Carige, aiuto Fondo Interbancario ora problema serio. Commissari chiedono maxi sconto su interessi schizzati al 16%

Tra i seri problemi che i commissari straordinari di Banca Carige devono risolvere c’è anche quello degli interessi che l’istituto dovrebbe corrispondere all’SVI (Schema Volontario di Intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi). Lo scorso 30 novembre l’SVI ha sottoscritto infatti un prestito subordinato da 320 milioni di Euro nell’ambito di un piano di rafforzamento patrimoniale della banca che avrebbe dovuto comportare, successivamente, una operazione di aumento di capitale. Operazione che poi non c’è stata in quanto osteggiata dalla famiglia Malacalza, socio di riferimento dell’istituto, con il 27,5% del capitale.
Nella nota diramata stamattina all’indomani del decreto del governo M5S-Lega, i commissari hanno confermato di aver incontrato i vertici dell’SVI e di aver formulato una proposta. