Notizie Trading e Mercati Cosa è successo la scorsa settimana e cosa succederà in questa

Cosa è successo la scorsa settimana e cosa succederà in questa

17 Ottobre 2022 10:44

di Silvia Vianello

 

Cari amici investitori andiamo a vedere insieme su quale terreno minato ci muoviamo questa settimana.

Nonostante la buona performance di giovedì, venerdì i mercati azionari hanno chiuso la settimana scorsa con forti ribassi.

Andiamo a vedere quali sono stati i fattori principali:

  1. l’inflazione come abbiamo commentato insieme lo scorso venerdì, dove il passaggio chiave è stato l’ennesimo aumento dell’inflazione Core cioè l’inflazione al netto di generi alimentari ed energia. Questi dati suggeriscono che appena i prezzi dell’energia torneranno a salire, l’inflazione al consumo negli Stati Uniti raggiungerà livelli record come adesso sta accadendo in Europa.
  2. Taglio da parte del Fondo Monetario Internazionale sulle prospettive di crescita mondiale dicendo che l’aumento dei tassi di interesse farà schiantare almeno un terzo dei paesi mondiali se non peggio.
  3. Gli utili in calo di alcune banche d’affari che come vi avevo anticipato hanno rilasciato i risultati proprio lo scorso venerdì (anche se meno pesanti delle aspettative)
  1. Il ribasso del petrolio che ha trascinato giù il settore energetico. Petrolio in calo a causa dei timori di una recessione e a Putin che ha confermato come la mobilitazione parziale avviata il mese scorso si concluderà presto e comunque entro due settimane, forse perché ha visto come ha reagito la popolazione. Queste parole hanno naturalmente alimentato le speranze che la guerra in Ucraina possa avviarsi al più presto verso una soluzione diplomatica.
  2. I mercati obbligazionari in grande affanno come dimostrano i rendimenti dei treasury decennali saliti sopra il 4%. Quelle percentuali sono insostenibili con un debito pubblico USA di oltre $31.000 miliardi.
  3. Infatti il rischio più grande che abbiamo se non bastasse tutto il resto è quello di una crisi del debito. La Bank of England costretta a prolungare il suo programma di riacquisto dei titoli di Stato e poi c’è una cosa silenziosa che sta accadendo ma di cui nessuno parla… la Banca Centrale Svizzera costretta a chiedere un prestito alla Fed, che infatti ha aperto una linea di credito da oltre $3 miliardi e poi sono diventati già oltre 6. Ragionevolmente questi soldi serviranno per dare ossigeno a Credit Suisse e alle altre banche svizzere in profonda difficoltà.

 

 Apriamo un attimo una parentesi su questo ultimo importante fattore.

Nel 2007, le principali banche centrali del mondo hanno concordato un mezzo per scambiare le proprie valute, che avrebbe consentito a ciascuna di esse di procurarsi una valuta vendendone un’altra (solitamente la propria).

Questo mezzo è normalmente costituito da contratti swap: le due banche centrali acquistano due valute diverse con promessa di restituzione e pagamento di interessi al termine del periodo contrattuale. Generalmente le valute acquistate e vendute sono quelle emesse dalle banche centrali contraenti.

La Banca nazionale svizzera, così come la BCE, utilizza questo meccanismo se deve procurarsi una determinata valuta estera per integrare le sue riserve, quando non è in grado di soddisfare la domanda interna di tale valuta.

Quello che sta succedendo è che la Banca nazionale svizzera sta dimostrando di essere in una chiara crisi delle riserve in dollari.

Il 6 ottobre è stato aperto un contratto swap con la Federal Reserve, dell’ingente importo di 3,10 miliardi di dollari, con scadenza a 7 giorni e tasso di interesse del 3,33%.

Per dare un’idea, l’ultima volta che la Banca nazionale svizzera ha avuto bisogno di un’operazione di questo tipo per un importo simile è stato a novembre e dicembre 2008. Un momento di mercato piuttosto turbolento.

