Conte non nasconde timore per i mercati, mentre si parla sempre più di crisi alla greca per l’Italia
Tra i vari appelli che il premier Conte ha lanciato, nel suo discorso di ultimatum lanciato ai vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio c’è anche quello di iniziare a utilizzare frasi, o meglio, parole univoche per la fiducia dei mercati. Forse anche perchè, tra i vari motivi, è da giorni che ovunque, anche all’estero, di Italia si inizia a parlare come di un paese che rischia di innescare “una crisi alla greca”, se non peggio.
Che si tratti dello spread alla greca di cui parla l’Huffington Post o del fatto che, come ha suggerito un report riservato di Goldman Sachs , l’Italia si stia confermando il pianeta più freddo del sistema solare dell’Unione europoea, ovvero Plutone, a fronte di una Grecia che si avvicina a essere Nettuno, la verità è che gli investitori iniziano a temere più i bond italiani che quelli greci.
Il paragone Italia-Grecia viene ripreso da diverse testate anche estere: “Italy Is Threatening to Repeat the Greek Debt Crisis—But With Higher Stakes“, scrive Fortune, ovvero: “l’Italia sta minacciando di ripetere la crisi del debito greco, ma con una posta in gioco più alta”.
“Bond Traders May Soon Fret More About Italian Debt Than Greece’s”, scrive Bloomberg, ovvero “I trader del mercato dei bond potrebbero essere spaventati presto più dal debito italiano che da quello della Grecia”.
E’ in questo contesto in cui i mercati tengono sotto osservazione l’Italia, che il paese ha bisogno di ritrovare quell’unione di governo – messa in realtà in dubbio già dalla sua nascita – necessaria per superare importanti e imminenti sfide.
Stremato dalle continue lotte intestine al suo esecutivo, il presidente del Consiglio lo sa e anche per questo prende le distanze dai toni polemici della retorica anti-Ue di Salvini , facendo cenno nel suo discorso ultimatum anche della prossima manovra:
“Dovrà assicurare un “equilibrio dei conti” perché “le regole europee rimangono in vigore finché non riusciremo a cambiarle”.
Quello che emerge dalla conferenza stampa di ieri è un Conte determinato a riprendere le redini di una situazione che gli sta sfuggendo di mano, e anche da parecchio tempo. La crepa che si è aperta con e dopo le elezioni europee ha reso però più urgente il suo intervento o, meglio, il suo aut-aut:
“Personalmente resto disponibile a lavorare nella massima determinazione di un percorso di cambiamento. Ma non posso compiere questa scelta da solo. Le due forze politiche devono essere consapevoli del loro compito – ammonisce il premier – Se ciò non dovesse esserci non mi presterò a vivacchiare per prolungare la mia presenza a palazzo Chigi. Molto semplicemente rimetterò il mio mandato”.
Rivolgendosi direttamente ai cittadini, il premier accusato di essere una marionetta nelle mani di Di Maio e di Salvini, sottolinea:
“Dobbiamo preservare il patrimonio di fiducia di cui ci avete investiti sin dal primo giorno. A voi tutti ho promesso che sarà il governo del cambiamento fino all’ultimo giorno. La durata non dipende da me ma sarà fino all’ultimo il governo del cambiamento: per chiarezza di intenti, trasparenza delle decisioni e chiarezza con cui perseguiremo il bene comune e i vostri interessi”.
Insomma, “M5S e Lega siano coerenti o mi dimetto”.
E’ ovvio che “ognuno interpreterà le mie parole”. Detto questo, continua il presidente del Consiglio, “io non le interpreto come una diffida ad tempus, non è questo il senso. La volontà di superare un clima conflittuale da campagna elettorale si vedrà nei prossimi giorni…. Possiamo aspettare qualche tempo, non mi si faccia dire una data, ma il paese non può attendere a lungo”.
E di fatto è questo il nocciolo della questione: l’Italia non può aspettare a lungo e sicuramente non può tirare a campare, visti gli appuntamenti cruciali che l’attendono.
A partire da quello della giornata di domani, con la Commissione europea che, molto probabilmente, annuncerà l’intenzione di chiedere al Consiglio di avviare una procedura di infrazione per debito eccessivo ai danni dell’Italia. La decisione, sottolinea il Sole 24 Ore, sarebbe stata praticamente presa e sarebbe in qualche modo inevitabile, se si considera che, “secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, la relazione della Commissione conterrebbe dati eclatanti sulle ripetute manchevolezze dell’Italia in questi anni. Per esempio, il divario nel 2019 tra obiettivo e previsioni nella riduzione del debito sarebbe del 9%”. Manchevolezze troppo evidenti perché la Commissione possa chiudere un occhio.
