Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Fed conferma tassi anti-inflazione. Ma Powell: attenti al rischio più grande

Fed conferma tassi anti-inflazione. Ma Powell: attenti al rischio più grande

21 Settembre 2023 09:53

La Fed di Jerome Powell ha confermato, come da attese, i tassi sui fed funds, non esimendosi tuttavia dal lanciare nuovi avvertimenti sul trend dell’inflazione degli Stati Uniti e, di conseguenza, non escludendo un nuovo rialzo prima della fine del 2023.

I tassi sui fed funds Usa sono stati lasciati invariati al range compreso tra il 5,25% e il 5,5%, record degli ultimi 22 anni, a cui erano stati portati alla fine di luglio, con una stretta di 25 punti base.

Nella conferenza stampa successiva al grande annuncio sui tassi, il presidente Powell ha ‘presentato’ anche lo scenario peggiore che potrebbe concretizzarsi, sia per l’economia Usa, che per la stessa Fed:

“La cosa peggiore che potremmo fare sarebbe fallire nel ripristinare la stabilità dei prezzi, in quanto la storia è chiara su ciò che accadrebbe. Se non si ripristina la stabilità dei prezzi, l’inflazione ritorna e..l’effetto è quello di assistere a un lungo periodo di forte incertezza per l’economia, che colpisce la crescita. Potrebbe essere miserabile ritrovarsi in un contesto in cui l’inflazione tornasse a crescere costantemente e la Fed fosse costretta a intervenire di nuovo per alzare i tassi, ancora e ancora”.

Fed e il tarlo dell’inflazione: ancora molta strada per tornare al target del 2%

“L’inflazione ha moderato in qualche modo il passo dalla metà dello scorso anno, e le aspettative sull’inflazione di più lungo termine sembrano essere rimaste ben ancorate, così come dimostrato da diversi sondaggi che hanno preso in esame famiglie, aziende e economisti, e così come emerso dai dati provenienti dai mercati finanziari”, ha spiegato Jerome Powell.

“Tuttavia – ha aggiunto Powell – c’è ancora molta strada per far tornare l’inflazione al ritmo di crescita del 2% in modo sostenibile”.

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Oltre a fare il grande annuncio sui tassi, il Fomc ha annunciato nella giornata di ieri le nuove proiezioni economiche relative al Pil e all’inflazione degli Stati Uniti.

L’outlook sulla crescita del Pil Usa nel 2023 è stato rivisto al rialzo a +2,1%, più del doppio rispetto alla attese annunciate nel mese di giugno, a conferma di come gli esponenti della banca centrale non anticipino l’arrivo di una recessione.

Per il 2024, l’outlook sul Pil è stato alzato dal +1,1% atteso in precedenza, a una crescita pari a +1,5%.

Il tasso di disoccupazione è atteso per il 2024 non più alto del 4,1%, dal 3,8% attuale e rispetto all’outlook pari al 4% previsto nel lungo termine.

Soltanto tre mesi fa, le previsioni sul Pil erano di una crescita pari ad appena +1,1% nel 2024, dopo una espansione pari a +1% di quest’anno, e di un tasso di disoccupazione che avrebbe toccato il picco del 4,5% l’anno prossimo, per poi confermarsi a quel livello fino alla fine del 2025.

Per quanto riguarda le nuove stime sul trend dell’inflazione, le attese sono di un calo al 3,3% entro la fine di quest’anno, al 2,5% nel 2024 e al 2,2% entro la fine del 2025 (al di sopra del target del 2% della Fed, dunque, per i prossimi anni, fino al 2025″.

La Fed stima un ritorno dell’inflazione al target del 2% soltanto nel 2026.

Soft landing per il Pil Usa? Jerome Powell risponde

Alla domanda in conferenza stampa se un soft landing dell’economia degli Stati Uniti sia “lo scenario di base” per la Fed, Powell ha risposto subito no, per poi spiegare che un outlook del genere è possibile.

No, no, non direi “,  ha detto inizialmente Powell, puntualizzando poi di aver “pensato (in precedenza) che il soft landing fosse un esito plausibile”.

E’ vero, tuttavia, che “alla fine (questo scenario) potrebbe essere deciso da fattori che esulano dal nostro controllo, anche se penso che sia possibile”, ha precisato ancora, per poi sottolineare di credere che questo sia un altro motivo “per cui ci troviamo in una posizione tale da muoverci di nuovo in modo cauto”.

