Il gioco si fa duro per l’italianità di Parmalat. Lactalis consegna in anticipo prospetto Opa
E’ pax armata tra Italia e Parigi. La posta in gioco è alta: Parmalat. Mentre Giulio Tremonti con quel certe operazioni le faceva Gordon Gekko, lascia poco spazio alla fantasia e richiama le banche a fare una contromossa adeguata, Monsieur Emmanuel Bernier alla guida della Lactalis si sia già attrezzato. Ha lanciato l’Opa sul gruppo di Collecchio a 2,60 euro per azione, ossia 3,375 miliardi di euro per quel 71% di Parmalat che ha ancora non si è messo in tasta. Un valore che non è da knockout, sentenzia il Financial Times, che però riconosce che la tempistica dell’azienda d’Oltralpe nel presentare l’operazione in contemporanea con il vertice italo-francese sia stata impeccabile. Una guerra di rilanci ora sarebbe una riparazione per gli azionisti di Parmalat poco ricompensati, prosegue il quotidiano britannico in un commento nella sua lex column.
Come osserva il Financial Times il prezzo di Lactalis rappresenta un premio del 12,5% a fronte dei corsi azionari, ma è pur sempre sotto di 0,2 euro rispetto a quanto pagato dalla stessa azienda francese il mese scorso per la quota del 15% detenuta dai tre fondi di investimento. Il quotidiano ricorda come “le azioni quotino ora sotto i 2,57 euro, segno che gli investitori non fiutino una contro offerta”. In parole povere, l’offerta di Lactalis così strutturata sembra fatta per “svuotare preventivamente qualsiasi azione italiana di blocco e lancia il guanto di sfida ai rivali locali e al governo italiano. Quanto basta per litigare”, aggiunge, rilevando inoltre come “Parmalat sembra il classico candidato a subire lo spezzatino delle sue attività”. E gli analisti si sono messi al lavoro. Gli esperti di Chevreux valutano le controllate di Parmalat in Canada, Australia e Sud Africa 2,6 miliardi di euro.
“Noi abbiamo un progetto di crescita ambizioso per Parmalat: farne il gruppo italiano di riferimento nel latte confezionato a livello mondiale, con sede, organizzazione e testa in Italia”, ha assicurato Besnier, sottolineando la propria volontà di sviluppare il piano “nel rispetto dell’italianità” del colosso del latte di Collecchio, mantenendo la sede in Italia, salvaguardando gli asset produttivi, i dipendenti e la filiera italiana del latte, nell’interesse dell’economia del territorio. Ma è difficile credere alle sue parole. Il piglio del ministro dell’Economia suggerisce che i giochi a Collecchio siano tutt’altro che chiusi. Secondo le ultime indiscrezioni Lactalis avrebbe intenzione di creare una società italiana, di riempirla di debiti e subito dopo di incorporare la Parmalat. Se questa ipotesi di scuola si trasformasse in realtà, i francesi avrebbero l’intenzione di scaricare sul gruppo di Collecchio il costo del debito sostenuto per acquistarla. Un savoir faire che fa storcere il naso al Tesoro italiano. Tanto più che il prezzo da pagare sarebbe alto perché finirebbe per pesare sulle tasche di tutti i contribuenti italiani.
Se l’operazione di leverage fatta sull’indebitamento dai francesi non è tollerata, quali sono le strade percorribili resta da chiedersi visto che il mercato non crede tanto a una contro Opa. E che i francesi facciano sul serio lo prova anche la tabella di marcia. Questione di giorni e Lactalis consegnerà a giorni alla Consob il prospetto per l’opa su Parmalat. Il tutto avviene con largo anticipo rispetto ai tempi, 20 giorni, concessi per il deposito del documento. Il prospetto farà un po’ di chiarezza: conterrà anche alcune informazioni sollecitate dalla Commissione, tra cui i risultati del gruppo transalpino, che non pubblica i bilanci, le caratteristiche del finanziamento bancario da 3,4 miliardi, i criteri usati per determinare il prezzo offerto di 2,6 euro e l’intenzione o meno di procedere in futuro a una fusione. Una volta consegnato il prospetto, tra venerdì o al più tardi lunedì prossimo, l’azienda della famiglia Besnier ha in programma incontri one to one con gli analisti finanziari per illustrare l’operazione.
L’avanzata di Lactalis su Parmalat, con il lancio dell’Opa totalitaria sull’azienda di Collecchio, non modifica il progetto di Cassa depositi e prestiti per un fondo strategico alla francese. “Altri grandi stati europei, come la Francia e la Germania”, ha segnalato il presidente di Cdp, Franco Bassanini, in una conversazione con il Foglio, “già dispongono di strumenti simili: capaci di raccogliere con la garanzia dello Stato risparmio privato e di metterlo al servizio del rafforzamento del sistema produttivo e della competitività del Paese”. Bassanini – riferisce ancora il quotidiano – giudica positivamente gli impegni dei francesi sul mantenimento dell’azienda a Piazza Affari e della sede in Italia. E, rispetto al paventato rischio di trasformazione della Cassa in una nuova Iri o Gepi (la vecchia società per le gestioni e partecipazioni industriali), il presidente ha assicurato che non risorgeranno.
L’affondo di Lactalis ha spiazzato alcuni componenti della cordata italiana, di cui però non si vede ancora con chiarezza il contorno. Negli ultimi giorni è emerso il problema Granarolo, società che vuole essere coinvolta subito, pur non avendo la liquidità necessaria, nell’operazione di salvataggio di Parmalat dalle mani straniere, pena l’abbandono del progetto: una mossa che potrebbe creare qualche imbarazzo alle banche (Unicredit, Mediobanca e Bnl, oltre a Intesa) e alla Cdp, che si troverebbero a imbastire un’operazione esclusivamente finanziaria e priva, almeno per il momento, di un perno industriale. I contatti continueranno oggi nell’incontro banche-Cdp ma il tempo stringe ed è tiranno. Se verranno trovate le munizioni, ai primi di maggio dovrà essere lanciata l’eventuale opa anti-Lactalis.