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La Federal Reserve supporterà i mercati azionari?

11 Aprile 2007 12:36

Sembra che i listini azionari siano convinti che la Federal Reserve verrà in loro soccorso in caso di ulteriore rallentamento del ciclo economico o di recessione. Le Borse potrebbero avere ragione solo se l’andamento dell’inflazione continuerà ad essere favorevole.

 

I mercati azionari si aspettano un taglio del costo del denaro negli Usa. Sembra che le Borse siano riuscite a riportarsi sui livelli abbandonati in seguito alla caduta di fine febbraio- inizi marzo, riavvicinandosi ai massimi del 2007. Ma non mancano i potenziali pericoli, in particolare la probabilità di una contrazione dei consumi delle famiglie statunitensi. La presunzione generale tra gli investitori è che la Federal Reserve correrà in soccorso dei mercati azionari nell’ipotesi in cui si materializzi tale scenario. In verità, i mercati stanno scontando due o tre tagli dei tassi di interesse entro la fine dell’anno. Hanno ragione ad essere così aggressivi?

 

L’evidenza sta dimostrando che l’evoluzione dell’economia Usa ha un minor peso sull’andamento dell’economia globale rispetto a quanto ne avesse pochi anni addietro. La domanda domestica in Europa ed Asia sembra sufficientemente forte da supportare la crescita globale, anche nell’ipotesi in cui quella Usa segua un sentiero in discesa. Ma il quadro potrebbe essere molto differente se l’economia Usa entrerà in recessione. Quest’ultima ipotesi comporterebbe un sensibile rallentamento per l’economia globale.

 

Rischi per l’economia Usa

 

L’economia Usa sta attraversando ancora oggi una fase espansiva, registrando una crescita annua più vicina al 2% che non al suo trend storico del 3%; le principali aree di debolezza sono gli investimenti immobiliari e quelli delle aziende in macchinari ed equipaggiamenti. Un ruolo decisivo è stato svolto dalla buona tenuta dei consumi privati che hanno chiuso l’ultimo trimestre del 2006 in crescita del 3,5%. Questo significa che le previsioni sull’andamento dei consumi delle famiglie Usa si sono rilevate più volte errate negli ultimi anni, ma l’outlook attuale presenta, probabilmente, un livello di incertezza mai sperimentato nel recente passato.

In verità, i redditi stanno crescendo ad un ritmo moderato e- ipotizzando che le quotazioni del petrolio non si spingano oltre il livello attuale- l’impatto sul potere d’acquisto ascrivibile all’incremento dell’inflazione potrebbe attenuarsi. Negli ultimi anni i consumatori sono stati in grado di mantenere la crescita dei consumi attingendo dalla propria ricchezza personale -i tassi di risparmio sono sprofondati in territorio negativo verso la metà del 2005 e sono ancorati a valori negativi fin da allora (alla fine del 2006 il tasso di risparmio è stato fissato a -1,2%). In effetti, sulla scia del continuo incremento di valore degli assets, i consumatori Usa hanno chiesto finanziamenti a tassi record.

Il rischio è che dinanzi alla caduta delle quotazioni degli immobili (la casa è l’asset più consistente per i nuclei familiari statunitensi), le famiglie non siano più propense (o non siano più in grado) ad attingere alle proprie ricchezze. Le richieste di finanziamento potrebbero crollare e i tassi di risparmio tornare a crescere, anche nell’ipotesi di crescita sostenuta dei redditi. Questo quadro potrebbe essere sufficiente a pilotare la crescita Usa su livelli inferiori a quelli attuali. Il pericolo è che le aziende reagiscano al nuovo environment con taglio dei posti di lavoro che provocherebbe un impennata del panico tra i nuclei familiari, con conseguenza ancor più gravi per i consumi. A quel punto l’economia Usa entrerebbe in una spirale di recessione.

 

La probabile reazione della Federal Reserve

 

Se l’economia Usa entrerà in recessione, non c’è dubbio che la Federal Reserve reagirà con un taglio aggressivo del costo del denaro. La Fed ha un duplice mandato: assicurarsi che l’inflazione Usa resti bassa; puntare ad una crescita economica sostenibile. Ma nelle fasi prossime alla recessione è il tema della crescita a dominare il pensiero dei vertici della Banca Centrale.

Appare invece meno chiara la reazione di breve termine dinanzi ad un eventuale ulteriore rallentamento dei consumi delle famiglie, capace di portare la crescita Usa sotto il 2%. La Fed potrebbe tagliare i tassi di interesse, ma potrebbe essere costretta a farlo in modo graduale se l’inflazione inizierà a rialzare la testa.

 

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