Commodity possibile sorpresa del 2018, servirà sponda di dollaro e inflazione. Il petrolio parte da basi molto solide
Più spazio alle commodity nel 2018. E’ il consiglio di Schroders che vede continuare nel corso del prossimo anno la ripresa dei prezzi delle materie prime, iniziata nel 2016 e andata in stand-by quest’anno. Tra i fattori in grado di sostenere la domanda di commodity ci dovrebbero essere la ripresa dell’inflazione e il possibile ulteriore indebolimento del dollaro. “Le prospettive strutturali per il dollaro appaiono deboli, mentre l’inflazione globale ha probabilmente ormai toccato il punto più basso”, asserisce Mark Lacey, gestore di portafoglio Global Energy & Precious Metals di Schroders che rimarca poi come i rapporti tra domanda e offerta sono sempre più positivi in alcuni mercati dell’energia, dei metalli e delle materie prime agricole.
Inflazione alle porte
Le commodity sono fuori dal radar degli investitori risultando sottopesate rispetto alle altre asset class. “Pochi hanno in portafoglio una vera copertura dal rischio inflazione – rimarca Schroders – con il miglioramento dell’outlook di mercato, è tempo di rivalutare l’esposizione su asset class che beneficiano dell’inflazione, proprio come le materie prime. In effetti, l’inflazione ha toccato il punto più basso. Il peso del debito globale resta elevato, mentre la crescita continua a essere estremamente sensibile rispetto a qualsiasi aumento reale del costo del debito stesso. Di conseguenza, le banche centrali dei Mercati Sviluppati saranno molto attente a non aumentare i tassi troppo rapidamente, e potrebbero così surriscaldare le rispettive economie”.
I tassi di interesse reali, un driver chiave del prezzo dell’oro per esempio, dovrebbero rimanere molto bassi e potenzialmente negativi, una volta che nel 2018 l’inflazione accelererà. Nel medio termine, secondo Mark Lacey di Schroders, governi e banche centrali andranno verso politiche fiscali del tipo “stampa e spendi”, nel tentativo di sostenere la crescita e placare il malcontento di molte popolazioni. Un cambiamento di questo tipo, se combinato con maggiori ostacoli nel commercio globale, sarebbe fortemente inflativo.
Dollaro ancora più debole
La forza del dollaro è stata molto negativa per le commodity durante il mercato ribassista finito a inizio 2016. Il forte deprezzamento nel 2017 segna probabilmente l’avvio di un nuovo mercato orso per la valuta se si considera l’aumento del bilancio e del deficit commerciale USA con l’estero, spinto dai tagli fiscali e dall’elevata spesa per la difesa e i sussidi. “All’orizzonte ci sono poi ulteriori disfunzioni politiche, e forse persino timori sulla capacità di far fronte al debito pubblico. Insomma, nel 2018 il dollaro debole probabilmente offrirà supporto alle materie prime”, conclude Lacey.
Scenario interessante per il petrolio
Per il petrolio, e l’energia in generale, le prospettive sono già migliorate significativamente. “E forse, ancora più importante – rimarca l’esperto di Schroders – i rischi per il prezzo del greggio sembrano indirizzati fortemente al rialzo. Dal lato dell’offerta, la produzione continua a sottoperformare le attese in molti Paesi, per la prima volta da molti anni. E dal lato della domanda, il consumo globale di greggio è davvero solido. Di conseguenza, le scorte dovrebbero fortemente ridursi nel 2018”. Per quanto riguarda i prezzi del gas naturale americano, l’outlook resta rialzista per l’anno prossimo, e non solo per la crescita strutturale della domanda.
Per molte materie prime agricole i fondamentali sono positivi. “I mercati del grano sembrano aver costruito un supporto significativo e molti prezzi di commodity soft probabilmente saranno sostenuti dalla crescita strutturale della domanda di lungo termine. A ciò si aggiungano i rischi per l’offerta legati alle condizioni meteo e al calo dei raccolti”. Per il 2018 Schroder rimane positiva sui metalli di base, dove vede il maggior potenziale per impatti sulla produzione: per esempio l’alluminio vedrà probabilmente un significativo calo dei tassi di crescita dell’offerta. Anche il nickel ha probabilmente raggiunto il punto di flesso rialzista di lungo termine. Al contrario, il rame e i minerali ferrosi sono i più esposti a potenziali rallentamenti della domanda nel 2018.
All’oro serve uno stop del rally azionario
Se l’euforia sull’azionario dovesse indebolirsi l’anno prossimo, Schroders ritiene che l’oro potrebbe beneficiarne significativamente: “I listini globali hanno guadagnato quasi $9.500 miliardi di capitalizzazione di mercato nel corso del 2017 e le valutazioni sono elevate. In un quadro di accresciuta volatilità geopolitica e finanziaria, il solido track record di oro e argento in quanto asset tangibili liquidi e facilmente trasferibili, considerati un bene rifugio, potrebbe essere sempre più sul radar degli investitori. Nonostante i buoni ritorni segnati nel 2016 e nel 2017, entrambi i metalli sono fortemente sotto-pesati e trascurati”. Nel lungo termine, secondo Schroders, rispetto alle attuali basse valutazioni, l’azionario aurifero dovrebbe sovraperformare il metallo giallo. L’attuale peso dei titoli auriferi nord-americani nello S&P 500 e nell’indice TSX è sceso a 0,6%, dopo aver superato il 2% nel 2012. Per mettere queste percentuali in prospettiva, i produttori nord-americani di oro hanno una capitalizzazione di mercato combinata inferiore ai 150 miliardi di dollari. Ciò sottolinea l’effetto scarsità di questi titoli nel caso in cui il mercato rialzista dell’oro dovesse guadagnare slancio.