Def: Di Maio minaccia tutti, Moscovici impone soglia massima 2%. Confcommercio: deficit-Pil al 2,8% con manovra
L’Italia e la necessità di far scendere il deficit strutturale: è guerra di nervi alla vigilia della presentazione della nota di aggiornamento al Def, mentre l’Ufficio Studi Confcommercio calcola che il deficit-Pil sarebbe pari al 2,8% se la legge di bilancio contenesse tutte le misure chiave del contratto di governo M5S-Lega.
A tal proposito, il vicepremier Luigi Di Maio è, per usare un eufemismo, sul piede di guerra, contro Bruxelles ma anche contro il ministro dell’economia Giovanni Tria. Tanto che, in una riunione con i ministri del M5S, ha affermato che se il Def non conterrà le misure auspicate dai pentastellati – reddito e pensione di cittadinanza in primis – il Movimento non lo voterà. Punto. E che poi, ai microfoni del programma Circo Massimo su Radio Capital, è ritornato sull’annosa questione del deficit-Pil, già ripresa negli ultimi giorni, soprattutto dopo la notizia che la Francia di Emmanuel Macron ha deciso di alzare il deficit dal 2,6% al 2,8% nel 2019, per finanziare i tagli alle tasse previsti nella manovra parigina.
Il fatto che alla Francia venga concesso l’aumento del deficit, mentre all’Italia venga imposto il diktat non solo di non sforare il 3%, ma anche quello del 2%, irrita ancora di più Di Maio che, in vista delle elezioni europee del prossimo anno, non ci sta davvero più a fare il bravo studente che segue gli ordini del maestro.
Ma il maestro oggi torna a parlare e, come è spesso il caso, porta il nome di Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari economici e monetari, francese, che spiega l’importanza del deficit strutturale.
E’ da esso, anzi dalla necessità che esso scenda, che c’è tutta ossessione europea, prima del 3%, e ora del 2%. Così Moscovici a La Stampa:
“L’Italia è la terza economia dell’Eurozona, è paese fondatore dell’Unione, al centro di questo progetto. Il suo futuro consiste nell’essere un paese credibile all’interno dell’Eurozona”. Ciò significa che “l’Italia deve rispettare i criteri, i parametri, e le regole stabilite per tutti. Queste regole sono inscritte nei trattati, e cosa dicono? Primo, tutti i nostri paesi devono stare sotto il 3% nel rapporto tra deficit e pil. Questa è la soglia nominale. Secondo, devono ridurre il deficit strutturale, che è una cosa ovvia nel caso dell’Italia, perchè è molto alto. Perciò considero la cifra del 3% non fattibile, e quella del 2% sopra la soglia possibile, se volete ridurre il deficit strutturale”.
Il nodo è proprio questo: il deficit strutturale, che è quel deficit che prescinde dalla congiuntura eonomica e che l’Ue vuole vedere scendere nel caso dell’Italia. Per la Commissione europea, spiega La Stampa, “qualunque sforamento superiore all’1,5% aumenterebbe di fatto il deficit strutturale dell’Italia.
“Dobbiamo vedere il bilancio, giovedì. Poi lo discuteremo – aggiunge Moscovici – Io spero che l’Italia sia conscia della necessità di rispettare le regole comuni, e questo non solo per rispettare il deficit nominale, ma anche per ridurre quello strutturale. Perciò, quando sento fare paragoni con la Francia, dico che che non reggono. Il 2,8% di Parigi non è il punto. Il punto è il deficit strutturale, e per ridurlo l’Italia deve stare ben al di sotto del 2% nella sua manovra”.
Ma proprio il 2,8% del deficit-Pil di Parigi, secondo Confcommercio, potrebbe essere replicato proprio dall’Italia:
In occasione del convegno “Meno tasse per crescere” dell’associazione, vengono resi noti i calcoli dell’Ufficio Studi secondo cui, con il rallentamento della crescita economica “parte degli spazi di flessibilità per il 2019 sono già stati consumati”.
Di conseguenza, una legge di bilancio che fosse comprensiva della revisione della legge Fornero, mini flat tax, reddito di cittadinanza, e che includesse anche la maggiore spesa per interessi, il disinnesco delle clausole di salvaguardia e le spese non differibili come quelle per le missioni di pace, porterebbe il deficit-Pil al 2,8%.
Confcommercio ha tra l’altro tagliato anche le stime del Pil italiano, prevedendo per il terzo trimestre del 2018 un Pil in rialzo +0,8% dal +1,7% del terzo trimestre del 2017.
Si prevede anche un rallentamento del Pil a +1,1% quest’anno e +1%, nel 2019, sempre che non scattino le clausole di salvaguardia dell’Iva. In tal caso il Pil 2019 crollerebbe a +0,6%.Prevista anche una frenata dei consumi, con una crescita al tasso +0,9% quest’anno e a +0,8% nel 2019.