Fiat scala marcia: la Cina toglie dal tavolo la carta degli incentivi e il gioco si fa duro
Fiat cambia direzione in Piazza Affari insieme al comparto auto europeo. Il titolo del Lingotto, dopo una partenza all’insegna del denaro, accusa una battuta d’arresto: adesso cede lo 0,89% scivolando a 14,50 euro dopo aver toccato un massimo a 15,02 euro. In Borsa è rimbalzata la notizia dello stop degli incentivi auto in Cina e la festa per il comparto automotive è finita. Il motivo è semplice: se la domanda di auto in Europa non si è mai messa in moto quest’anno, lo stesso non si può dire per la Cina.
I dati diffusi dalla Caam, l’associazione cinese dei costruttori di auto, non lasciano spazio alla fantasia. Solo nel mese di novembre le vendite di auto nel Paese asiatico hanno registrato un balzo del 29,3% rispetto ad ottobre e del 27,1% rispetto allo stesso mese del 2009. E’ solo l’ultimo rialzo di una lunga serie, anche se il salto di novembre è quello più consistente dallo scorso aprile. “Sono numeri che la dicono lunga sulla corsa dei costruttori di auto europei ed americani a ritagliarsi un sito produttivo nel paese asiatico”, segnalano nelle sale operative.
“Lo stop degli incentivi cinesi era cosa nota e pertanto i consumatori hanno per tempo effettuato i loro acquisiti prima del termine, come già successo altrove in altri Paesi. Questo ha spinto a una forte vendita di autovetture nel mese di novembre”, commentano gli analisti di Goldman Sachs in un abstract raccolto da Finanza.com. “Gli incentivi sono stati sfruttati dai consumatori cinesi per acquisire le auto di cilindrata più piccola. Sotto questo punto di vista, qualsiasi impatto potrebbe quindi non essere davvero così indicativo per il settore automotive”.
“Abbiamo parlato con Volkswagen questa mattina durante una nostra conferenza. La cronaca in diretta è stata incentrata sugli impianti produttivi che, nonostante siano stati interessati da un incremento della produzione, non sembra essere abbastanza in quanto alla VW prevedono che la domanda supererà ancora l’offerta per i prossimi tre anni. Attualmente i magazzini in Cina di Volkswagen sono vuoti e nel miglior dei casi per alcuni modelli del gruppo tedesco c’è una lista d’attesa di oltre sei mesi”, aggiungono gli esperti. E dal punto di vista operativo come comportarsi? “Abbiamo assistito a prese di profitto nell’ultima settimana e il venire meno degli incentivi potrebbe far pensare a un picco nel breve termine. Giudicando però il tono della conferenza di questa mattina, questo scenario potrebbe non avverarsi dal momento che la domanda sembra resterà molto forte”.
Non è un certamente un caso se General Motors, Volkswagen, Audi sono solo alcune delle società automobilistiche che hanno aperto impianti in Cina. E la lista potrebbe allungarsi. Da qualche tempo in Borsa si vocifera che potrebbe farsi largo addirittura un futuro cinese persino per lo stabilimento Fiat di Termini Imerese in Sicilia, nonostante le proteste degli operai e le dichiarazioni di nessun interesse da parte di alcuno della dirigenza Fiat.
Dall’altra parte che Fiat stia stringendo i tempi sui progetti cinesi è evidente. Lorenzo Stintino è ormai in missione quasi permanente nel paese asiatico. Il responsabile delle attività internazionali del gruppo di Torino sempre più spesso è in Asia. Il motivo? Accelerare i tempi dei nuovi piani di lavoro. E in attesa delle novità sul fronte asiatico, l’Ad di Fiat Sergio Marchionne fa chiarezza su un altro punto: il dossier Cnh. “Non abbiamo intenzione di vendere Cnh Global”, ha detto a chiare lettere il top manager italo canadese. “Cnh per noi -ha continuato Marchionne- rappresenta un grande business”. Le dichiarazioni fanno riferimento alle parole di Martin Richenhagen, Ceo di Agco, che nel corso di un’intervista aveva detto di avere allo studio il dossier Cnh.