Deficit strutturale: lo scoglio su cui si stanno arenando trattative manovra Ue-Italia
Forse non tutti l’hanno capito, ma il Pomo della discordia vero tra Bruxelles e Roma non è tanto il deficit nominale, ma il deficit strutturale. Ed è su questo che le trattative sulla manovra tra il governo M5S-Lega e la Commissione europea si stanno di nuovo arenando, stando almeno ai rumor riportati dalla stampa italiana.
Nelle ultime settimane e ultimi mesi la tensione tra il governo giallo verde e i piani alti di Bruxelles è stata, è vero, sul deficit nominale che, secondo le regole del Trattato di Maastricht, non dovrebbe sforare la soglia del 3%.
Si spiegano così le polemiche esplose per il caso Francia dopo che il presidente Emmanuel Macron, a seguito delle proteste dei Gilet Gialli, ha proposto nuove misure sociali ai francesi, tra cui l’aumento del salario minimo e il taglio di alcune tasse, per placare la rabbia del popolo. Peccato però che, secondo Les Echos, tali misure potrebbero far schizzare il rapporto deficit-Pil della Francia anche oltre il 3,6%: uno sforamento inammissibile per l’Italia, a cui l’Ue ha chiesto di far scendere il deficit-Pil (nominale) fino all’1,95%.
L’Ue, tuttavia, non dà importanza solo al deficit nominale. Crescente è il suo interesse anche per il deficit strutturale, la cui riduzione permette al paese di raggiungere il pareggio di bilancio.
Ma cosa è il deficit strutturale? Si tratta di un parametro che non considera le misure straordinarie e che non dipende dal ciclo economico. E’ un valore che, di conseguenza, dà un’idea più precisa di quello che è il deficit reale, e che fotografa in modo più attendibile la situazione in cui versano i conti pubblici.
E tra le richieste della Commissione europea c’è appunto quella secondo cui l’Italia dovrebbe far scendere il deficit strutturale dallo 0,9% di quest’anno allo 0,4% del prossimo anno, e raggiungere poi finalmente il pareggio di bilancio nel 2020.
Ma l’intesa su questo capitolo non è stata ancora raggiunta, come fa notare un articolo del Corriere della Sera, firmato da Federico Fubini:
“L’obiettivo di deficit «nominale» al 2,04% del prodotto lordo, che il governo difende come un nuovo totem, sulla carta sarebbe irrilevante. Per evitare una procedura sui conti, all’Italia la Commissione Ue chiede solo di non peggiorare o di ridurre di pochissimo il deficit «strutturale»”.
L’Ue chiede così all’Italia altri tre miliardi di risparmi per scongiurare un eventuale rialzo del deficit strutturale.
“L’ultima proposta inviata dal governo a Bruxelles contiene troppe entrate che incidono per un solo anno, da quelle per le vendite di immobili pubblici alla «eco-tassa» sulle auto di grossa taglia. Invece la Commissione Ue chiede fra 2,5 e tre miliardi di misure «strutturali» e non solo temporanee in più (pari allo 0,15% o 0,20% del prodotto lordo)”.
Il Corriere cita la resistenza dei due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini nel trovare altri miliardi che rischierebbero di far scendere alla fine anche quel target sul deficit-Pil nominale che è stato abbassato, alla fine, dal 2,4% considerato inizialmente soglia intoccabile fino al 2,04%.
“Un tentativo di via d’uscita è nell’apertura del governo a ridurre la sua previsione di crescita per il 2019 dall’1,5% all’1%: per ragioni tecniche, ciò farebbe scendere anche il deficit «strutturale».”, scrive il quotidiano.
A tal proposito, nelle ultime ore Reuters ha riportato l’indiscrezione secondo cui il governo avrebbe tagliato proprio le stime sul Pil, dall’1,5% all’1%.
Arriva intanto un’apertura dallo stesso Moscovici, che sottolinea che sta lavorando affinché “l’Italia non venga più sanzionata”. Certo, i tempi si fanno sempre più stretti, se si considera che, in teoria, la procedura di infrazione contro l’Italia potrebbe scattare già domani.
Intanto lo spread BTP-Bund è poco mosso attorno a quota 271 punti base, a fronte di tassi sui BTP decennali in lieve aumento al 2,96%.