G20 Buenos Aires, focus su guerra commerciale Usa-Cina. Stephen Roach: è già Guerra Fredda
Inizia oggi, venerdì 30 novembre, l’attesissimo vertice del G20 a Buenos Aires, Argentina: attesissimo soprattutto in vista dell’incontro tra il presidente americano Donald Trump e l’omologo cinese Xi Jinping, che i mercati sperano riuscirà a smorzare le paure sul rischio di una escalation di una guerra commerciale che già spaventa il mondo intero.
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Le dichiarazioni rilasciate da Trump prima della sua partenza verso Buenos Aires hanno seminato più di una perplessità.
“Credo che siamo molto vicini a fare qualcosa con la Cina, ma non so se voglio farlo – ha detto – E questo perchè proprio in questo momento ci sono miliardi e miliardi di dollari che stanno arrivando in America sotto forma di tariffe o tasse (sui beni cinesi importati), e dunque, proprio non so”.
Trump sarebbe insomma contento di tutti quei miliardi di dollari che, a suo avviso, grazie alla sua politica commerciale basata sul protezionismo, starebbero riempiendo le casse degli Stati Uniti.
Tuttavia, un articolo della Cnbc mette in evidenza che i dazi che l’America ha raccolto nell’ultimo anno fiscale terminato lo scorso 30 settembre, dichiarando praticamente una guerra commercialea tutto il mondo, sono saliti di meno di $7 miliardi rispetto all’anno fiscale 2017. In crescita, dunque, di appena lo 0,2%.
Così come previsto da diversi analisti e strategist, la guerra commerciale di Trump non sta insomma pagando.
Trump e Xi Jinping dovrebbero incontrarsi nella giornata di domani: l’incontro sarà cruciale per capire se le due potenze economiche mondiali riusciranno a trovare un compromesso per calmare le acque, smettendo magari di annunciare con quella che è diventata una certa regolarità l’imposizione di nuovi dazi sui prodotti importati.
Guerra commerciale ormai Guerra Fredda
Non sono certo confortanti però le previsioni dell’economista Stephen Roach che, intervistato dalla Cnbc, ha detto di ritenere che la guerra commerciale globale andrà avanti per “molto, molto tempo”, e che le tensioni sono tali che la Cina e gli Stati Uniti potrebbero trovarsi già nella fase iniziale di una Guerra Fredda.
Roach – ex presidente di Morgan Stanley in Asia e al momento docente senior presso la Yale University, parla di “uno scontro tra due sistemi”, che vede gli Usa obiettare contro un sistema socialista, quello cinese, basato sul mercato e sponsorizzato dallo Stato, che eroga una grande quantità di sussidi a favore della politica industriale“.
“Anche l’America – ha continuato Roach- ha una politica industriale da decenni, ma questa viene resa effettiva attraverso la macchina militare gestita dal Pentagono. Il Giappone fa la stessa cosa, la Germania uguale, a volte da come parliamo sembra che la Cina sia l’unica ad agire in questo modo”.
Nelle ultime ore il Wall Street Journal ha riportato intanto indiscrezioni, secondo cui le controparti americana e cinese starebbero “esplorando l’opzione di un accordo commerciale, attraverso cui Washington sospenderebbe i dazi fino alla prossima primavera, in cambio di nuove trattative volte a introdurre cambiamenti significativi nella politica economica della Cina”.
“Le trattative sono andate avanti, telefonicamente, per diverse settimane – si legge nell’articolo del Wall Street Journal – e si stanno concludendo, in vista dell’incontro tra il presidente Trump e il presidente cinese Xi Jinping in occasione della cena che si svolgerà sabato, alla fine del summit dei leader del G20, a Buenos Aires”.
Lo stesso WSJ ha tuttavia invitato alla cautela, affermando che “è molto poco chiaro se i negoziati si tradurranno in una qualsiasi forma di accordo”.
In questo contesto, alcuni funzionari hanno segnalato che, tra le varie opzioni, in cambio della sospensione dei dazi americani, Pechino potrebbe decidere di abrogare le restrizioni imposte agli acquisti di prodotti energetici e agricoli Usa da parte delle aziende cinesi”.
“Un accordo del genere – continua il quotidiano economico-finanziario – seguirebbe il modello degli accordi parziali che sono stati raggiunti negli ultimi mesi tra gli Stati Uniti da un lato e l’Unione europea e il Giappone dall’altro. In quegli accordi, gli Usa si sono detti d’accordo a non imporre nuovi dazi – in quei casi, dazi sulle auto – continuando a trattare su settori specifici. Il Giappone, per esempio, ha accettato che qualsiasi accordo fosse stato raggiunto avrebbe aumentato la produzione di automobili e dunque rafforzato la crescita dei posti di lavoro negli Usa, mentre Washington si è impegnata a non pretendere da Tokyo ulteriori concessioni sul fronte dell’agricoltura, oltre a quelle che erano state già concesse ad altri partner commerciali”.
La comunità degli analisti rimane tuttavia piuttosto scettica sull’efficacia di qualsiasi accordo possa essere siglato in occasione del G20 di Buenos Aires.
Così Kirk Harman, responsabile investimenti globali presso Wells Fargo Asset Management:
“Sono ottimista sul fatto che un accordo (Usa-Cina) verrà raggiunto. Ma credo che si tratterà di un accordo che nessuna delle controparti desidererà, anche se penso che ci saranno alcune concessioni. Credo che qui l’obiettivo sia il cercare di proteggere la tecnologia americana così come il suo commercio, quindi ci saranno commenti da questo fronte”.
Hartman è fiducioso inoltre nella possibilità che Trump accetti alla fine di posticipare quei dazi doganali sulle importazioni cinesi, che dovrebbero diventare operativi a partire dal 1° gennaio.
Un ostacolo alle trattative, secondo i mercati, potrebbe essere rappresentato però dalla presenza, alla cena tra Trump e Xi Jinping, del consigliere alla Casa Bianca Peter Navarro, che è sempre stato molto severo riguardo alle relazioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina.
In ogni caso, ha fatto notare l’esperto di Wells Fargo, “per entrambe le controparti c’è così tanto in gioco che l’impegno a raggiungere un qualche accordo ci sarà”. E il raggiungimento di una intesa volta a disinnescare, se non la guerra commerciale, ma almeno il rischio di una sua escalation, è un fattore che sarà “estremamente positivo per il mercato”.
Diverse, scrive intanto Reuters, sono le nubi che offuscano questa riunione del G20: sotto i riflettori anche la decisione di Donald Trump di cancellare l’incontro atteso con il presidente russo Vladimir Putin, dopo l’attacco sferrato dalla guardia costiera russa a tre navi ucraine nello stretto di Kerch e, in sostanza, le tensioni rinfocolate tra la Russia e l’Ucraina.
C’è anche un evidente disagio tra i leader mondiali nei confronti del principe saudita Mohammed bin Salaman, dopo l’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul, a ottobre. Uccisione che, secondo la Cia, sarebbe stata ordinata proprio dal principe.