Nazionalizzazione Carige? Di Maio ci crede sempre di più. Il caso ‘obbligazionisti salvi’. Certo: sul mercato non ci sono subordinati
Nazionalizzazione Carige: il vicepremier Luigi Di Maio la appoggia, il ministro Tria la vede come una possibile soluzione di breve termine, che non si può sostituire a quella preferibile di mercato. Il ministro frena insomma sull’opzione nazionalizzazione, che sembra invece farsi più strada nell’esecutivo giallo-verde, se si considera che anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, ha detto che l’ipotesi è concreta.
“La nazionalizzazione di Carige è un’eventualità prevista dal decreto se non si verificano alcune condizioni, quindi se nessun privato ci mette i soldi arriverà la nazionalizzazione”, ha detto Giorgetti.
Intanto un articolo del Sole 24 Ore affronta la questione dei bond subordinati. Esattamente quella che i sostenitori del governo M5S-Lega fanno presente a chi parla di un decreto, per Carige, praticamente fotocopia del decreto Gentiloni per Mps e le banche venete e a quei politici, come l’ex premier Matteo Renzi e l’ex ministro Maria Elena Boschi, che affermano che il governo attuale sta facendo come “abbiamo fatto noi”.
Per leghisti e pentastellati, l’intervento sarebbe invece diverso, per una serie di motivi tra cui quello riassunto nella frase di Di Maio:
Carige “non sarà come Etruria perchè salviamo tutti gli obbligazionisti“.
Così precisa Morya Longo nell’articolo pubblicato oggi sul Sole 24 Ore:
“Quando scrive queste parole, il Vice-premier Luigi Di Maio dice una cosa vera: anche nel caso estremo in cui lo Stato dovesse nazionalizzare Carige attraverso una ricapitalizzazione precauzionale, le famiglie che detengono le obbligazioni saranno risparmiate”.
Ma – ed è questa la cosa che deve essere chiarita – il merito non è del governo. Il motivo di tanta grazia è infatti un altro: Carige non ha obbligazioni subordinate sul mercato. Non ne ha da oltre un anno”.
Di conseguenza, “non si possono colpire gli obbligazionisti subordinati di Carige (come accaduto nei precedenti salvataggi bancari), semplicemente perchè non esistono. O meglio: un bond c’è ma è quello da 320 milioni sottoscritto dal sistema bancario di recente” (SVI, ovvero Schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi)”.
Una volta chiarito che i bond subordinati di Carige non ci sono più – e questo perchè la banca nel 2017 “convertì tutti i bond subordinati (con perdite tra il 30% e il 70%) in obbligazioni ‘senior’: quelle protette”, la domanda è: quanti bond Carige ci sono sul mercato e a carico di chi?
Il Sole 24 Ore risponde:
“Attualmente -secondo i calcoli di Consultique – Carige ha 42 bond in essere, per un valore nominale pari a circa 5,5 miliardi e un valore di mercato di 3,9 miliardi. Di questi, circa 27 hanno lotto minimo pari a 1000 euro e quindi si presume che siano in gran parte in mano ai piccoli risparmiatori. Ma nessuno è subordinato. Questo è il punto chiave: sono tutti ‘senior’. Per questo nessuno di questi titoli verrebbe toccato in caso di salvataggio pubblico della banca”.
Dunque, il copia e incolla del decreto Gentiloni c’è, semplicemente in un contesto diverso in cui gli obbligazionisti subordinati non accuseranno perdite. Ma non perchè il governo attuale li tutelerà, ma semplicemente perchè non esistono.
Tornando all’ipotesi nazionalizzazione, l’opzione sembra convincere sempre di più Di Maio. Così su Facebook:
“Se mai lo stato dovrà mettere soldi in Carige sarà per farla diventare una banca di Stato. Noi non abbiamo ancora messo un euro” ma “se ce li metteremo non sarà per darli al banchiere: per questo governo o si nazionalizza o non si mette un euro”.
Insomma: “i cittadini mettono i soldi e i cittadini si prendono la banca”. Il leader del M5S rincara poi la dose in un’intervista rilasciata ad AdnKronos: “Quel che posso dire è che ci crediamo, è l’unico vero intervento che si può fare, l’unica strada percorribile per il M5S. Il popolo sovrano si riappropria delle banche“.
Diverso l’approccio del ministro Tria, secondo cui “al momento non è possibile dire se si materializzerà l’esigenza di un intervento di ricapitalizzazione precauzionale, perchè una soluzione di mercato è preferibile. Un ricapitalizzazione precauzionale, la cosiddetta nazionalizzazione, sarebbe un’operazione temporanea”.
Tria poi fa notare che per Carige non c’è alcun salvataggio, come non c’è stato neanche per Mps:
“La qualificazione come salvataggio non è appropriata per Carige, così come non lo era per Mps, perchè ne possono beneficiare solo le banche solventi”.
Tutto questo mentre l’ex AD e ora commissario straordinario di Banca Carige a seguito del suo commissariamento da parte della Bce, incontrando i giornalisti a margine di una conferenza stampa indetta per la presentazione del rinnovo del servizio di tesoreria con la Regione Liguria, afferma:
“I risparmiatori sono rassicurati dal fatto che la banca c’è, è viva, lo dimostra oggi l’accordo fatto con la Regione Liguria ed il fatto che c’è un decreto del governo che ci dà perfino la garanzia sull’emissione delle obbligazioni e quindi è un elemento definitivo di rassicurazione per i nostri clienti”.
Ma la banca sarebbe viva proprio grazie all’intervento del governo, visto che tutto, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe nato da una telefonata che l’altro commissario straordinario di Carige, l’ex presidente Pietro Modiano, avrebbe fatto al ministro Tria, lanciando un alert sulla fuga dei depositi da parte di grandi clienti.
Da lì, sarebbe nato il decreto Carige.