Consiglio Ue: no di Conte a Fondo monetario europeo, mentre Bce striglia Italia su conti e pensioni
Il Consiglio europeo tanto atteso prende il via nella giornata di oggi, per concludersi domani, venerdì 29 giugno. Domani in calendario ci sarà anche l’Euro Summit (nella sua versione inclusive, con i 27 membri dell’Ue), dove si discuterà della riforma economica e monetaria dell’euro.
Se oggi in calendario ci sono temi come la crisi dei migranti – con i riflettori puntati sul futuro del regolamento di Dublino e lo stesso accordo su Schenghen – domani i leader europei si confronteranno così sulle misure-scudo che permettano al blocco di farsi trovare pronto a reagire, in caso di eventuali futuri shock economici e finanziari.
Preoccupazioni sulle condizioni di salute dell’Eurozona ci sono, in particolare per alcuni paesi. Tra questi c’è sempre l’Italia, con il suo debito pubblico elevato, e un governo che finora ha glissato sulle misure da prendere per mettere in riga le finanze pubbliche. Finora, almeno, visto che le ultime indiscrezioni segnalano che il ministro Tria non avrebbe affatto intenzione di approvare né il reddito di cittadinanza né il decreto dignità. E la flat tax sarebbe prevista solo per pochi.
Il fatto che l’Italia rimanga osservata speciale emerge anche dal bollettino della Bce pubblicato oggi: intanto, si legge chiaro e tondo che, secondo la Banca centrale europea, il considerevole aumento dello spread BTP-Bund è stato provocato dal contratto di governo M5S-Lega.
“Dopo aver riportato oscillazioni relativamente moderate nella prima parte del periodo in esame, i differenziali dei titoli di Stato italiani sono considerevolmente aumentati a seguito del 15 maggio, quando i mercati sono venuti a conoscenza dei dettagli contenuti nella proposta di programma avanzata dal nuovo governo“.
Da allora, si legge ancora, “le condizioni dei mercati dei bond sovrani sono rimaste volatili, con i differenziali dei titoli di Stato italiani ben al di sopra dei rispettivi livelli di aprile. E “anche i mercati dei titoli di Stato di altri paesi dell’area dell’euro sono stati in varia misura coinvolti”.
La parola Italia è comparsa nuovamente nel Bollettino economico della Bce, che comunque ha affrontato, ovviamente, anche questioni attinenti all’ inflazione in Eurozona e dunque, fortemente correlata, alla politica monetaria da adottare.
Il bollettino della Bce ha fatto infatti riferimento al “rischio elevato” che paesi come Italia e Spagna facciano “passi indietro” nelle riforme sulle pensioni (nel caso italiano, leggi riforma Fornero”. Ancora peggio, l’Italia è stata indicata tra i sette Paesi dell’area euro che quest’anno rischiano una “significativa deviazione” sui conti, rispetto a quanto è stato concordato con l’Unione europea.
“Secondo le proiezioni della Commissione europea – si legge nel documento – nel 2018 la maggior parte dei paesi che non hanno ancora raggiunto una solida posizione di bilancio non rispetteranno gli impegni previsti dal Patti di stabilità e di crescita”.
Consiglio europeo: Italia contro piano Fondo Salva-stati
Diverse sono le proposte, e altrettante sono le profonde divisioni tra i 19 stati dell’Eurozona.
A tal proposito, il premier Giuseppe Conte ha già detto la sua sull’intenzione condivisa da più paesi di trasformare il Fondo salva-stati in un Fondo monetario europeo, attribuendo così all’organismo poteri più ampi.
L’Italia è contraria a trasformare il fondo salva-Stati Esm in un Fondo monetario europeo che “finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti”, ha detto il presidente del Consiglio, presentando ieri alla Camera e al Senato la posizione del governo in vista del meeting.
“Siamo contrari ad ogni rigidità nella riforma del Meccanismo europeo di stabilità: soprattutto perché nuovi vincoli al processo di ristrutturazione del debito potrebbero contribuire proprio essi all’instabilità finanziaria, anziché prevenirla”.
L’Italia ha dunque una posizione opposta a quella della Francia e della Germania che, forti anche del sostegno dell’FMI, ritengono che il fondo debba essere dotato di poteri tali da poter condurre analisi di sostenibilità dei debiti, in vista di eventuali misure di ristrutturazione.
L’asse franco-tedesco vuole che il Fondo salva-stati faciliti, in particolare, il dialogo tra il paese in difficoltà e gli investitori privati sui termini di rimborsi dei bond sovrani: in tal senso, l’ESM dovrebbe essere rafforzato anche per intervenire in possibili bailout dei paesi dell’area euro. Berlino e Parigi, stando a recenti indiscrezioni rilanciate da Bloomberg, auspicano anche una nuova procedura di ristrutturazione del debito, che diventerebbe operativa nel momento in cui un paese in difficoltà fosse costretto a chiedere assistenza finanziaria all’ESM, il Fondo Salva-Stati.
L’obiettivo di Merkel e Macron sarebbe quello snellire la procedura, eliminando la doppia votazione, per ridurla a una unica in cui a esprimere i voti siano solo i detentori dei bond coinvolti in un eventuale processo di ristrutturazione. Ciò significa che chi è contrario ai termini stabiliti incontrerebbe maggiore difficoltà a vedere la sua posizione accettata, e sarebbe praticamente costretto ad allinearsi a quanto deciso dalla maggioranza.
Sempre l’asse tedesco è a favore dell’imposizione di soglie massime per lo stock dei crediti deteriorati, con una proposta che qualche giorno fa ha già fatto tremare i titoli delle banche italiane.
Ci sono poi anche altre proposte altrettanto importanti, che chiedono la creazione di un bilancio comune in Eurozona e passi avanti nel completamento dell’Unione bancaria.
Ancora, Francia e Germania propongono che l’Ue dirotti alcuni suoi finanziamenti all’interno di un paniere, che metterebbe a disposizione fondi da destinare agli investimenti nel blocco.
Tuttavia, se i francesi ritengono che tale fondo dovrebbe avere un valore di centinaia di miliardi di euro, i tedeschi sono per una cifra più bassa. Inoltre, contro un budget comune in Eurozona si sono scagliati ufficialmente 11 paesi, tra cui l’Olanda, attraverso una lettera con cui il piano franco-tedesco è stato bocciato.
Sull’Unione bancaria, proprio la scorsa settimana i ministri delle finanze dell’Eurozona hanno concordato che il Fondo salva stati dovrebbe garantire un meccanismo, tale da aiutare le banche a rischio fallimento, a fronte di costi minimi a carico dei contribuenti. Si parla di una linea di credito del valore di 55 miliardi di euro circa.
Molta carne al fuoco, dunque, nell’euro summit di domani. Ma le aspettative sull’esito del meeting sono piuttosto basse. D’altronde, come al solito i paesi del blocco non sono compatti.
In una email inviata alla Cnbc Ricardo Garcia, responsabile economista dell’Eurozona presso UBS, mostra tutto il suo scetticismo:
“Le aspettative sono basse, l’Eurogruppo non ha fornito nulla di nuovo la scorsa settimana, e ciò significa che non sarà presa alcuna decisione tangibile, al di là di dichiarazioni di intenti o accordi di principio”.