Chi fa smart working guadagna di più, fa meno Cig e ‘sente’ che non perderà il lavoro. Da remoto soprattutto le donne

Nella prima metà del 2020 oltre il 14% dei lavoratori del settore privato non agricolo ha lavorato da remoto; nel 2019 era meno dell’1,5%. L’incremento ha riguardato soprattutto donne, lavoratori di grandi imprese e specifici settori a mansioni più “telelavorabili” (in particolare informazione e comunicazione, nonché attività finanziarie e assicurative). E' quanto emerge da tre nuove pubblicazioni diffuse oggi sul sito della Banca d’Italia, della serie “Note Covid-19” di Bankitalia secondo cui il lavoro agile avrebbe contribuito a limitare le conseguenze negative della pandemia sulla domanda aggregata e sull’occupazione. In media i dipendenti in smart working hanno lavorato più ore (6%) e quindi guadagnato di più; parallelamente c'è stato meno ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG) rispetto a quelli che non hanno usufruito del lavoro da remoto. Inoltre, lavorare da remoto riduce di 10 punti percentuali la possibilità di essere collocati in cassa integrazione e di 3 punti quella, percepita, di perdere il lavoro nei successivi sei mesi.