Dazi Tump investono l’auto, Stellantis sbanda. Ecco tutti i rischi

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Dal inizio aprile entreranno in vigore i dazi di Trump sulle auto e i componenti importati. Un balzello del 25% che amplia lo scontro commerciale mondiale e che, il 2 aprile, potrebbe essere anticipato da “dazi reciproci” precedentemente annunciati.
La guerra economica a tutto campo diventa quindi realtà, si amplia e oggi preoccupa le Borse europee (Piazza Affari è in calo, ma sta limando i ribassi) e i titoli del settore, da Stellantis (-3,7%) a Porsche (-6,24%) passando per Bmw (-4,48%), Mercedes (-4,81%), Volkswagen (-2,87%). Effetto boomerang anche sui gruppi Usa come Tesla (-1,30%) e General Motors (-8,7%) visto che la misura decisa dal presidente americano Donald Trump pesa per il 46% delle auto vendute negli Usa.
Acea lancia l’allarme per le ricadute su un settore in transizione e già in difficoltà e gli analisti non usano mezzi termini sull’impatto mondiale: “il rischio è quello di una frammentazione della supply chain nordamericana e di tensioni con Ue e Giappone”.
L’impatto sul settore
Il concretizzarsi dei dazi Usa ha avuto dunque l’effetto temuto sui mercati che ora fanno davvero i conti con una minaccia concreta e che avrà quindi un forte impatto sui bilanci delle società delle quattro ruote. Carlo De Luca, responsabile AM Gamma Capital Markets tratteggia lo scenario a venire e ricorda come l’Europa sia fortemente esposta perché Volkswagen esporta circa l’80% delle auto vendute negli Usa, Mercedes e Bmw superano il 50% di quota importata; e Stellantis ha un’esposizione rilevante via modelli prodotti in Italia, Canada e Messico. Conti alla mano, l’impatto si tradurrà in una compressione dei margini, possibili tagli alla guidance e rischio revisione multipli nel settore auto europeo. A “salvarsi” potrebbero essere Tesla e Ford, relativamente protette grazie alla produzione domestica (Tesla 100%, Ford 80%).
Mentre GM e Stellantis sono vulnerabili per la dipendenza da Messico/Corea/Italia. Male Hyundai-Kia (65% import Usa) e Toyota (51%) particolarmente esposte. A livello geografico, la mappa dei rischi per esposizione geografica riguarda in particolare l’’industria auto tedesca che esporta oltre il 15% del fatturato globale verso gli Usa. Ma anche il Giappone, che destina oltre il 30% delle esportazioni auto agli Usa, con impatto stimato fino a -11% utile operativo per Toyota e -66% per Nissan (Goldman Sachs). Anche Francia e Italia saranno colpite, ma in modo indiretto via Stellantis e fornitori.
Donald Trump ha fatto sapere di aver parlato con le “Big three”, con le tre grandi case automobilistiche – Ford, General Motors e Stellantis – prima dell’annuncio di dazi del 25% sulle auto che non sono prodotte negli Stati Uniti. Il tycoon è stato netto: “Se hanno fabbriche qui, sono entusiasti – ha detto il presidente – Se non hanno fabbriche qui, dovranno darsi da fare e costruirle perché altrimenti dovranno pagare i dazi, molto semplice”.
A fare i conti in tasca alle società italiane sono anche gli analisti di Banca Akros, secondo cui a livello lorso l’impatto sugli utili potrebbe essere di circa 400 milioni di euro per Ferrari e 7 miliardi di euro per Stellantis, mentre a livello netto si stima che l’impatto potrebbe essere inferiore a 100 milioni di euro per Ferrari nell’ebit 2025 e maggiore di 1 miliardo di euro per Stellantis. La notizia è negativa indirettamente anche per i fornitori OEM, come Stm e Brembo, che potrebbero potenzialmente soffrire di volumi inferiori se gli OEM cercassero di aumentare i prezzi per compensare i dazi.
L’impatto macro
Gamma Capital Markets prevede oltre a effetti importanti sulle corporate, anche uno scenario inflattivo a breve (prezzi auto +10-20%), ma con domanda debole. Esiste, poi, il rischio di stagflazione per il settore, soprattutto se i dazi si estendono ad altri segmenti. In secondo luogo, “vediamo un’ulteriore pressione sulla Ecb per eventuali misure accomodanti in caso di rallentamento industriale in Germania”. L’analisi non esclude una escalation e nuovi rischi geopolitici di varia natura: dalle possibili ritorsioni su settori sensibili (tech, agricoltura); all’aumento delle pressioni su Wto e relazioni transatlantiche. Fino al possibile rallentamento globale se le esportazioni europee verso gli Usa: che valgono il 18-20% del totale per Germania e Italia.
L’allarme di Acea
In questo contesto, l’Associazione europea dei costruttori di automobili (ACEA) “è profondamente preoccupata” anche perché la misura “arriva in un momento spartiacque per la trasformazione del nostro settore e mentre aumenta la feroce concorrenza internazionale. Le case automobilistiche europee investono negli Stati Uniti da decenni, creando posti di lavoro, promuovendo la crescita economica nelle comunità locali e generando enormi entrate fiscali per il governo degli Stati Uniti”, ha affermato il direttore generale dell’Acea, Sigrid de Vries. Le tariffe non avranno un impatto solo sulle importazioni negli Stati Uniti, una penalità che i consumatori americani probabilmente pagheranno, “ma le misure sui componenti per auto danneggeranno anche i produttori di automobili che producono auto negli Stati Uniti per i mercati di esportazione”, ha concluso.