Notizie Notizie Italia Coppia Moscovici-Dombrovskis torna a fare paternale a Italia, ma richieste dopo elezioni Ue

Coppia Moscovici-Dombrovskis torna a fare paternale a Italia, ma richieste dopo elezioni Ue

5 Aprile 2019 14:39

Ottimismo incrollabile e granitico, quello del governo M5S-Lega, sulle potenzialità di ripresa dell’economia italiana, a dispetto della coppia Moscovici-Dombrovskis che, in occasione dell’Eurogruppo a Bucarest, torna a fare la paternale all’Italia. Oltre ai rimproveri, c’è però anche qualche rassicurazione.

Qualsiasi eventuale bocciatura o richiesta di Bruxelles all’Italia, in tema di conti pubblici, arriverà infatti dopo il Def, dopo le previsioni primaverili della Commissione europea e, soprattutto, dopo l’appuntamento cruciale delle elezioni europee.

“Avremo il Def, vedremo i dati per il 2018 e le previsioni precise per il 2019 e a quel punto, dopo le elezioni europee, vedremo quali decisioni prendere insieme al governo italiano”, ha sottolineato Moscovici, a fronte di un Dombrovskis severo, che ha messo in allerta l’Italia sulla necessità di ridurre il deficit e il debito pubblico.

In occasione della riunione dell’Eurogruppo, un assist importante al ministro Giovanni Tria – nel mirino del governo M5S-Lega soprattutto per il mancato decreto sui rimborsi ai risparmiatori truffati dalle crisi bancarie – è arrivato inoltre proprio da Moscovici, che ha definito il titolare del Tesoro “l’uomo giusto al posto giusto, al momento giusto”.  Aggiungendo che, “visto dall’Eurogruppo e visto dalla Commissione il ministro Tria è un attore solido, credibile, affidabile, che aiuta l’Italia, che sa discutere con i suoi partner europei”, e che “ha molto aiutato per l’accordo di dicembre (sulla legge di bilancio), che è un buon accordo per l’Italia”.

Dal canto suo, il ministro Tria ha commentato l’incontro con la coppia Moscovici-Dombrovkis sottolineando che, in particolare con Dombrovskis, si è discusso degli “obiettivi di crescita economica e di finanza pubblica dell’Italia, in vista della imminente presentazione del Def“.

Proprio per focalizzarsi sul Def, che dovrà essere pronto entro il prossimo 10 aprile, Tria ha deciso di far ritorno a Roma, e di non partecipare alla riunione dell’Ecofin, che si terrà nella giornata di domani.

“Il Def arriverà la prossima settimana”  e conterrà “obiettivi di bilancio chiari e l’inquadramento economico”, ha detto Tria all’Eurogruppo, aggiungendo che “ci saranno i numeri”.

Quali numeri? Anche Moscovici ha parlato del rischio crescita zero per l’Italia:

“Ovviamente l’Italia versa in una situazione particolarmente delicata, con la crescita che dovrebbe essere attorno a zero, secondo le cifre dello stesso governo”, ha detto il commissario Ue, facendo notare che c’è anche “chi prevede perfino un meno 02%” per il Pil italiano, riferendosi all’outlook dell’Ocse.

Paternale Moscovici-Dombrovskis, mentre arriva rivelazione shock Ue

Riguardo a quegli impegni che l’Italia è chiamata ad osservare, come tutti i paesi dell’Ue, vale la pena segnalare l’intervista del Sole 24Ore, uscita nell’edizione della vigilia, a Guy Abeille, il francese inventore del rapporto deficit-Pil al 3%, considerato soglia massima entro cui il deficit dei paesi membri dell’Unione europea devono attenersi.

“Basta deficit-Pil al 3%, ora usiamo gli immobili come leva della crescita”, è il titolo dell’intervista del giornalista del Sole 24 Ore, Vito Lops. A sorpresa, Abeille ammette:

“Se mi chiede se la regola adottata oggi in Europa e in altre nazioni del mondo, tra cui Israele, Malesia e Cina, secondo cui il deficit di un Paese non debba superare il 3% del Pil abbia basi scientifiche le rispondo subito di no”.

E “questo perché sono stato io a idearla, nella notte del 9 giugno 1981, su richiesta esplicita del presidente Francois Mitterand che aveva fretta di trovare una soluzione semplice che mettesse rapidamente un freno alla spesa del governo di sinistra che nel frattempo stava esplodendo. Così in meno di un’ora, senza l’assistenza di una teoria economica, è nata l’idea del 3%”.

All’epoca, Abeille era un funzionario del ministero del Bilancio della Francia.

Avevo 30 anni e la cosa era anche divertente. Purtroppo nessuna teoria economica supportava il lavoro. Ma dato che l’ordine arrivava dall’alto non potevamo fare altrimenti che metterci al lavoro. Esaminanno le voci di bilancio, spese, entrate, debito. E a quel punto arrivò l’intuizione: in macroeconomia tutto comincia e finisce con il Pil. Ecco quindi l’idea di rapportare il deficit al Pil“.

Ma perché si decise, chiede il giornalista Vito Lops, di fissare il target al 3% e non al 2% o al 4%?

“Quell’anno il Pil era di 3.300 miliardi e la spesa si avvicinava a 100. Il rapporto non era quindi lontano dal 3%. Ecco il perché della formula. Poi tra l’altro cadeva casualmente sul “numero 3”, che è noto al pubblico per vari motivi ed ha un’accezione positiva, si pensi alle Tre Grazie, ai tre giorni della resurrezione, le tre età di Auguste Comte, i tre colori primari, la lista è finita. Un numero magico, quasi sciamanico (…) Sin da allora ero però consapevole che legare il deficit al Pil era come dividere i cavoli con le carote“.

Intanto, sempre sul Def, il vicepremier Luigi Di Maio si mostra fiducioso sugli effetti del decreto crescita sull’economia italiana: “Il decreto crescita ci permette di disegnare nuove proiezioni del Pil e le conoscerete nel Def”.

Ma dall’Istat non arrivano indicazioni esattamente promettenti per il futuro dell’Italia. In una nota sul trend dell’economia italiana, l’Istat afferma che, nonostante alcuni segnali positivi, i dati congiunturali descrivono complessivamente una fase di debolezza dell’economia italiana.

Certo, l’indice della produzione industriale è tornato a mostrare segnali di vivacità, in presenza di un miglioramento degli ordinativi e la fase di stabilità dsul mercato del lavoro prosegue. Ma torna ad aumentare la disoccupazione. Inoltre, il reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici si è ridotto e il miglioramento dei consumi è stato raggiunto attraverso un’ulteriore flessione della propensione al risparmio.

Ancora, si conferma l’indebolimento della fiducia sia delle imprese sia dei consumatori. L’indicatore anticipatore ha segnato una flessione di intensità ridotta rispetto a febbraio, suggerendo un possibile cambiamento rispetto alla fase di contrazione dei livelli di attività economica manifestatasi negli scorsi mesi.