Notizie Notizie Italia Elezioni presidente Repubblica prossimo scoglio del governo Draghi. A rischio futuro dell’Italia con fondi NGEU

Elezioni presidente Repubblica prossimo scoglio del governo Draghi. A rischio futuro dell’Italia con fondi NGEU

20 Ottobre 2021 14:11

Conclusa la parentesi delle elezioni amministrative, il prossimo appuntamento cruciale per la politica italiana, e soprattutto per la stabilità del governo Draghi, è l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica all’inizio del 2022.

Prossimo test del governo Draghi è l'elezione del Presidente della Repubblica nel gennaio del 2022L’appuntamento metterà ulteriormente alla prova la solidità dell’attuale esecutivo, agitando  lo spettro delle elezioni anticipate.

Di questo e altro parla un rapporto di Barclays dedicato all’Italia, dal titolo:

“Road to the presidential election”, ovvero “La strada per le elezioni presidenziali”.

I rischi non sono assolutamente da sottovalutare: in gioco ci sono i finanziamenti che l’Italia riceverà da Bruxelles anche l’anno prossimo, nell’ambito del Recovery Fund-Next Generation EU: un’occasione unica che il paese non può permettersi di perdere.

Con la loro analisi, gli economisti di Barclays rispondono ad alcune domande arrivate dalla comunità degli investitori, relative alla possibilità che proprio le elezioni presidenziali riportino la politica italiana nel caos, facendo deragliare, e nel caso limite anche affossare, l’attuale governo di Mario Draghi.

Il dubbio è tanto più spinoso visto che negli ultimi mesi, e più volte, il nome di Mario Draghi è stato associato non solo alla carica attualmente ricoperta, quella di presidente del Consiglio, ma anche a quella del capo dello Stato, al posto del presidente uscente Sergio Mattarella.

“Il Parlamento – ricorda Barclays – potrebbe nominare il premier Draghi, visto l’ampio supporto di cui gode”.

Il punto è che in questa situazione sarebbe necessaria anche l’individuazione di un nuovo presidente del Consiglio, sia da parte dell’attuale maggioranza che da una differente”.

E, continuano gli analisti, “noi riteniamo che questo compito sia politicamente sfidante; di conseguenza, la probabilità di elezioni anticipate salirebbe in modo notevole se il premier Draghi venisse eletto presidente“.

Elezioni anticipate, rischio reale o remoto?

Il rischio insomma c’è, e bisogna prenderlo in considerazione. Detto questo, Barclays considera questa eventualità – quella di far ricadere la scelta proprio su Mario Draghi – piuttosto remota.

“A nostro avviso, nessun partito della coalizione attuale è disposto a rischiare un incidente elettorale in questo momento. Di conseguenza, il nostro scenario di base è lo stesso, ovvero quello che vede Draghi rimanere in carica fino alla fine della legislatura, ovvero fino al primo semestre del 2023, con il parlamento che eleggerà di conseguenza un candidato istituzionale per la carica di presidente della Repubblica” all’inizio dell’anno prossimo.

Proprio dalle elezioni amministrative sono emersi tra l’altro importanti dettagli:

Barclays sottolinea per esempio come i risultati del centro-destra abbiano pagato la “competizione interna tra il leader della Lega Matteo Salvini e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, in merito alla selezione dei candidati” e come i risultati deludenti stessi “rafforzino l’ala più moderata della coalizione di centro-destra, che sostiene l’attuale governo”. Probabilmente, la banca d’affari ritiene che il centro-destra debba e voglia ritrovare prima se stesso, prima di imbarcarsi in una sfida elettorale.

E non dovrebbe spingere per il ritorno anticipato alle urne neanche il M5S, che ha perso sia Roma che Torino, “a conferma della perdita significativa di popolarità rispetto alle elezioni politiche del 2018. Il movimento – si puntualizza – sembra aver scontato il prezzo di amministrazioni deboli in alcune città, ma anche il prezzo di forti divisioni interne, così come l’assenza di un’agenda politica chiara”.

