E’ iniziata davvero la recessione? Un confronto tra Europa e Stati Uniti
L’Eurozona è entrata in recessione tecnica dato che ha chiuso il primo trimestre dell’anno con una crescita negativa dello 0,1% (Pil) rispetto a quanto realizzato nell’ultimo trimestre del 2022, quando già scese dello 0,1%.
E così l’Europa è scivolata nella cosiddetta recessione tecnica, ma cosa significa? Ora la Bce alzerà ancora i tassi? E soprattutto entrerà ufficialmente in recessione, e gli Stati Uniti?
Differenza tra recessione tecnica ed effettiva
Chiariamo subito ogni dubbio: se un’economia entra in recessione tecnica non è scontato che cada in una recessione più grave.
Per convenzione viene chiamata recessione tecnica la situazione in cui un’economia registra una contrazione del suo prodotto interno lordo (PIL) per due trimestri consecutivi.
Il PIL ricordiamo essere la misura più importante e maggiormente monitorata dagli economisti per valutare l’attività economica di un paese e rappresenta il valore di tutti i beni e servizi prodotti durante un determinato periodo. Ecco che se il valore del Pil diminuisce per due trimestri consecutivi, si parla di una recessione tecnica.
In definitiva, questo tipo di recessione può essere considerata “tecnica” perché si basa solo sul criterio oggettivo dato dalla contrazione del Pil, ma questa potrebbe transitoria e non riflettere un effettivo deterioramento sostenuto dell’economia nella sua totalità.
Al contrario, la recessione effettiva rappresenta la recessione vera e proprio, una situazione più ampia e grave che può essere definita come una fase di rallentamento dell’attività economica. Ecco che una recessione è una situazione ben più grave e persistente, che potrebbe avere effetti a lungo termine sull’occupazione, sugli investimenti, sulla produzione, oltre che sul benessere generale dell’economia e della popolazione.
Come dicevamo comunque anche se l’Europa è entrata in recessione tecnica non è detto che si verifichi effettivamente una recessione ben più profonda. Da questo punto di vista infatti nella storia è capitato molte volte che un’economia scivolasse in recessione tecnica e quindi registrasse una contrazione per due trimestri consecutivi, per poi recuperare terreno riprendendosi rapidamente dallo stallo temporaneo.
Confronto tra Europa e Stati Uniti
Se da una parte l’economia europea Europa sta lentamente rallentando, al contrario gli Stati Uniti si mantengono resilienti, con le Banche centrali (Fed e Bce) che in ogni caso sembrano essere ancora lontane da un taglio dei tassi.
In Europa, “i consumi delle famiglie sono stati colpiti duramente dai prezzi elevati e dall’aumento dei tassi di interesse”, commenta Andrew Kenningham, capo economista europeo di Capital Economics, che segnala anche che un forte calo della spesa pubblica è stato un altro fattore chiave del calo del Pil all’inizio di quest’anno. Infatti, la crescita in Europa è stata penalizzata dal Pil di Irlanda e Germania che hanno trascinato la regione in recessione tecnica.
Come è ovvio questa situazione di stallo e rallentamento non fa altro che complicare il lavoro dei banchieri centrali che si riuniranno settimana prossima (mercoledì la Fed e giovedì la Bce) per valutare la prossima direzione dei tassi di interesse.
L’obiettivo infatti resta quello di riportare l’inflazione verso l’obiettivo del 2% e attualmente siamo ancora più di tre volte questo obiettivo, ma al tempo stesso non si può non considerare che un ulteriore aumento dei tassi potrebbe danneggiare ulteriormente l’economia. “In questo contesto, è improbabile che assisteremo a un taglio dei tassi prima del 2024”, commenta Anima Sgr.
“Pensiamo che il PIL probabilmente si contrarrà nuovamente nel poiché gli effetti dell’inasprimento della politica monetaria continuano a manifestarsi”, commenta Kenningham di Capital Economics.
Gli Stati Uniti in testa
In ogni caso, l’economia dell’Europa è ancora in ritardo rispetto all’economia statunitense. Nel primo trimestre il Pil statunitense è cresciuto su base annua dell’1,3%, un dato che ha battuto le attese degli analisti.
Anche per questo motivo proprio negli ultimi giorni Goldman Sachs Group ha rivisto le sue stime sulla possibilità di una recessione negli Stati Uniti nei prossimi 12 mesi. Ora la probabilità di recessione negli Usa è al 25% e questo grazie all’attenuarsi dello stress nel settore bancario, oltre che per via dell’accordo sul tetto del debito nazionale. Teniamo presente che dopo i diversi fallimenti bancari di marzo tale probabilità era salita al 35% allarmando gli investitori.
Nonostante tutto, le turbolenze nel settore bancario potrebbero avere un impatto sull’economia reale attraverso la contrazione del canale del credito. Questa tesi potrebbe essere confermata “dal recente inasprimento degli standard di concessione di prestiti a famiglie e imprese e il marcato indebolimento della domanda, negli USA e in Area Euro”, commentano gli analisti di Anima Sgr.
Tuttavia, “la portata di questi fenomeni sull’attività economica, però, non dovrebbe essere tale da tradursi in una crisi sistemica”.
“Storicamente, il calo della domanda di prestiti e l’inasprimento degli standard di credito si verificano solo pochi mesi prima o durante una recessione”. Eppure, la crescita economica degli Stati Uniti per il primo trimestre di quest’anno è stata rivista al rialzo, con il mercato del lavoro statunitense che rimane forte e gli utili delle imprese sono ancora solidi.
In ogni caso il clima sui mercati è incerto e quindi “occorre avere pazienza, diversificare e tenersi pronti a cambiare passo non appena il vento avrà assunto una direzione chiara”.