E non si tratta certo dell’unica sfida, se si considera come la dinamica dello spread sia arrivata a rovinare anche il decimo anniversario dell’indice benchmark di Piazza Affari, il Ftse Mib, reduce da un tonfo pari a -9% nel mese di maggio.
Tonfo provocato soprattutto dalle banche – e dunque dall’abbraccio mortale tra le banche e i BTP – i cui titoli sono affondati nell’arco di trenta di giorni di ben -18%.
Per contro, ha scritto ancora Il Sole 24 Ore, ” i BTp sono in una fase di forte volatilità: ieri hanno recuperato nell’ipotesi che il governo possa cadere o indebolirsi, ma rappresentano l’anello debole del debito dell’Eurozona. E si prospetta un’estate calda (tra giugno e luglio emissioni per 37 miliardi) e un autunno caldissimo, tra verdetti sul rating e prevedibili tensioni con la Ue sui conti”.
Certo, il fatto che i BTP abbiano guadagnato ieri sulla scia delle speculazioni di una caduta del governo la dice lunga sulla fiducia che i mercati hanno verso Conte & Co. Ma il premier vuole salvare la faccia a questo esecutivo sempre più in crisi, e nel suo discorso non lascia in panchina la questione della manovra per il 2020. Così come non manca di rimbrottare i due leader Di Maio e Salvini, laddove chiede parole univoche per i mercati.
Una “leale collaborazione significa”, spiega il premier, che quando lui e il ministro dell’Economia Giovanni Tria trattano con Bruxelles “le due forze politiche non intervengono ad alterare questa delicata interlocuzione”. Il premier frena anche le ambizioni di Salvini: più che sulla flat tax, pone infatti l’accento sulla necessità di avviare una “riforma complessiva” del sistema fiscale e della giustizia tributaria.
In Italia una crisi alla greca?
Sullo sfondo, Bloomberg presenta un grafico che mette in evidenza come la crisi italiana rischi di assomigliare sempre di più a una crisi greca: non quella di oggi, perchè la Grecia i compiti li ha comunque fatti, ma quella di un tempo, quella che scatenò la crisi dell’Eurozona. Il termometro di questo sentiment che aleggia sui mercati è rappresentato, come sempre, dai bond.
“Capital Economics prevede che i titoli di stato greci a 10 anni, che per la maggior parte di questo decennio sono stati intoccabili per molti investitori, renderanno meno dei titoli equivalenti italiani entro la fine del 2019. Ciò indicherebbe che i bond greci potrebbero diventare un asset più sicuro da detenere. E questo è dovuto al continuo scontro tra l’Italia e l’Unione europea, che sta innervosendo gli investitori, così come al miglioramento dell’outlook fiscale”.
Sul tratto a cinque anni, i bond greci sono diventati già più sicuri di quelli italiani. Già lo scorso venerdì i tassi sui BTP a cinque anni viaggiavano all’1,78%, più dell’1,71% dei tassi dei titoli ellenici a stessa scadenza”.
“Il debito italiano è meno sostenibile rispetto a quello della Grecia – ha commentato a Bloomberg Simona Gambarini, economista presso Capital Economics – Se la crescita dell’Italia dovesse deteriorarsi, le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito del paese probabilmente aumenterebbero, esercitando una pressione rialzista sui rendimenti”.
Nel mettere in evidenza come la crisi italiana possa diventare più preoccupante di quella greca che anni fa scosse il mondo intero della finanza, Fortune cita alcuni dati:
“Con più di 60 milioni di persone, l’Italia incide per il 18% sulla popolazione dell’Eurozona e per il 16% circa sul Pil. Il suo debito sovrano da 2,3 trilioni di euro è il terzo più grande al mondo dopo quello di Stati Uniti e Giappone, ed è dieci volte pari a quello che la Grecia un tempo deteneva. Anche in proporzione al Pil, il debito italiano è più alto ora, superiore al 132%, rispetto a quello della Grecia prima che la crisi greca esplodesse. E, sebbene gli investitori esteri detengano solo un quarto di quel debito, stando ai dati di Bankitalia l’economia italiana è strettamente intrecciata a quella del resto dell’Europa, specialmente a quella della Francia”.
L’articolo continua:
“Una eventuale uscita dell’Italia dall’Eurozona inizierebbe, con tutta probabilità, con la decisione della Bce di non accettare più i bond italiani a garanzia dei prestiti in euro. A quel punto lo stato emetterebbe una nuova valuta, sia per raccogliere le tasse che per pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti statali. Nel caso in cui una cosa del genere dovesse accedere, la dipartita dell’Italia dal blocco dell’area euro provocherebbe un caos decisamente maggiore in tutto il mondo rispetto a quello che potrebbe essere mai provocato da una crisi greca”.