Tutto in 9 minuti e telepatia sul prezzo: ecco tutte le anomalie nella cessione del 15% di Mps. La precisazione di Unicredit

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Nel risiko bancario che da ormai oltre sette mesi tiene banco in Italia non mancano certo i colpi di scena. Se tanti si aspettavano un round di M&A all’insegna di rilanci e controfferte, i contorni della battaglia per ridisegnare gli assetti del credito tricolore sono sempre più pieni di dispute con le autorità di controllo e bracci di ferro legali.
Il blitz in Banca Akros
Nel giorno in cui il Tar ha respinto la richiesta di Banco Bpm di annullare la sospensione per 30 giorni dell’Ops di Unicredit sull’istituto di Piazza Meda, è emersa la notizia dell’acquisizione di documenti effettuata dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf in Banca Akros la settimana scorsa, nell’ambito di un’indagine che la Procura di Milano starebbe conducendo su un presunto concerto in merito all’acquisto di azioni Mps. Al momento la Procura di Milano avrebbe iscritto nomi nel registro degli indagati e acquisito documenti da Banca Akros, senza tuttavia procedere a perquisizioni né formalizzare ipotesi di reato, sebbene si ipotizzino fattispecie come aggiotaggio o ostacolo alla vigilanza.
Nessun esposto di Unicredit
La mossa della procura, anticipata dal sito Lettera 43 e confermata all’Ansa da fonti giudiziarie, inizialmente era stata collegata a un esposto da parte di Unicredit. Ma un portavoce della banca ha precisato che Unicredit non ha presentato alcun esposto alla procura di Milano e neanche in relazione a Delfin e Caltagirone.
L’intrigo sulla cessione del 15% di Mps era già finito all’onore della cronaca e il Financial Times aveva riferito a dicembre che i principali consulenti del Tesoro, UBS e Jefferies, sono stati messi da parte e a gestire il collocamento è stata Banca Akros e che nel giorno del collocamento UniCredit aveva cercato di acquistare una quota del 10% in Mps, ma la chiamata degli emissari di Orcel ad Akros non ha ricevuto risposta.
Tutto in 9 minuti
Nel mirino c’è l’operazione controversa che ha portato alla la cessione del 15% di Monte dei Paschi di Siena da parte del Tesoro. Bisogna quindi spostare indietro le lancette di esattamente sette mesi: 13 novembre 2024, quando via XX Settembre affidò a Banca Akros l’incarico di allocare il 15% di Monte dei Paschi di Siena che andò rispettivamente a Banco Bpm (5%), Caltagirone (3,5%), Delfin (3,5%) e Anima (3%). A seguito dell’operazione, la partecipazione detenuta dal Tesoro nel Monte dei Paschi scende dal 26,7% all’11,7% circa.
L’operazione, avvenuta tramite una procedura di Accelerated Book Building (ABB), consente la vendita rapida di quote societarie a investitori istituzionali selezionati, senza obblighi pubblicitari. In teoria una pratica diffusa, ma nella sua applicazione concreta si sono verificate alcune anomalie segnalate oggi da un articolo del Corriere della Sera.
La prima riguarda proprio l’incaricato all’ABB, Banca Akros, merchant bank del gruppo Banco Bpm, che, a differenza di precedenti operazioni sul capitale di Mps (gestite da colossi come BofA, Citi, Jefferies e Mediobanca), non aveva precedenti esperienze su incarichi simili per dimensioni e rischio. La seconda anomalia è forse la più macroscopica: i soggetti invitati all’operazione furono soltanto quattro — Banco Bpm, Anima, Delfin e Caltagirone — che come detto si sono poi spartite l’intero pacchetto. Il precedente collocamento del marzo 2024, aveva invece visto l’offerta fu rivolta a decine di investitori istituzionali. In aggiunta, tutti e quattro i soggetti hanno stretti legami con il governo e con partecipazioni incrociate in Mediobanca e Generali, oggi al centro di una contesa finanziaria e politica su scala nazionale.
Cerchia ristretta e “telepatia” sul prezzo
La terza anomalia, intrecciata con la seconda, è l’assegnazione a soli 4 soggetti nonostante l’altissima domanda per il pacchetto Mps, andando di fatto a escludere gruppi percepiti come vicini a un’area politica opposta, come Unipol.
Infine, la quarta stranezza indicata dal quotidiano di via Solferino è la “telepatia” che portò tutti e quattro gli invitati offrirono il medesimo premio del 5% rispetto al prezzo di mercato, e lo fecero nell’arco di appena nove minuti. Premio sufficiente a “scongiurare eventuali polemiche su (s)vendite statali”, conclude il quotidiano.
Il disegno politico-finanziario di dare vita a un terzo polo bancario Mps-Bpm ha trovato poi l’intralcio dell’Ops lanciata poche settimane dopo, il 24 novembre, da Unicredit su Banco Bpm, apparentemente per contrastare il progetto del governo di costruire un terzo polo bancario. Mossa che ha comportato una reazione a catena con l’Ops di Mps su Mediobanca e il 28 aprile Mediobanca ha rilanciato con una propria Ops su Banca Generali, di cui Generali — partecipata da Mediobanca stessa — detiene il 50,17%.
Lunedì l’assemblea di Mediobanca
Ora tutti gli occhi sono puntati sull’assemblea di Mediobanca di lunedì, che dovrà approvare o respingere l’operazione su Banca Generali. Il fronte del no, capeggiato da Caltagirone e probabilmente sostenuto da Delfin, sembra essere ben strutturato. Secondo indiscrezioni riportate oggi da Repubblica, Unicredit avrebbe raccolto un 2% di azioni Mediobanca tramite clienti istituzionali, rafforzando la sua posizione per influenzare l’esito del voto.