Notizie Notizie Italia Draghi rinfocola dibattito minibot Borghi. Monacelli e Bini Smaghi: sono una strada per uscire dall’euro

Draghi rinfocola dibattito minibot Borghi. Monacelli e Bini Smaghi: sono una strada per uscire dall’euro

7 Giugno 2019 12:40

Riparte il dibattito sui minibot, dopo che il numero uno della Bce Mario Draghi ha osato – secondo qualche sovranista – bocciare gli strumenti pensati dall’economista Claudio Borghi. L’hashtag #minibot continua a far furore su Twitter, così come quello #Borghi. Altre critiche illustri si levano nel frattempo contro l’idea del leghista, che è riuscita di nuovo a spaventare l’Europa intera: sono quelle che arrivano dall’economista Tommaso Monacelli, professore ordinario di Economia all’Università Bocconi di Milano, e Fellow di IGIER Bocconi e del CEPR di Londra, e da Lorenzo Bini Smaghi, ex banchiere della Bce e al momento presidente di Société Générale.

Monacelli scrive e pubblica sulla Voce.info un articolo dedicato alla questione intitolato “La favola dei minibot”, e smonta il Borghi pensiero.

“Nella migliore delle ipotesi i minibot sarebbero del tutto inutili perché incapaci di risolvere il problema reale dei debiti della pubblica amministrazione verso imprese private. Nella peggiore, nascondono possibili scenari di uscita dell’Italia dall’euro”.

E su questo è d’accordo anche Bini Smaghi, così come è d’accordo la stessa Moody’s.

Dal canto suo Mario Draghi ieri, in occasione della conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi della Bce, aveva sentenziato che “i minibot o sono soldi, e sono illegali, o sono debiti, e fanno salire il debito. Non c’è una terza via”, facendo notare anche come i mercati non dessero a questi strumenti una lettura positiva (per usare, si potrebbe aggiungere, un eufemismo. )

Alla fine, la risposta di Claudio Borghi è arrivata:

“Tradotto: Draghi ha detto che i minibot sono moneta o nuovo debito. La mia risposta è: “sono debito, visto che stiamo parlando di titoli di Stato di piccolo taglio è ovvio che siano debiti. Tuttavia, non sono NUOVI debiti, perchè derivano da debiti già esistenti che lo Stato ha verso i fornitori e i cittadini”.

Poco prima del giudizio di Draghi, l’agenzia di rating Moody’s aveva, in una nota dedicata all’Italia, paventato lo scenario di un’uscita dall’euro, laddove aveva fatto notare come, oltre al timore di un debito italiano destinato a crescere, a rendere più incerto l’outlook fosse proprio la recente approvazione da parte del Parlamento di una mozione molto cara alla Lega, quella sui minibot. Minibot, ammoniva l’agenzia, considerati da molti una sorta di valuta parallela e una mossa preparatoria  all’uscita dell’Italia dall’Eurozona”.

Così Monacelli fa chiarezza su questi strumenti che tanto stanno seminando paura tra i paesi dell’Eurozona:. Intanto, questi strumenti vengono definiti alla stregua di “passività dello stato di piccolo o piccolissimo taglio (10, 50 o 100 euro) emesse senza tasso di interesse e senza scadenza”.

Come potrebbero essere utilizzati?

“Una prima ipotesi è che i minibot siano emessi con la possibilità per imprese e famiglie di usarli per pagare le tasse. È ovvio che in tal caso sarebbero del tutto identici a un taglio delle imposte o, in modo equivalente, a un incremento di debito pubblico. (…) Una seconda ipotesi è che i minibot possano essere utilizzati dalle imprese per riscuotere i crediti che ancora vantano con la pubblica amministrazione (Pa). In questo caso, sarebbero del tutto inutili. Se lo stato deve 100 euro di pagamenti all’impresa del signor Rossi, potrebbe finanziarsi sul mercato emettendo buoni del tesoro per 100 euro e girare poi quei 100 euro al signor Rossi per estinguere il proprio debito. Di fatto, lo stato starebbe scambiando una passività (i pagamenti dovuti all’impresa del signor Rossi), con un’altra passività (i buoni del tesoro emessi per finanziarsi)”.

Di conseguenza, si chiede e chiede Monacelli, perchè utilizzare i minibot?

“L’unica ragione per farlo sarebbe quella di tassare implicitamente le povere imprese creditrici. Se un’impresa fornitrice della Pa venisse pagata in minibot oggi, potrebbe scontare il proprio credito solo più tardi al momento di pagare le tasse dovute. In ragione di questo lasso temporale (più o meno lungo), di fatto è come se l’impresa sostenesse un costo implicito in misura pari ai mancati interessi (altrimenti, perché semplicemente non ridurre le tasse alle imprese dello stesso ammontare dei crediti esistenti, senza alchimie cartacee?) Un guadagno per lo stato, una tassa implicita per l’impresa. E un ulteriore motivo per guardare i minibot con sospetto. Quello dei debiti inevasi della Pa con le imprese private è un problema reale, che va certamente affrontato. Ma deriva da inefficienze strutturali del nostro sistema amministrativo e non può essere risolto con trucchi monetari”.

Economista Monacelli: se minibot diventassero obbligatori?

