Fed: ultimo atto tassi anti inflazione? Powell frena
Fed alza i tassi, ultimo atto contro l’inflazione? Powell frena le colombe
La Fed di Jerome Powell ha annunciato di aver alzato i tassi per la decima volta consecutiva in poco più di un anno.
I tassi sui fed funds sono stati alzati di 25 punti base al nuovo range compreso tra il 5% e il 5,25%, al record dal luglio del 2006, con la banca centrale americana che ha lasciato intendere che la politica monetaria restrittiva made in Usa potrebbe essere vicina alla fine.
La Fed, per bocca dello stesso presidente Powell, ha chiarito tuttavia anche che non sarebbe appropriato tagliare i tassi, visto che la crescita dell’inflazione continua a essere ben superiore al target del 2% da essa fissato.
I mercati non l’hanno presa bene, in un momento in cui a Wall Street è tornato il panico per il futuro di altre banche regionali Usa, dopo il crac di First Republic Bank.
Fed alza tassi di 25 pb al nuovo range 5-5,25%. Powell affossa speranze sui tagli
Speranze dovish: nel comunicato FOMC scompare una frase
La notizia positiva è che, nel comunicato con cui il FOMC, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, ha annunciato l’ennesima stretta monetaria, non compare più una frase:
quella, presente invece nel comunicato relativo alla riunione precedente del FOMC del 21-22 marzo, secondo cui “la Commissione anticipa che una ulteriore restrizione della politica monetaria potrebbe essere appropriata”.
Il fatto che la frase sia stata cancellata ha portato i trader a scommettere sulla possibilità che la Fed sia vicina alla fine del suo ciclo di rialzi dei tassi.
Il comunicato del Fomc diramato nella giornata di ieri sottolinea che, nel determinare “il livello in corrispondenza del quale una ulteriore restrizione della politica monetaria potrebbe essere appropriata al fine di riportare il tasso di inflazione al 2% nel corso del tempo, la Commissione (FOMC) prenderà in considerazione diversi fattori”.
I diversi fattori sono i seguenti:
“la natura restrittiva cumulativa della politica monetaria, il ritardo con cui la politica monetaria produce i suoi effetti sull’attività economica e sull’inflazione, e gli sviluppi economici e finanziari“.
Powell frena le colombe: ‘Niente taglio tassi”
Niente taglio dei tassi però, come ha confermato il presidente Jerome Powell in conferenza stampa:
“Noi, nella Commissione, riteniamo che l’inflazione non scenderà così velocemente – ha detto il numero uno della Fed – Ci vorrà del tempo e, se le stime si confermeranno esatte, non sarà appropriato tagliare i tassi”.
Dunque, “non li taglieremo”.
Nel comunicato si legge d’altronde che “la Commissione (di politica monetaria, ovvero il FOMC) rimane molto attenta ai rischi di inflazione“.
E Powell ha rimarcato che, nonostante “l’inflazione si sia in qualche modo indebolita dalla metà dello scorso anno, rimane comunque alta”.
Di conseguenza, “il sentiero per riportarla al 2% è ancora molto lungo”.
Nel comunicato della Fed, presente anche un commento sulle condizioni in cui versa il settore bancario Usa.
“Il sistema bancario Usa è solido e resiliente”, ha detto la Fed, avvertendo tuttavia che “le condizioni più rigide del credito per le famiglie e le imprese peseranno probabilmente sull’attività economica, sulle assunzioni e sull’inflazione”.
Fed e tassi: il commento di Janus Henderson
Nel commentare quanto emerso ieri con l’annuncio sui tassi da parte della Fed Greg Wilensky, responsabile US Fixed Income di Janus Henderson, ha sottolineato che il rialzo di 25 punti base deciso dal Federal Open Market Committee (FOMC) è stato “sostanzialmente in linea con le aspettative del mercato”.
“In particolare – ha fatto notare Wilensky – la Fed ha ammorbidito il suo linguaggio circa potenziali futuri rialzi dei tassi, omettendo una riga della dichiarazione precedente che affermava che il Comitato ‘prevede che potrebbe essere appropriato un ulteriore irrigidimento delle politiche'”.
Allo stesso tempo, ha sottolineato il responsabile della divisione di reddito fisso di Janus Henderson, “mentre alcuni osservatori hanno accolto questo linguaggio più morbido come un segnale che la Fed potrebbe fare una pausa, pensiamo che altri operatori di mercato si aspettassero una formulazione leggermente più dovish”.
E questo fattore segnala che “alcuni potrebbero essere rimasti delusi dal fatto che il presidente della Fed non abbia chiuso definitivamente la porta al potenziale di futuri rialzi”.
La posizione di Janus Henderson è in ogni caso che “l’esito più probabile di questa riunione sia una pausa della Fed”.
Da qui a parlare di svolta dovish di Powell & Co e di un dietrofront sui tassi, tuttavia, c’è un bel po’ di strada da fare.
Wilensky ha fatto riferimento al fatto che la banca centrale Usa abbia indicato che, “in base alla sua visione dell’inflazione e del mercato del lavoro, non sono previsti tagli dei tassi e che prevede di mantenere i tassi ai livelli attuali fino alla fine del 2023″.
Il mercato la vede evidentemente, però, in modo diverso, visto che “i futures sui Fed funds attualmente prevedono tagli di 70 punti base entro la fine dell’anno“.
Mossa tassi Usa. Implicazioni per investitori nel reddito fisso
Janus Henderson ha poi reso note quelle che, a suo avviso, saranno le implicazioni per gli investitori nel reddito fisso:
- Sebbene la fine del ciclo di rialzo dei tassi non sia stata dichiarata ufficialmente, sembra molto probabile che la Fed abbia concluso il suo lavoro su questo fronte, o sia molto vicina a farlo. Poiché la banca centrale si orienta verso una posizione di attesa, con potenziali tagli in futuro, riteniamo che ciò sia ampiamente positivo per i tassi.
- Con il tempo, ci aspettiamo che la curva dei rendimenti diventi più ripida rispetto ai livelli attuali. Detto questo, non pensiamo che sia ancora suonata la campana per essere oltremodo rialzisti sul rischio di tasso d’interesse – tendiamo a favorire una posizione di duration più neutrale. Ciò è dovuto, in parte, alla disparità tra le aspettative della Fed e quelle del mercato sui futuri tagli dei tassi.
- Riteniamo che siano necessari ulteriori progressi sul fronte dell’inflazione e del mercato del lavoro, unitamente a una riduzione delle aspettative della Fed e del mercato per i futuri rialzi, prima di essere più ottimisti sul rischio di duration.
- Per quanto riguarda gli spread creditizi, anche se non ci aspettiamo un risultato economico negativo, gli spread degli asset cartolarizzati, a nostro avviso, stanno lavorando meglio rispetto agli spread societari nel prezzare un contesto di crescita più difficile.