Ftse Mib, DAX, S&P 500, azionario globale: gestori fondi e strategist presentano i target di fine anno
Il rally dell’azionario globale è vicino allo stop, ma il Ftse Mib continuerà a salire, confermandosi borsa migliore tra quelle principali in Europa. E’ quanto emerge da un sondaggio di Reuters a cui hanno partecipato gestori di fondi, strategist e broker.
Insieme alla borsa di Madrid, la borsa di Milano sarà quella che riporterà il rialzo più forte da qui a fine anno. Per la precisione, per la fine dell’anno, le stime sono di un rialzo del Ftse Mib del 2,9% a 26.810 punti e dell’Ibex del 2,1% a 9.160 punti.
Non molto, ma meglio delle altre principali borse europee.
In generale, l’indice di riferimento Stoxx 600 è atteso a fine anno a 470 punti, in calo dello 0,4% rispetto alla chiusura della sessione di lunedì. Il listino, va detto, ha sovraperformato l’azionario globale, incassando dall’inizio dell’anno il 18%, rispetto al +13% dell’indice MSCI relativo all’azionario globale.
Sondaggio: target fine anno per Francoforte, Parigi, Londra
Per l’indice DAX della borsa di Francoforte, l’outlook è di un rialzo dell’1,2% circa a
16.050 punti alla fine dell’anno, rispetto al valore di chiusura di 15,852.8 punti della sessione di lunedì.
Le previsioni di fine anno per la borsa di Londra sono di un guadagno dell’1,3% a 7.200 punti, mentre per il CAC 40 della borsa di Parigi sono di un progresso dell’1,7% a quota 6.800 punti.
Si nota da queste previsioni come il Ftse Mib sia destinato a fare decisamente meglio rispetto agli altri indici.
Ma torniamo alla view sull’azionario globale nel suo complesso: l’outlook, va detto, non è dei migliori: in media gli esperti ritengono che eventuali futuri rialzi saranno limitati e che entro la fine del 2021 sia probabile anche una correzione.
Azionario globale: fiammata di oltre +90% da minimi Covid-19
Il trend dell’indice MSCI World Equity Index, indice di riferimento dell’azionario globale che include azioni di ben 50 paesi, conferma il rally eccezionale delle borse di tutto il mondo. Il listino è volato di oltre +90% dai minimi testati lo scorso anno, nel corso della prima ondata della pandemia del Covid-19.
L’outlook sarà più chiaro dopo che gli investitori di tutto il mondo avranno ascoltato il discorso del numero uno della Fed Jerome Powell al simposio di Jackson Hole, che si aprirà virtualmente oggi ma che entrerà nel vivo soltanto domani, con Powell per l’appunto protagonista.
Ma Jackson Hole a parte, il momento appare poco propizio per i mercati azionari, visto che la stagione degli utili trimestrali è ormai alle spalle e un fattore che sta condizionando sempre di più il sentiment degli investitori è la variante Delta.
“Il fatto che la stagione positiva degli utili sia passata significa che sarà la negatività di alcuni dati macro a influenzare l’azionario – ha commentato Emmanuel Cau, responsabile della divisione di strategia sull’azionario europeo presso Barclays, a Londra.
Cau non si distingue certo per essere tra gli analisti più pessimisti. “A nostro avviso, nel medio termine la crescita resiliente degli utili e dei fondamentali economici e l’eccesso di liquidità rimarranno probabilmente i principali driver di mercati, fattore che dovrebbe continuare a sostenere la mentalità del ‘Buy The Dip”.
Crescita Pil giustificherà quotazioni azionario?
Il problema, piuttosto, è cosa accadrà invece ora: “gli investitori dovrebbero optare per un atteggiamento wait and see, vista l’assenza, negli ultimi 12 mesi, di una correzione significativa”, ha sottolineato Cau.
In generale, da un altro sondaggio di Reuters emerge che quasi 2/3 degli analisti che hanno risposto a una domanda aggiuntiva – 66 su 107 – considerano probabile che una correzione dell’azionario globale si manifesti entro la fine di quest’anno. I 41 rimanenti ritengono invece l’evento improbabile.
