Giappone, effetto energia sull’inflazione
Ad un primo sguardo sembrerebbe trattarsi di un ritorno in grande stile dell’inflazione in Giappone. I prezzi al consumo “core”, ossia l’aggregato che esclude le componenti a maggiore volatilità e considerato quello maggiormente indicativo, è cresciuto nel mese di marzo dell’1,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un “balzo” che non si vedeva dal 1998, da prima dello scoppio della bolla della new economy.
La crescita dei prezzi al consumo, attesa dal consensus, riporta al centro dell’attenzione la Bank of Japan e i tassi di interesse nel Paese del Sol Levante. L’ultimo ritocco al rialzo risale infatti al febbraio dello scorso anno, quando il saggio a livello centrale fu portato dallo 0,25% allo 0,50%. Fu quasi un gesto simbolico della BoJ per attestare la sua esistenza e la sua indipendenza dal potere politico che avrebbe preferito, come chiaramente fatto intendere dal governo dell’allora primo ministro, Shinzo Abe, una maggiore attenzione alla crescita piuttosto che a un’inflazione che al tempo balbettava attorno allo 0,1% m/m.
Qualcuno interpretò il rialzo anche come inizio di un cambiamento di indirizzo della politica monetaria, ma i mesi successivi, con l’arrivo del ciclone subprime e con lo scivolamento nella recessione degi Stati Uniti, mercato fondamentale per l’economia giapponese, congelarono “sine die” qualsiasi possibilità di rialzare ulteriormente i tassi.
Ora che l’inflazione è tornata a battere un colpo, la discussione può riaccendersi e i timori di inflazione potrebbero spingere la BoJ ad assumere toni maggiormente aggressivi, sempre in stile nipponico si intende. Appare tuttavia ancora lungo il percorso per arrivare a un rialzo dei tassi di interesse. In primo luogo perché, sebbene ci sia già chi pensa che il peggio della crisi sia dietro le spalle, lo scenario macroeconomico del Giappone non tranquillizza quanto a forza. Anzi, nella prossima riunione della Bank of Japan di mercoledì prossimo che, manco a dirlo, dovrebbe mantenere i tassi di interesse allo 0,5%, l’outlook per la crescita del Sol Levante verrà rivisto verso il basso.
Certo, verrà ritoccato verso l’alto anche lo scenario di inflazione e tuttavia, tornando a parlare di inflazione “core”, come non notare che l’aggregato giapponese esclude gli alimentari freschi ma non i prodotti energetici. Il che significa, in secondo luogo, che buona parte del picco di inflazione registrato a marzo potrebbe essere spiegato dallo spunto rialzista dei prezzi del petrolio e dell’energia nei primi mesi dell’anno. Il tutto a fronte di una domanda interna che non brilla per forza, tanto che i più arditi si spingono a prevedere un rialzo dei tassi in Giappone solo a fine anno.