Corte Ue conferma: Brexit può essere revocata. La Scozia di Nicola Sturgeon si prepara a storica vendetta
La Scozia di Nicola Sturgeon torna a sperare nel Remain, dopo la decisione della Corte Ue di confermare quanto disposto la scorsa settimana: se lo vuole, il Regno Unito può revocare unilateralmente l’Articolo 50, ovvero l’articolo del Trattato di Lisbona che, con la sua attivazione, dà il via al processo di uscita di un paese dell’Unione europea dal blocco. La notizia non è un fulmine a ciel sereno per i sostenitori dell’addio, ovvero del fronte Leave. Si sapeva da giorni che la Corte europea avrebbe, con una probabilità piuttosto elevata, ratificato quanto espresso dall’opinione non vincolante dell’avvocato del tribunale Campos Sánchez-Bordona, a seguito di una richiesta che era stata presentata da un gruppo di parlamentari scozzesi.
Tra questi, la parlamentare scozzese Catherine Stihler, ora esulta, affermando che la sentenza “apre la strada alla possibilità di dire alt al processo disastroso della Brexit“.
Stilher aggiunge: “Sappiamo, al di là di ogni dubbio, che Westminster può revocare il suo addio all’Unione europea. Questo è stato un processo legale lungo e costoso, ma il risultato dimostra che ne è valsa la pena”.
A questo punto, “quando i parlamentari si riuniranno (domani) per votare l’accordo di Theresa May sulla Brexit, sapranno che avranno il potere di scegliere di porre fine alla Brexit e di mantenere in vigore il migliore accordo di cui disponiamo, al momento, come membri effettivi dell’Unione europea”.
Dal canto suo, la premier scozzese Nicola Sturgeon sottolinea che la possibilità di estendere l’Articolo 50 per consentire un altro voto e poi revocarlo (l’articolo 50) nel caso in cui il risultato del secondo referendum fosse “Remain” (dunque rimanere nell’Ue) ora sembra una opzione aperta alla Camera dei Comuni.
Nicola Sturgeon commenta la decisione della Corte direttamente dal suo profilo Twitter.
So an extension of Article 50 to allow time for another vote, followed by revocation of Article 50 if the outcome is Remain seems to be an option that is now open to the House of Commons. #ECJ
— Nicola Sturgeon (@NicolaSturgeon) December 10, 2018
Tutto questo accade proprio alla vigilia del voto del Parlamento britannico sull’accordo sulla Brexit presentato da Theresa May. Domani, 11 dicembre, i parlamentari del Regno Unito decideranno se dire sì o no al piano di uscita dall’Unione europea stilato e firmato dalla premier britannica.
Piano già aspramente criticato che, se bocciato, potrebbe scatenare diverse conseguenze, tra cui le dimissioni della premier, il completo collasso del governo e anche, così come i sostenitori del Remain dicono da parecchio, un secondo voto sulla Brexit.
A quel punto, cadendo la testa di May, l’accordo sul divorzio dall’Ue che la premier ha raggiunto con i capi di Stato dell’Unione europea in via preliminare verrebbe ovviamente rivisto. L’intesa è frutto appunto della proposta di May, che si divide in “Withdrawal Agreement” (ovvero accordo per il ritiro, che stabilisce i termini del divorzio) e nel documento “Future Relationship”, che stabilisce il modo in cui gli UK interagiranno in futuro con l’Ue.
I parlamentari voteranno domani nella Camera dei Comuni dopo le 19 ora locale (le 20 ora italiana) di domani.
Qui il testo pubblicato sull’account ufficiale di Twitter della decisione della Corte Ue.
#ECJ: UK is free to unilaterally revoke the notification of its intention to withdraw from the EU – Case C-621/18 Wightman #Brexit pic.twitter.com/KUOI2eQ48C
— EU Court of Justice (@EUCourtPress) December 10, 2018
Nel riassunto del testo riportato dal Guardian si legge che la Corte “ha stabilito che, quando un paese membro ha notificato al Consiglio l’intenzione di ritirarsi dall’Unione europea, così come ha fatto il Regno Unito, lo stesso paese è libero di revocare quella notifica in modo unilaterale. Questa possibilità rimane in vigore per tutto il tempo in cui l’accordo di divorzio raggiunto tra il Regno Unito e quello stato membro non è entrato ancora in vigore o, nel caso in cui l’accordo non sia stato ancora raggiunto, per tutto il periodo di dfue anni dalla data della notifica dell’intenzione di uscire dall’Ue, inclusa ogni possibile estensione, non sia ancora scaduto. La revoca deve essere decisa a seguito di un processo democratico che rispetti i requisiti costituzionali della nazione. Una tale decisione inequivocabile e incondizionata deve essere comunicata in modo scritto al Consiglio europeo. Una tale revoca conferma che l’appartenenza di uno stato membro all’Ue rimane invariata riguardo allo status di stato membro, e decreta la fine della procedura del divorzio”.
Intanto, mentre i sostenitori del fronte Leave e della premier sottolineano che la sentenza della Corte di Giustizia europea non cambia sostanzialmente nulla, e che l’accordo che May ha siglato con Bruxelles è il più ragionevole per far diventare la Brexit realtà il 29 marzo del 2019, i commenti della premier scozzese Nicola Sturgeon fanno tornare alla ribalta gli storicamente sofferti rapporti tra l’Inghilterra e la Scozia.
Le tensioni sono ben espresse nella dichiarazione rilasciata da Michael Russell, membro del Partito Nazionale scozzese (SNP), segretario di gabinetto della divisione di relazioni costituzionali e business del governo scozzese:
“Si tratta di una decisione di enorme importanza, che dà chiarezza in un momento cruciale in cui il Regno Unito si appresta a decidere i suoi rapporti futuri con l’Ue. Il popolo scozzese ha votato per rimanere nell’Unione europea in modo schiacciante, e questa continua a essere la migliore opzione per la Scozia e il Regno Unito nel suo complesso”.
“Il giudizio (della corte Ue) – aggiunge Russell – mette in evidenza come sia falso credere che l’unica scelta sia tra il pessimo accordo negoziato dal governo britannico e un disastro no-deal. Ora sappiamo, grazie agli sforzi dei parlamentari scozzesi, che rimanere nell’Unione europea è una opzione che rimane sul tavolo”.
Ovviamente, sempre la Camera dei Comuni dovrebbe riunirsi per votare se revocare o meno l’Articolo 50. Ma i contrari alla Brexit, tra cui il magnate George Soros, possono ora affermare che, al di là di Westminster (che non è in realtà proprio poco), non ci sono impedimenti legali che possano fermare il divorzio.
Su Soros, il finanziere-filantropo aveva annunciato mesi fa il lancio di una campagna di finanziamenti volta a promuovere un secondo referendum sulla Brexit, entro un anno, al fine di salvare il Regno Unito da “un danno immenso”.