Da allora lo strumento è stato attivato molte volte, per importi però non molto importanti. Ad esempio si trovano in corrispondenza delle vacanze di Natale, quando gli svizzeri vanno in vacanza negli Stati Uniti e chiedono dollari alla loro banca, e la banca li chiede alla Banca nazionale svizzera, che adempie al richiesta tramite contratto di swap con la Federal Reserve, normalmente coincidente con la scadenza del 6 gennaio.

Il primo contratto swap è scaduto in data 13 ottobre. Ma il 13 ottobre, con una prenotazione già avvenuta il 10 ottobre, era già pronto un altro contratto swap da 6,27 miliardi di dollari, che evidentemente serviva a finanziare l’estinzione del precedente swap e a reintegrare ulteriormente le casse svizzere con dollari. Il che come capite è piuttosto grave.

Dunque queste dinamiche lasciano presagire che molto presto le banche centrali saranno costrette a sotterrare l’ascia di guerra contro l’inflazione, per tornare alla vecchie abitudini?

Chi può dirlo, ma un numero crescente di esperti di mercato e investitori spera un “pivot della Fed”, in cui la Fed sia costretta a cambiare rotta. Ma, se i verbali della riunione della Fed di settembre sono qualcosa su cui basarsi, la Fed sembra essere intenzionata a fare ciò che serve per ridurre l’inflazione. Chiaramente le banche centrali non sono preoccupate per il calo dei prezzi delle azioni, ma l’estrema volatilità o il rischio sistemico potrebbero cambiare la loro posizione.

La Fed e le altre banche centrali hanno sempre agito con decisione quando il sistema finanziario è a rischio. Ciò è accaduto dopo l’11 settembre 2001, durante la crisi nel 2008, e all’inizio della pandemia di Coronavirus.

Le azioni della banca centrale in questi momenti hanno spesso portato a un aumento dei prezzi delle azioni nonostante le condizioni economiche deboli. Se la volatilità del mercato iniziasse a minacciare il sistema finanziario, le banche centrali cambierebbero probabilmente il loro approccio e smetterebbero di aumentare (e forse anche tagliare) i tassi.

In più, ad avvalorare questa ipotesi, ci sono le dichiarazioni del segretario al tesoro americano Yellen che si è detta molto preoccupata dai livelli di liquidità nel mercato obbligazionario americano.

In tale contesto, dubito fortemente che la Fed resterà a guardare rischiando di compromettere la reputazione dei propri titoli di Stato e dunque presto potrebbe essere costretta a riattivare il programma di quantitative easing.

Al momento il tesoro degli Stati Uniti si è rivolto alle grandi banche, con la richiesta di fornire liquidità al mercato obbligazionario. Il denaro sarà fornito in larga misura dalla Fed attraverso le classiche operazioni di prestiti agevolati overnight.

Questa settimana usciranno nuovi rapporti trimestrali delle società di Wall Street e vista la situazione economica attuale è improbabile che siano chissà che positivi.

Questo è un elemento che gli investitori non hanno ancora prezzato: ossia il calo degli utili trimestrali nel caso in cui fossero sotto le previsioni.

Chi fa gli earnings questa settimana? Ad esempio

  • Tesla Inc
  • Johnson & Johnson
  • Netflix Inc
  • Procter & Gamble Co
  • AT&T Inc
  • Intel Corp

 

In tutto ciò, dobbiamo considerare che l’attuale contesto macro è fortemente deteriorato e che siamo ancora in pieno bear market.

Ma quindi?

Come investitori, se ci si concentra sul lungo termine, è importante assicurarsi che la maggior parte del portafoglio sia in società che possano effettivamente sopravvivere a una grave recessione, perché questa è sicuramente ancora una possibilità. Le società con buoni margini, poco indebitate e bilanci sani sono quelle che tendono a ottenere risultati migliori in situazioni come questa.

Tuttavia nonostante il quadro apocalittico, potremmo essere vicini a un relief rally, perché le condizioni potrebbe favorire a breve un classico contro movimento che potrebbe essere anche solo temporaneo, agevolato anche dalle azioni delle banche centrali ipotizzate in precedenza, riservando così piacevoli sorprese a chi è riuscito finora quest’anno a mantenere la calma.

Fonte: analisi dei mercati da parte del team di https://www.mytradingway.it/