libero, avvisando praticamente l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte del pericolo di un attacco speculativo, tra l’altro imminente. Qualche ora dopo arrivano le rassicurazioni del vicepremier Luigi Di Maio: rassicurazioni tuttavia tardive, che vengono tacciate di troppo ottimismo, evidentemente, non solo da diversi esperti, ma anche dai mercati stessi. E così ci risiamo: lo spread torna a salire.
Non incide solo il rischio Italia ma anche la grave crisi in Turchia, che sta azzoppando tutti i mercati, portando gli investitori a puntare sugli asset rifugio, Bund in primis. Proprio gli acquisti scatenati sui Bund contribuiscono a far salire la febbre dello spread, che supera anche la soglia di 275 punti base.
Tornando all’effetto Giorgetti, il sottosegretario è stato indubbiamente trasparente nell’esprimere tutte le sue paure: a suo avviso, è possibile che che l’attacco dei mercati arrivi a “fine agosto”.
“In estate ci sono pochi movimenti nelle Borse, è un periodo propedeutico a iniziative aggressive nei confronti degli Stati, guardi la Turchia – dice, aggiungendo – Sono preoccupato il giusto, ma l’attacco io me lo aspetto: i mercati sono popolati da affamati fondi speculativi che scelgono le loro prede e agiscono. Abbiamo visto cos’è accaduto a fine agosto nel ’92 e sette anni fa con Berlusconi. Il governo populista non è tollerato. La Ue teme che, se funziona in Italia, altri Paesi possano imitarci”. La verità, insomma, è che “l’Europa e le elite temono questo Governo”.
Detto questo, Giorgetti non è certo pronto a issare la bandiera bianca. Tutt’altro: “Se arriva il temporale, apriremo l’ombrello”, dice l’esponente della Lega, aggiungendo che l’ “Italia è un grande Paese e ha le risorse per reggere, anche grazie al suo grande risparmio privato. Quello che mi preoccupa è che, nel silenzio generale, gran parte del risparmio italiano è stato portato all’estero e quindi la gestione dei nostri titoli non è domestica”.
Dopo un po’, a conferma delle contraddizioni che non sono certo nuove in questo governo M5S-Lega, arrivano le parole di Di Maio che, in un’intervista a Il Corriere della Sera, prende praticamente le distanze da Giorgetti:
“Io non vedo il rischio concreto che questo governo sia attaccato, è più una speranza delle opposizioni. E se qualcuno vuole usare i mercati contro il governo, sappia che non siamo ricattabili. Non è l’estate del 2011 e a Palazzo Chigi non c’è Berlusconi, che rinunciò per le sue aziende»”.
Alla domanda se il ministro degli Affari esteri Paolo Savona sia andato da “Draghi per tranquillizzare la Ue sulle politiche sovraniste”, il vicepremier M5S risponde:
“No, è andato perchè è giusto che il ministro degli Affari europei interloquisca con la Bce. Le nostre idee mirano a stabilizzare la situazione economica italiana. I provvedimenti fondamentali del contratto li faremo col massimo rispetto degli equilibri di bilancio, ma anche chiedendo all’Europa di farci fare le riforme che ci permetteranno di abbattere il debito pubblico”.
Eppure non era questo che Giorgetti aveva detto a Libero, quando aveva ammesso che le richieste della Bce all’Italia, ci sono. Il riferimento è alla frase che gli ha detto il numero uno dell’istituto, Mario Draghi:
“Mi dice che l’Italia deve fare i compiti. Ma non è detto che debbano essere quelli stabiliti da altri. Quel che conta, sostiene anche Draghi, è aumentare produttività e ricchezza. Le idee dei professori e dei progressisti hanno fallito, magari le nostre funzionano”.
A dispetto dell’ottimismo di Di Maio oggi c’è anche un articolo del quotidiano la Stampa, che riprende l’attenti che è stato lanciato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e che conferma, riportando alcuni rumor, che “Palazzo Chigi teme l’attacco dei mercati“, in attesa del verdetto sull’Italia che le agenzie di rating emetteranno tra la fine di agosto e il 10 settembre. Proprio per questi timori, ci sarebbe già in “filo diretto con la Bce per evitare l’assalto”. Scrive La Stampa:
“In queste settimane – a dispetto di una certa retorica anti-finanza, ma come si conviene al governo di un Paese del G7 – un utile canale di comunicazione è stato aperto con Mario Draghi, presidente della Bce e dunque tra i più influenti personaggi dell’economia mondiale. Draghi ha intrecciato proficui colloqui con Paolo Savona, l’economista più solido della squadra di governo e con Giancarlo Giorgetti, il leghista ‘bocconiano’ che si cimenta con il governo ‘reale” dell’economia domestica”.