Elezioni Usa fuori dal radar degli investitori, i motivi sono due. Le differenze tra Biden e Trump per i mercati
Le elezioni americane sono sempre più vicine e le probabilità che vinca il democratico Joe Biden continuano a crescere. La corsa alle presidenziali del prossimo 3 novembre americane non appaiono oggetto di attenzione da parte dei mercati, vuoi per la crisi Covid sempre in prima pagina vuoi per l’uscita di scena del candidato dem Bernie Sanders che era uno spauracchio maggiore per Wall Street alla luce delle sue posizioni più radicali.
Ma quali sono le differenze sul piano economico tra Biden e Trump? Le traccia Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos, secondo cui non cambierà l’approccio ultraespansivo, garantito sul lato monetario da una Fed che continuerà a procedere a testa bassa per garantire una ripresa, ma ci saranno importanti novità fiscali. “Biden è stato catalogato come una versione opaca e populista di Obama, un presidente con il quale i mercati hanno convissuto abbastanza male a livello micro ma molto bene a livello macro, e la questione è stata archiviata. Poi è arrivato Covid e tutto il resto è passato in secondo piano”, asserisce l’esperto di Kairos.
Trump vs Biden: le differenze sul piano economico
Il presidente Donald Trump ha abbassato le tasse (pur aumentando la spesa), ha fatto crescere il debito e ha premuto con successo sulla Fed perché creasse moneta. Biden continuerà a fare crescere debito e moneta ma alzerà le tasse, in certi casi in maniera rilevante. Le tasse, sottolinea Fugnoli, verranno usate non per contenere il disavanzo ma per fare altra spesa. Joe Biden propone di alzare l’aliquota dell’imposta sulle società al 28%. Ciò annullerebbe la metà del taglio dal 35% al 21% adottato dal presidente Donald Trump nel 2017 e che è stato uno dei maggiori traini al rally azionario nella prima parte della presidenza Trump. Il piano fiscale di Biden aumenterebbe le entrate necessarie per ripagare la enorme mole di debito sostenuta per combattere la recessione, ma si tradurrebbe anche in un freno per i profitti aziendali. E ciò sarebbe negativo per il mercato azionario che in questi mesi sta scommettendo sugli utili che rimbalzeranno con veemenza nel 2021.
“L’impulso fiscale netto rimarrà quindi fortissimo, ma sarà questa volta accompagnato da una pressione sui margini di profitto” afferma l’esperto. “Vista dall’alto l’economia apparirà dunque ben supportata da politiche della domanda aggressive. Vista dal basso – continua Fugnoli – apparirà appesantita da un aumento della pressione fiscale sulle imprese, da una legislazione che alzerà il costo e la rigidità del lavoro, da una massiccia reregulation e da iniziative specifiche su una lunga serie di settori (Silicon Valley, farmaceutico, finanza, difesa, petrolio e gas) che avranno in comune effetti negativi sugli utili”. Fugnoli sottolinea che ci saranno in compenso incentivi per le energie alternative, non tali da configurare un Green New Deal vero e proprio ma comunque consistenti.
Trump vs Biden: le differenze sul piano dei mercati
Per i mercati, con Biden saranno ipotizzabili un dollaro più debole e borse più opache ma non necessariamente deboli. Molta attenzione andrà prestata ai singoli titoli e settori che verranno penalizzati, ma se il livello complessivo del mercato terrà, come pensiamo, afferma Fugnoli, la loro debolezza dovrà essere compensata dalla forza anche ingiustificata degli altri.
Altro comparto che trarrà grande beneficio da un’amministrazione Biden sarà quello dei titoli obbligazionari degli stati e degli enti locali, perché anche i più indebitati e destinati all’insolvenza (generalmente amministrati da democratici) verranno salvati. I mercati pensano a Biden come a una continuazione di Obama. In realtà, lo stesso Obama cambiò da una legislatura all’altra, e Biden, che si troverà di fronte a un mondo diverso e a un’America radicalizzata, sarà a sua volta diverso e più radicale di come viene oggi percepito.
Un messaggio importante sarà la scelta del vicepresidente che, con il ritiro dell’ipotesi Klobuchar, sta virando verso scelte più radicali. Venendo al breve termine, continua l’esperto, si ribadisce l’idea che l’equilibrio dei mercati è poco sotto i livelli attuali e lì resterà finché non avremo segnali più decisi di ripresa dell’economia. Questi arriveranno sicuramente se la pandemia, che finora ha avuto ovunque un ciclo di tre-quattro mesi, inizierà a uscire di scena anche nelle aree in cui è ancora in fase ascendente. I timori sul venir meno, nei prossimi due mesi, degli stimoli fin qui varati per combattere gli effetti economici della pandemia, sono in larga misura infondati, perché gli stimoli verranno ritirati con molta gradualità.
“I mercati laterali nella seconda parte dell’anno saranno comunque da vedere positivamente come consolidamento e base da cui ripartire per il rialzo l’anno prossimo” conclude.