Futuro incerto? Uscire dai mercati azionari è la mossa sbagliata. Credit Suisse spiega le virtù di diversificare e investire in modo sistematico
Le banche centrali, in primis la Federal Reserve statunitense, hanno confermato la loro determinazione a mantenere una politica restrittiva fino a quando l’inflazione non tornerà al target e vi rimarrà per qualche tempo. Un messaggio chiaro che ha tarpato le ali al tentativo di risalita estiva dei mercati azionari e obbligazionari.
“Poiché la determinazione delle banche centrali a combattere un’inflazione persistentemente elevata e il rallentamento della crescita portano a una maggiore volatilità dei mercati, riteniamo che le prospettive di rendimento assoluto per le azioni siano diventate decisamente poco attraenti”, si legge nell’Investment Monthly di Credit Suisse. La banca d’affari elvetica ha portato le azioni a una posizione sottopesata nei portafogli ritenendo che le azioni debbano affrontare una serie di difficoltà in futuro, in quanto l’aumento dei tassi delle banche centrali accresce i costi di finanziamento per le imprese, mentre il rallentamento della crescita pesa sui ricavi. Credit Suisse mantiene invece l’allocazione neutrale al reddito fisso complessivo, ma continua a individuare opportunità nelle obbligazioni in valuta forte dei mercati emergenti, sia corporate che sovrane, in quanto offrono un interessante differenziale di rendimento.
“Sebbene il contesto sia indubbiamente difficile, riteniamo che gli investitori non dovrebbero gettare la spugna e uscire completamente dai mercati. Piuttosto, dovrebbero concentrarsi sulla diversificazione più ampia possibile dei loro portafogli, considerando gli investimenti alternativi, compresi i mercati privati, come un’area interessante da prendere in considerazione”, asseriscono asseriscono Michael Strobaek, Global Chief Investment Officer di Credit Suisse e Burkhard Varnholt, Burkhard Varnholt, Chief Investment Officer at the Swiss Universal Bank and Deputy Global Chief Investment Officer a Credid Suisse.
Nel dettaglio Credit Suisse vede l’inflazione alta costringere le banche centrali alzare i tassi d’interesse fino al 1° trimestre 2023, ritenendo improbabile che la Federal Reserve statunitense tagli i tassi nella seconda metà del 2023. La crescita globale dovrebbe rimanere molto debole, e l’Europa entrerà in recessione nel quarto trimestre di quest’anno. La crescita USA a detta di Credit Suisse probabilmente rallenterà nel 2023, a un tasso inferiore all’1%, che la renderà molto vulnerabile a shock inattesi.
L’economia globale è entrata in un periodo che Credit Suisse chiama «Grande Transizione», che potrebbe portare in futuro a una maggiore volatilità e inflazione. “Riteniamo che, in futuro, assisteremo a una crescita economica più irregolare e volatile, col ritorno dei cicli di boom-bust. Per contestualizzare questo fenomeno, possiamo esaminare i dati del National Bureau of Economic Research (NBER) sulle espansioni e contrazioni dei cicli economici statunitensi. Nei quattro decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, si sono registrate otto contrazioni. Secondo il NBER, invece, dal 1985 (l’epoca della Grande Moderazione) ci sono state solo quattro contrazioni. Riteniamo che l’attuale rallentamento economico rientri in questo quadro di maggiore volatilità. L’aumento della volatilità contribuirà probabilmente anche ai cambiamenti sul fronte dell’inflazione. Gli investitori dovrebbero aspettarsi un’inflazione più elevata rispetto agli ultimi 20 anni, anche se è improbabile un’iperinflazione. Possiamo considerare gli attuali alti livelli d’inflazione un’anomalia, in quanto legati alla pandemia e alla guerra in Ucraina”.
“Il futuro è sempre incerto. Ma possiamo gestire le transizioni attraverso un processo d’investimento sistematico, che garantisce che le decisioni d’investimento siano guidate dalla logica e non dalle emozioni“, asserisce Daniel Imhof, Head of Global Investment Management di Credit Suisse.