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Sulla questione se i minibot siano o no moneta, l’economista Monacelli ravvisa alcuni elementi in comune con la moneta, individuando però anche una lacuna non proprio facile da colmare. Più che essere equivalenti all’emissione di moneta, questi strumenti a suo avviso ‘potrebbero’ diventare moneta, visto che una condizione necessaria per rientrare nella definizione la soddisfano: “Sono passività dello stato senza scadenza e senza tasso d’interesse”.

Tuttavia, questa condizione necessaria perché si possa parlare di moneta non è una condizione sufficiente, visto che la condizione sufficiente “è la fiducia”. Ovvero, chi è in possesso dei minibot deve essere tranquillo sul fatto che  vengano accettati nelle transazioni.

A tal proposito, Monacelli presenta quello scenario in cui lo Stato dovesse decidere, per esempio, di rendere obbligatorio il loro uso nelle transazioni. A quel punto, i cittadini non potrebbero rifiutare di accettarli come pagamento.

“Ma ciò equivarrebbe (di diritto e di fatto) all’uscita dell’Italia dall’euro, perché lo stato italiano starebbe stampando moneta con corso legale. I minibot verrebbero probabilmente scambiati a grande velocità (le persone vorrebbero liberarsene come una patata bollente) e diventerebbero moneta parallela fortemente svalutata (di fatto carta straccia) rispetto all’euro”.

Insomma, i timori rilanciati di recente – a causa della mozione sui minibot approvata dalla Camera – da parte di stampa straniera (in particolare la questione è stata affrontata da alcuni articoli del Telegraph), hanno motivo di esistere.

Lo sa bene la stessa Bundesbank, banca centrale tedesca capitanata dal falco Jens Weidmann, che qualche giorno fa ha stilato un’analisi sui rischi che corre essendo creditrice nel sistema dei pagamenti Target 2 dell’Eurozona. E che, secondo l’articolo del Telegraph firmato da Ambrose Evans-Pritchard – “German Bundesbank Comes Clean on Euro Default Risks After Italy’s ‘Parallel Currency’ Decree”: ovvero, tradotto, “la Bundesbank tedesca confessa i rischi legati al default dell’euro dopo il decreto italiano sulla ‘moneta parallela’ – starebbe studiando quale sarebbe l’impatto sulla Germania e sull’intera Eurozona nel caso in cui l’Italia decidesse davvero di lanciare una moneta parallela.

La Germania vanta nel sistema dei pagamenti un credito totale di quasi 1 trilione di euro, pari per la precisione a 920 miliardi di euro, che rappresentano il 27% del suo Pil.

Il problema è che ora, in una fase in cui si torna a parlare di rischio Italexit, di una possibile uscita dell’Italia dall’euro, dei minibot di Claudio Borghi che vengono interpretati alla stregua di una moneta parallela, queste passività italiane stanno innervosendo non poco i paesi creditori nel sistema dei pagamenti dell’Eurozona, Germania in primis.

I debiti Target 2 che l’Italia ha nei confronti dell’Eurosistemasi avvicinano ai 500 miliardi di euro. Se davvero volesse lasciare l’euro, in base alle regole europee, Roma dovrebbe ripagare quei debiti. Ma cosa succederebbe se l’Italia facesse default su queste sue passività?

I costi che si verrebbero a creare in capo prima alle singole banche centrali sarebbero ingenti. Tanto che, secondo il Telegraph, alla fine ai “contribuenti tedeschi, olandesi, francesi e finlandesi toccherebbe firmare ‘grossi assegni per salvare le banche centrali’.

Non solo Tommaso Monacelli. La platea degli economisti che bocciano i minibot di Borghi è nutrita. Tra di loro, c’è anche l’economista Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Société Générale, che si espresso così in una intervista rilasciata al Corriere della Sera.

“Potrei usare le parole di Draghi: o sono valuta alternativa e quindi sono illegali, oppure sono debito e dunque lo stock del debito salirebbe. Il problema è rappresentato – ha spiegato – dal fatto che non avrebbero scadenza e questo che li trasformerebbe “in moneta”.

Servirebbero “per pagare i debiti arretrati della pubblica amministrazione – continua l’economista – Ma poi quei mini-Bot resterebbero in circolo. Sarebbero usati per pagare le tasse e lo Stato a sua volta potrebbe girarli a un altro creditore. E poi chi può escludere nuove emissioni?”.

Bini Smaghi la pensa praticamente come Moody’s e Monacelli: Fnanziare il nostro enorme debito stampando moneta, “non risolve nulla. Se non a mettere il Paese in brevissimo tempo in una situazione ben peggiore. Bisogna avere chiaro che questo è solo un modo per imboccare la via dell’uscita dall’euro“.

Ancora, l’ex esponente del Consiglio direttivo della Bce sottolinea:

Creare una moneta parallela vorrebbe dire sostituirsi in parte alla Banca centrale europea. E la Bce è figlia di un patto tra Stati. Alla fine si tratterebbe di un affronto per ciascuno di essi”. Tra l’altro, “il rischio è che i mercati prendano più sul serio le proposte come questa – che di fatto vanno in direzione opposta – che le dichiarazioni di fedeltà all’euro”.

L’appello di Bini Smaghi è inequivocabile:

“Il governo deve prendere le distanze una volta per tutte da questo tipo di provocazioni”.

Ma in tutto questo, come emerge dal suo profilo Twitter, l’economista Claudio Borghi scherza: