Economisti Bce tagliano stime inflazione. BNP Paribas: target ancora più a rischio con euro forte
Gli economisti della Bce tagliano le stime sull’inflazione dell’Eurozona, a conferma di come la dinamica dei prezzi, nell’area, rimanga ben lontana dagli obiettivi prefissati dallo stesso istituto centrale (pari a un tasso di poco inferiore al 2%). L’outlook avalla anche la cautela che Mario Draghi ha mostrato nella conferenza stampa di ieri.
La frase del numero uno della Bce “Non ci siamo ancora”, riferita all’inflazione, dice tutto. E, di fatto, nell’ultimo sondaggio appena reso noto, gli economisti della Bce tagliano le previsioni sull’inflazione a 1,5% per l’anno in corso, ad appena l’1,4% per il 2018 e all’1,6% per il 2019, tutti valori in calo dello 0,1% rispetto alle stime di tre mesi fa.
Ma l’euro continua a viaggiare vicino al massimo in due anni nei confronti del dollaro, dopo essere balzato fino a $1,1670.
Proprio il rialzo dell’euro, secondo gli analisti della divisione di ricerca di BNP Paribas, potrebbe tra l’altro rappresentare una minaccia all’inflazione. Il solo aumento che ha riportato dal discorso che Mario Draghi ha proferito da Sintra, in Portogallo, ha ridotto secondo gli esperti del colosso francese -0,2% dall’inflazione dei prossimi 12 mesi.
Una buona notizia che arriva dal report della Bce è il miglioramento dell’outlook sia per la crescita del Pil che per il calo della disoccupazione.
Sul fronte della crescita economica, dal rapporto della Bce emerge che il Pil per il 2017 e del 2018 è stato rivisto al rialzo di 0,2 punti, rispettivamente a +1,9% e +1,8%. Per il 2019 la previsione è stata alzata +0,1 punti a +1,6%, che rappresenta comunque un rallentamento rispetto agli anni precedenti.
Le stime sul Pil a lungo termine sono state invece lasciate ferme a +1,6%.
Riguardo alla disoccupazione, essa è prevista in riduzione di 0,2 punti al 9,2% e in flessione di 0,3 punti all’8,8% nel 2018, per scendere ulteriormente di 0,3 punti all’8,4% nel 2019. Tagliate anche le attese sulla disoccupazione a lungo termine (ovvero al 2022), all’8,1%.