In ogni caso, “ripristineremo la stabilità dei prezzi, e sappiamo che dobbiamo farlo, così come sappiamo che i cittadini fanno affidamento sulla nostra capacità di farlo”.

Focus sul dot-plot, il documento da cui emergono le proiezioni sui tassi sui fed funds Usa elaborate dai singoli esponenti del Fomc: il risultato mediano indica una nuova stretta monetaria da parte della Federal Reserve fino al 5,6% entro la fine del 2023, in rialzo rispetto al range attuale compreso tra il 5,25% e il 5,5%.

Per la precisione, dodici banchieri centrali stimano un altro rialzo, mentre sette prevedono un nulla di fatto.

Mancano due riunioni del Fomc prima della fine dell’anno.

Dal dot plot emerge anche l’outlook di due tagli dei tassi nel 2024, dunque due in meno rispetto al dot plot pubblicato a giugno, che farebbero scendere i tassi al 5,1%.

Il commento di Global X e eToro. Occhio al dot plot

Jon Maier, CIO di Global X, fa notare che sono state le sfumature della guidance della Fed, “in particolare il dot plot della sintesi delle proiezioni economiche (“Summary of Economic Projections”) ad attirare “molta attenzione”.

L’orientamento da falco, evidenziato dal punto 2024 che indica una riduzione dei tassi di soli 50 punti base, suggerisce un’economia più robusta di quella che alcuni osservatori hanno previsto”, ha spiegato Maier, ricordando che una “modifica dei tassi non era sul tavolo in questo meeting”, ma sottolineando anche che “il miglioramento della descrizione della crescita economica da ‘moderata’ a ‘solida’ mette in evidenza l’eccezionalità degli Stati Uniti in questo momento”, anche se “non bisogna perdere di vista il rallentamento dell’occupazione”.

Le proiezioni del dot plot offrono spunti contrastanti – Mentre è probabile che il range raggiunga il 5,50-5,75%, il 2024 ha visto un aumento al rialzo dal 4,625% al 5,125%. Per quanto riguarda il 2025, la revisione si allinea perfettamente alle previsioni del mercato, attestandosi al 3,875%.

“Nel Summary of Economic Projections non è mancato l’ottimismo – conclude il CIO di Global X nella nota con cui ha commentato l’esito della riunione del Fomc – Con previsioni di crescita economica elevate per il presente e il prossimo futuro e un interessante balletto di numeri sull’inflazione – sia headline che core – è chiaro che la Federal Reserve vede un orizzonte economico solido, anche se con davanti una serie di sfide non da poco”.

Gabriel Debach, market analyst di eToro sottolinea come, “durante la conferenza stampa, Jerome Powell abbia menzionato la parola ‘inflazione’ ben 36 volte, rendendola il termine più utilizzato”.

In questa situazione che rimane di massima allerta nei confronti dell’inflazione, “non ha certamente aiutato il sentimento quando (Powell) ha sostenuto che un ‘soft landing’ non è la sua aspettativa di base, sebbene resti l’obiettivo primario”.

Powell ha chiarito che le prospettive più ottimistiche giustificano il mantenimento dei tassi più alti per un periodo più lungo, il che è visibile anche nelle proiezioni dei tassi aggiornate. 12 partecipanti su 19 hanno chiesto un ulteriore aumento nel 2023, mentre i ‘dots’ mediani del 2024 e del 2025 sono stati rivisti al rialzo di 50 punti base, rispettivamente al 5,1% e al 3,9%.

In generale, “i mercati stanno gradualmente aumentando le probabilità di un imminente aumento dei tassi di 25 punti base nell’anno, sebbene questa prospettiva non sia ancora la maggioritaria. Anche se alcuni investitori potrebbero non essere completamente convinti di un prossimo rialzo, vedendo nelle azioni della Federal Reserve un segnale dell’impegno della banca centrale nel contrastare le pressioni inflazionistiche e nell’evitare tagli ai tassi di interessee”.

“Tuttavia – conclude Debach – è importante notare che le aspettative per il primo possibile taglio dei tassi sono state riviste al ribasso. Questo segue il fatto che la Fed ora prevede che il suo tasso di riferimento rimarrà più alto di quanto inizialmente previsto per il prossimo anno, rispetto alle proiezioni fatte nella riunione di giugno”.

Il quadro “non implica necessariamente un aumento immediato dei tassi, ma piuttosto suggerisce che la riduzione dei tassi potrebbe non avvenire così rapidamente come inizialmente previsto”.