Fca, cala il sipario su caso emissioni diesel Usa: verso multa da 650 mln$, conto più leggero per Manley&Co
Già oggi potrebbe arrivare l’intesa ufficiale tra Fiat Chrysler Automobiles (Fca) e il Dipartimento di giustizia americano. Con il gruppo italo-americano che potrebbe pagare una multa di circa 650 milioni di dollari per mettere così la parola fine al caso sulle emissioni diesel negli Stati Uniti, scoppiato nel gennaio del 2017 . Nell’attesa dell’annuncio la stampa statunitense, in particolare dall’Associated Press, delinea l’entità della sanzione che il gruppo italo-americano guidato da Mike Manley sarà tenuto a pagare per archiviare le cause legali sull’utilizzo di software illegale per permettere ai propri veicoli di inquinare oltre i limiti legali. In base ai termini del deal, Fca pagherà 311 milioni di dollari al governo federale e alla California. Dovrà poi versare 280 milioni per risarcire i proprietari delle auto e altri 72 milioni serviranno per saldare le richieste da parte di altri Stati.
Per Bloomberg la multa potrebbe aggirarsi intorno ai 500 milioni di dollari, mentre Reuters indica una cifra di circa 700 milioni. In ogni caso se i rumors venissero confermati, il gruppo dell’auto sborserebbe una somma decisamente più contenuta rispetto alla potenziale somma di circa 4,6 miliardi di dollari circolata quando il caso era scoppiato. Nel mese di ottobre, presentando i risultati trimestrali, Fca aveva fatto sapere di avere accantonato circa 713 milioni di euro nel terzo trimestre “per costi stimati in relazione alle problematiche del diesel negli Stati Uniti”. Gli analisti di Fidentiis ribadiscono nella nota odierna che il possibile accordo negli Usa rappresenta “una notizia positiva che andrebbe a eliminare un elemento di incertezza che ha pesato sul titolo per quasi due anni”.
Nella giornata di ieri la stampa internazionale aveva anticipato l’approssimarsi di patteggiamento negli Usa per Fca, senza però fornire i dettagli sulla somma da versare. Il Dipartimento di giustizia statunitense era intervenuto dopo le accuse mosse dall’EPA (l’Environmental Protection Agency, ovvero l’agenzia americana per la protezione dell’ambiente) nei confronti di Fca per non aver comunicato l’esistenza di un software installato nei motori diesel di 104 mila veicoli venduti negli Stati Uniti (Jeep Grand Cherokee e Dodge Ram 1500 prodotti nel periodo 2014-16). Fca e in particolare l’amministratore delegato Sergio Marchionne, scomparso lo scorso luglio, aveva sempre e in più occasioni respinto le accuse. Le dichiarazioni di Marchionne rilasciate nel gennaio del 2017 sono eloquenti: “Non abbiamo commesso alcuna frode e il nostro caso non è in nulla assimilabile a quello di Volkswagen. Non permettermo a nessuno di discutere la moralità della nostra azienda”.
“Il Sole 24 Ore” ricorda che: “il patteggiamento extragiudiziale tra Fca e il Dipartimento della Giustizia include la non ammissione di colpevolezza per la casa automobilistica e la cancellazione di tutti gli addebiti dell’Epa”.
Reduce dai rialzi delle ultime sedute, oggi Fca si prende una pausa di riflessione a Piazza Affari: il titolo, che ieri ha chiuso in rialzo di quasi il 3%, cede in questo momento circa lo 0,9% a 13,634 euro. Ieri l’azione ha approfittato anche del positivo clima sui mercati, e in particolare nel comparto dell’auto, le trattative Usa-Cina dopo gli incontri tenutisi a Pechino nelle giornate del 7 e 8 gennaio. Ted McKinney, sottosegretario Usa per il commercio e gli Affari esteri dell’agricoltura, si è limitato a dire: “Credo che sia andata bene”. Spinta importante all’umore del mercato è arrivata anche dall’annuncio di Pechino dell’imminente arrivo di incentivi all’acquisto di auto ed elettrodomestici per sostenere i consumi.