Notizie Valute e materie prime Outlook 2018: rischio impennata della volatilità, Bitcoin e criptovalute solo nei portafogli dei più temerari

Outlook 2018: rischio impennata della volatilità, Bitcoin e criptovalute solo nei portafogli dei più temerari

19 Dicembre 2017 13:45

Il 2017 volge quasi alla conclusione è passerà alla storia come l’anno del Bitcoin e delle criptovalute in generale. La valuta digitale più conosciuta ha visto il proprio valore lievitare di oltre 20 volte nell’arco di 12 mesi e molti analisti vedono ancora un margine di crescita enorme con target fino a 100.000 dollari. Non mancano però i numerosi alert circa la forte rischiosità dell’investimento dopo il prepotente rally di questi ultimi mesi con la criptovaluta apostrofata da molti come una grande bolla.

L’outlook per il 2018 di van Eck, asset manager statunitense attivo sia nella gestione attiva che nel campo degli ETF, ritiene che le valute digitali abbiano ancora un potenziale interessante. “Le valute digitali sono una tecnologia rivoluzionaria in grado di cambiare profondamente lo status quo – commenta van Eck – ma per ora questa classe di asset si addice unicamente a essere inclusa nei portafogli più rischiosi”. “Il tema principale sul quale ci concentriamo attualmente è la governance. La questione è se le communities siano effettivamente in grado di controllare una banca dati proprio come fanno società private del calibro di Microsoft o Salesforce. Il sistema operativo Linux è quantomeno un esempio eclatante di come una soluzione di software open source possa funzionare”, argomenta Van Eck che nel 2017 attraverso la sua controllata MV Index Solutions (MVIS) ha lanciato sul mercato una famiglia di indici per le criptovalute. I nuovi benchmark replicano la performance di singole valute digitali e anche di interi gruppi.

Rischio legato alle scommesse sulla volatilità

Van Eck guarda con preoccupazione allo sviluppo della volatilità. Secondo una stima dell’hedge fund Artemis Capital, attualmente esisterebbero investimenti basati su aspettative di volatilità per un volume che sfiora i duemila miliardi di dollari USA. “È una cosa insolita: normalmente gli investitori non “giocano” così tanto con la volatilità. Ma, visti i bassi tassi d’interesse globali, si cercano opportunità un po’ ovunque, anche in investimenti sulla volatilità”, spiega Jan van Eck, ceo della società di gestione statunitense. Le opzioni put, ovvero investimenti su una fascia di oscillazione più ristretta sui mercati, sarebbero un modo per generare rendimento. Nel complesso, la volatilità è piuttosto bassa attualmente. Ma cosa accadrebbe se aumentasse improvvisamente? Van Eck avverte: da investimenti effettuati in previsione di ridotte oscillazioni di mercato, che in realtà dovrebbero avere un effetto calmante, risulterebbe esattamente il contrario, ossia un incremento accelerato della volatilità se gli operatori ritirassero il denaro da queste operazioni su opzioni. “Non possiamo prevederlo per il 2018, ma questi investimenti potrebbero rivelarsi controproducenti e scatenare effetti impensati. È un rischio da non sottovalutare”, conclude van Eck.

In generale per il 2018 van Eck ritiene pertanto che le azioni dei mercati emergenti siano un’alternativa accanto alle obbligazioni ad alto rendimento e sono proprio ciò che serve in un momento in cui la politica della Federal Reserve accentuerà nuovamente la pressione sui rendimenti nel 2018. “All’inizio del 2017 gli investitori sottopesavano i mercati internazionali e dei Paesi emergenti e non hanno ancora recuperato le posizioni perché temono di essere già in ritardo per partecipare alla festa. Tuttavia, noi pensiamo che sia destinata a proseguire ancora per anni. I mercati emergenti sono regioni popolose e l’economia è molto vivace”, conclude van Eck.