In questo contesto, “i risultati positivi che sono stati conseguiti con le elezioni amministrative di Bologna e Napoli, dove il M5S ha corso inieme al PD, suggeriscono che la direzione più probabile per il movimento a livello nazionale sia quella di rafforzare ulteriormente l’alleanza con il PD”.

In sintesi, comunque, né il centro-destra né tanto meno il M5S – entrambi accomunati da una batosta elettorale, dovrebbero premere per il ritorno alle urne.

Questo non significa tuttavia che lo spettro delle elezioni anticipate non esista: la coalizione di maggioranza che sostiene Draghi è infatti molto frammentata. Di conseguenza, in vista dell’elezione del presidente della Repubblica in calendario nel gennaio del 2022, sarà sicuramente difficile per i partiti trovare un compromesso sul candidato da presentare per lo scranno più alto del Quirinale.

Per Barclays, il rischio più grande è che le elezioni anticipate vengano indette nel periodo compreso “tra l’aprile e il giugno (del 2022), nel caso in cui il Parlamento non dovesse riuscire a raggiungere un accordo sul candidato, decidendo alla fine di eleggere Draghi per la presidenza della Repubblica, visto l’ampio consenso di cui gode. In questo scenario, il governo attuale, costruito attorno alla figura di Draghi, verrebbe probabilmente smantellato, a meno che non si trovasse una maggioranza alternativa, impresa piuttosto ardua”.

Dal canto suo Draghi ha fatto chiaramente capire di non volere neanche che si parli di lui come di candidato alla carica di capo dello Stato. Così si è espresso, in particolare, nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi di fine settembre:

“Questa domanda mi viene fatta ogni ora e anche da voi sempre. Ormai mi fate sempre la stessa domanda. E’ offensivo parlare del Presidente della Repubblica e poi io non sono la persona giusta a cui fare questa domanda, è il Parlamento che decide dell’orizzonte del Governo “.

Elezioni presidente Repubblica: Italia si gioca fondi NGEU?

In realtà, per quanto il rischio che venga fatto il nome di Draghi anche per il Quirinale sussista, Barclays sottolinea che “i partiti politici sono ben consapevoli delle ramificazioni di uno scenario del genere e, di conseguenza, a suo avviso, “non ricorreranno alla decisione di nominare Draghi”.

Si spera dunque nel buon senso dei partiti che, se si concretizzasse, si tradurrebbe in un rafforzamento dell’attuale coalizione:

“Riteniamo che, nel caso in cui i partiti che sorreggono il governo individuassero un candidato alternativo. la coalizione potrebbe rafforzarsi in modo notevole, permettendo al governo Draghi di rimanere in carica fino al 2023. Tuttavia – avvertono gli analisti – esiste anche un rischio non trascurabile che la coesione del governo attuale venga messa alla prova, e che si manifesti una possibile erosione nel sostegno, nel caso in cui il prossimo presidente venisse eletto senza avere un pieno sostegno dell’attuale maggioranza”.

E, in questo caso, “riteniamo che l’indebolimento della maggioranza o le elezioni anticipate metterebbero a rischio il processo di riforma e il rispetto delle condizioni legate al NGEU (Next Generation EU)”.

Viene ricordato infatti che, “entro il secondo semestre del 2022, il governo dovrà centrare 45 obiettivi. al fine di sbloccare altri finanziamenti dell’Unione europea”. E questi obiettivi non potrebbero essere centrati “nel caso di un governo più debole o di uno a interim, che non avrebbe la forza politica di agire”.

Il rischio sarebbe decisamente alto, nel senso che, in questa situazione, l’Italia rischierebbe di veder slittare da Bruxelles l’erogazione di altri 24 miliardi di euro nel secondo semestre del 2022“.

Intanto Stefano Folli, editorialista di Repubblica, ha commentato così l’esito dei ballottaggi del 17-18 ottobre:

Una vittoria schiacciante quella ottenuta dal Pd ai ballottaggi, una pesantissima sconfitta per il centrodestra. Un risultato che dovrà essere analizzato e compreso in tempi brevi, perché la prossima partita vedrà la politica impegnata nell’elezione del Presidente della Repubblica”.