“Dal punto di vista dei fondamentali, la situazione è ancora favorevole ai mercati, e di molto, anche se i mercati sono saliti in modo sostenuto. Tuttavia, il momentum più forte per l’economia sta per toccare il picco, e questo rende il quadro in qualche modo più incerto”, ha sottolineato Tomas Hildebrandt, senior portfolio manager presso Evli Bank, a Helsinki. Ponendo una domanda: “La stabilizzazione della crescita sarà sufficiente ai mercati?”.
Altro fattore: gli stimoli, sia monetari che fiscali, non saranno qui per sempre, come ha ricordato Dan Morgan, senior portfolio manager di Synovus Trust, di Atlanta, e qualche banca centrale si è già messa in moto, nonostante la paura per la diffusione della variante Delta.
E’ il caso, proprio della giornata di oggi, della Bank of Korea, banca centrale della Corea del Sud, che è diventata ufficialmente la prima banca centrale, tra le principali in Asia, a ritirare gli stimoli monetari straordinari lanciati per far fronte alle conseguenze economiche del Covid-19.
La preoccupazione per il boom dei debiti dei consumatori ha prevalso sulla paura della variante Delta. I tassi sono stati alzati dello 0,25% allo 0,75% e il governatore Lee Ju-yeol ha confermato anche la svolta hawkish, temendo il surriscaldamento dell’economia.
La prima banca centrale in assoluto a ricorrere alle strette monetarie per la prima volta dall’esplosione della pandemia è stata però quella dello Sri Lanka che, alla metà di agosto, ha alzato di 50 punti base sia i tassi sui depositi che sui prestiti, portandoli rispettivamente al 5% e al 6%.
Diverso – e indicativo allo stesso tempo dell’incertezza presente sui mercati – è stato invece il caso della banca centrale della Nuova Zelanda, la cui stretta monetaria è stata rimandata dopo che, proprio alla vigilia del suo meeting, la premier Jacinda Ardern ha imposto un lockdown nazionale, a causa del Covid.
Occhio allo S&P 500 e soprattutto alla borsa di Tokyo
Riguardo a cosa faranno i mercati nei prossimi mesi, le previsioni degli analisti intervistati ritengono che l’indice S&P 500, che ha testato nelle ultime ore un nuovo record, il suo 50esimo dall’inizio dell’anno, terminerà il 2021 attorno ai livelli attuali, per poi incassare un rialzo del 5% entro la fine del 2022.
L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo è considerato l’unico che, l’anno prossimo, farà meglio dell’outlook previsto per quest’anno.
A tal proposito, c’è da dire che, proprio qualche giorno fa, l’indice azionario giapponese è precipitato al minimo degli ultimi otto mesi, zavorrato dall’annuncio di Toyota Motor, che ha reso noto che taglierà la propria produzione globale di auto del 40% nel mese di settembre. Proprio il sell off lo ha reso però più appetibile. Il listino, nella giornata di ieri, era scambiato infatti a un valore pari a 14,39 volte gli utili attesi, rispetto alle quasi 28 volte di inizio febbraio, quando oscillava attorno al record degli ultimi 30 anni.
Gli analisti intervistati da Reuters stimano di conseguenza un incremento del 6,2% rispetto alla chiusura dell’indice nella seduta di martedì (27.732,1 punti), fino a 29.450 entro la fine di dicembre. Certo, l’outlook è stato peggiorato rispetto alla soglia dei 31.000 punti stimata a maggio dallo stesso consensus.
Ma nel complesso, nel 2022, il Nikkei farà meglio di questo 2021.
Previsioni poco felici, invece, per i mercati azionari emergenti, che vedranno sgonfiare il loro rally entro l’inizio dell’anno prossimo. Thomas Mathews, economista dei mercati presso Capital Economics a Londra, spiega che a suo avviso “il basso livello dei tassi” sia stato “il fattore chiave che ha supportato le valutazioni dell’azionario l’anno scorso, facendo salire i prezzi delle azioni”. Ma, guardando in avanti, “per i prossimi anni, non stimiamo particolari forti rialzi per l’azionario EM, anche se le economie emergenti dovessero riprendersi dopo aver sofferto gli effetti della pandemia”.