Notizie Europa Elezioni politiche: S&P e Fitch guardano al rischio Italia. Su Bce tapering con taglio tassi?

Elezioni politiche: S&P e Fitch guardano al rischio Italia. Su Bce tapering con taglio tassi?

Pubblicato 2 Ottobre 2017 Aggiornato 5 Luglio 2019 15:05

“This Time Is Different: The Eurozone Recovery Is Alive And Kicking”. E’ questo il titolo dell’analisi di S&P, che è stata stilata dal responsabile economista della divisione di Europa, Medio Oriente e Africa, Jean-Michel Six. Un’analisi sostanzialmente fiduciosa sul futuro dell’area euro, che si focalizza anche sulle singole economie, Italia compresa.

Anche qui vengono ravvisati segnali tangibili di ripresa: tuttavia, viene messa di nuovo in evidenza anche la vulnerabilità dell’Italia al rischio politico, in vista delle elezioni politiche, sempre più imminenti. Così come S&P, di Italia e in generale del fenomeno degli euro-scettici che si pensava – erroneamente – fosse stato arginato da Emmanuel Macron alle elezioni francesi, e che invece è vivo più che mai – come dimostra il successo dell’AfD nelle elezioni federali della Germania – parla anche Fitch che, in una nota, scrive:

“I rischi di frammentazione della zona euro si sono ridotti dall’inizio dell’anno ma le prossime elezioni italiane potrebbero vedere il dibattito euroscettico riguadagnare terreno, mentre una ulteriore escalation delle tensioni tra i governi di Catalogna e Spagna potrebbero implicare alcuni rischi al ribasso per la notevole performance di crescita recente della Spagna”.

L’Italia rimane insomma osservata speciale, soprattutto per il voto imminente.

Nel report dedicato all’intera Eurozona, il capo economista di Standard & Poor’s si focalizza sul miglioramento dei fondamentali dell’area, che stavolta a suo avviso darà duraturo. Il riferimento è alla fase di ripresa che è iniziata nel 2014 e che prosegue tuttora. Una ripresa che sta portando benefici all’area nel suo complesso, non solo alle economie cosiddette core. L’outlook è positivo:

“Crediamo che gli investimenti e il settore delle costruzioni supporteranno ulteriormente la crescita“, anche se “la ripresa del credito verso il settore privato rimarrà debole”.

Secondo l’economista, in particolare, gli investimenti dovrebbero dare sia quest’anno che il prossimo un contributo di 0,5 punti percentuali al Pil, come è avvenuto nel 2016.

“Fattore ancora più importante, è che il settore delle costruzioni ha testato il fondo e dovrebbe crescere a un tasso superiore al 2% nel 2017 e nel 2018, dopo una media di un calo del 2,4% tra il 2007 e il 2015″.

Il quadro attuale è confortante, ma ci sono alcuni segnali che creano un dilemma per la Bce.

“L’inflazione rimane stabile attorno all’1,5%, con la componente core all’1,2%, nel mese di agosto. Ma gli ultimi dati relativi ai salari suggeriscono che una ripresa potrebbe essere vicina”.

Se si considerano i fondamentali, la Bce potrebbe anche iniziare a ridurre gradualmente il suo piano di Quantitative easing, tanto più che “il QE si scontrerà con limitazioni di carattere tecnico legate alla scarsità dei bond acquistabili in alcuni paesi, soprattutto in Germania”.

Allo stesso tempo, il recente aumento del tasso di cambio complica il compito della Bce, dal momento che un euro più forte tende a ridurre l’inflazione importata e può dunque essere visto come l’equivalente di una stretta monetaria.

“L’aumento dell’euro dallo scorso febbraio – spiega comunque Six – deve essere attribuito soprattutto al rapido indebolimento del dollaro Usa”.

L’analista fa notare che “nei confronti del dollaro l’euro oscilla ora attorno a $1,20, ancora lontano dai massimi testati a inizio 2014, a $1,39. Tuttavia il suo rialzo è difficile in qualche modo da comprendere e da prevedere nel breve futuro”.

Una cosa per S&P è certa: “i tassi di lungo periodo degli Usa non hanno reagito finora in modo solido agli annunci della Fed su futuri rialzi dei tassi quanto i Bund tedeschi alla prospettiva di una stretta, che alla fine arriverà, da parte della Bce”.

Six ricorda poi che il tasso di crescita del Pil dell’euro è al momento superiore a quello Usa e tale situazione dovrebbe permanere ancora per i prossimi 18 mesi. L’euro avrebbe a suo avviso ulteriore spazio di crescita, se si considera che si è rafforzato del 13,5% dal fondo testato dopo l’inizio del QE, all’inizio del 2015.

E questo perchè “l’esperienza che arriva da altre valute i cui mercati avevano percepito la fine imminente dei programmi QE (così come ora, nel caso del programma della Bce) mostra in media un rafforzamento degli indici che misurano il trend rispetto a un paniere, pari a +26%.

“In particolare, il dollaro ha segnato un rally fino a +27% dal fondo testato successivamente al Qe, la sterlina è balzata del 22% con i mercati che hanno puntato su una politica monetaria meno accomodante da parte della Bank of England (fino a quanto la prospettiva della Brexit ha capovolto quelle aspettative) e lo yen si è rafforzato del 30% dalla fine del secondo piano QE della Bank of Japan, alla fine del 2015 (in quel caso non venne discusso il controllo della curva dei rendimenti).

Euro e Bce: tapering con taglio tassi sui depositi?

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L’outlook su quanto e cosa farà la Bce, al momento, risulta immutato:

“Abbiamo mantenuto la nostra view, secondo cui entro la fine dell’anno la Bce annuncerà una riduzione degli acquisti di asset da 60 miliardi a 40 miliardi al mese a partire dal primo semestre del 2018, fino a smantellare del tutto il programma (di QE) all’inizio del 2019. Ma sottolineiamo che un euro troppo forte (superiore a 1,25) potrebbe portare la Bce a dilatare ulteriormente il periodo di tapering, e forse a portare in territorio ancora più negativo i tassi sui depositi già negativi oggi allo -0,40%).

Six si concentra anche sull’Italia e si chiede: “l’attività economica sta finalmente segnando una ripresa?”. Il report ricorda che “un decennio di crescita anemica è risultato in un Pil reale che, alla fine del 2016, era inferiore ancora del 6,6% rispetto al livello del secondo trimestre del 2008”.

Ma la situazione è cambiata anche in Italia, e “i recenti sviluppi sono stati più incoraggianti. Il Pil è cresciuto dello 0,4% nel secondo trimestre del 2017 per il terzo trimestre consecutivo, grazie agli investimenti e alla domanda dei consumatori entrambi più forti, anche se la bilancia commerciale, su base netta, è stata un freno. L’inflazione si è attestata all’1,2% ad agosto e l’occupazione è tornata a livelli che non si vedevano dalla fine del 2008. La creazione di nuovi posti di lavoro è stata di 150.000 unità nel primo semestre del 2017″.

S&P ritiene che “la politica fiscale dovrebbe continuare a sostenere la crescita, ma anche che “il paese rimane vulnerabile all’instabilità politica“.

Tra l’altro, se il budget non venisse approvato entro la fine del 2017, ci sarebbe anche il rischio di un possibile aumento dell’Iva, che potrebbe deprimere la domanda dei consumatori nel 2018″.