Bce, Draghi rassicura su QE. Spettro tapering si allontana: l’euro è scettico e vola. I BTP ci sperano
L’aspettativa dei mercati era alta. Gli investitori avevano chiesto a Mario Draghi chiarimenti sul programma di Quantitative easing, che sta facendo da assist all’azionario, ai titoli di Stato e anche alle obbligazioni corporate dell’Eurozona, da quando è stato lanciato lo scorso anno.
Chiarezza era quello che gli operatori avevano chiesto al numero uno della Bce, soprattutto dopo la confusione generata dal discorso che il banchiere aveva pronunciato in Portogallo, da Sintra, quando aveva posto l’accento sulle spinte reflazionistiche presentatesi sui mercati.
E Draghi ha fatto il possibile per rassicurare i trader e gli investitori sull’intenzione della Bce di lasciare la politica monetaria accomodante in modo significativo, ribadendo che gli acquisti dei bond rimarranno al valore di 60 miliardi al mese fino a dicembre e anche oltre, se necessario.
Così come ha detto che la Bce è sempre pronta ad apportare modifiche al piano di QE, sia in termini di durata che di dimensione.
Eppure, di nuovo, sono bastate poche frasi a spingere in alto l’euro che, dopo una reazione inizialmente negativa, è rimbalzato con forza avvicinandosi prima alla soglia di $1,16, e poi superandola. Tutto questo, a causa di alcune dichiarazioni proferite dallo stesso Draghi, che ha affermato che la Bce discuterà su come procedere con il suo programma di QE, in autunno.
La moneta unica ha puntato verso l’alto anche per la fiducia ribadita sul rafforzamento dell’economia dell’Eurozona. Tanto che ora “bisogna solo aspettare che i salari e i prezzi facciano il loro corso”, ha detto il numero uno della Bce.
In un mercato talmente ostaggio della Bce, queste frasi hanno avuto un potere molto più forte rispetto ad altre decisamente da colomba come: “le pressioni inflazionistiche rimangono contenute e ciò significa che un grado molto notevole di politica monetaria accomodante è ancora necessario”; o rispetto a quella con cui Draghi ha ribadito che “non ci siamo ancora”, riferendosi al trend delle pressioni inflazionistiche.
L’euro è salito anche dopo che Draghi ha affermato che la Bce sta “finalmente” assistendo a una ripresa robusta dell’economia dell’Eurozona (pur facendo notare che, appunto, l’inflazione è ben lontana dal raggiungere il target fissato dalla banca centrale, che è poco al di sotto della soglia del 2%).
La parola “autunno”, poi, è sembrata risuonare in modo ossessivo tra i trader che, come è d’altronde nella logica dei mercati, si sono proiettati in avanti, scontando quanto, in base al discorso del banchiere, potrebbe accadere tra qualche mese. E l’autunno non è lontano, tanto che un giornalista ha anche incalzato Draghi, chiedendogli se, per caso, il 7 settembre possa essere una data riconducibile all’autunno.
Draghi non è riuscito a trattenere una risata. Rispondendo: “E’ esattamente questo il motivo per cui abbiamo deciso di tenere vaghi i nostri piani, e abbiamo deciso solo di discutere del QE in autunno”.
Fattore anch’esso da mettere in evidenza: Draghi ha detto chiaramente che una stretta monetaria che si presentasse in un momento sbagliato potrebbe ostacolare o addirittura “mettere a rischio” la ripresa.
Niente da fare: l’euro è andato dritto per la sua strada, guardando appunto già all’autunno, nonostante nessuna modifica sia stata annunciata nella giornata di oggi. La moneta unica ha continuato a correre, balzando oltre quota $1,16, +1% circa, fino a $1,1635, al record dal gennaio del 2015.
La Bce ha lasciato invariati i tassi di rifinanziamento allo 0%, e quelli sui depositi allo -0,4%. Anche il tasso marginale non è stato toccato, ed è rimasto dov’era, allo 0,25%. Draghi è riuscito tuttavia ad “agitare” ancora i mercati, a dispetto dei diversi tentativi di rassicurarli sul permanere del bazooka monetario.
Non ha creduto nel volto da colomba di Draghi neanche l’azionario, con il Ftse Mib che ha accelerato al ribasso nel finale, accusando soprattutto il rally dell’euro.
A credere alle parole del banchiere sono stati invece i debiti sovrani.
Lo spread Italia-Germania a 10 anni è sceso anche oltre -5%, bucando la soglia di 160 punti base, a fronte dei tassi sui BTP decennali che hanno ceduto più del 3% al 2,11% circa e i tassi sui Bund tedeschi, in rialzo dell’1,85%, allo 0,55%.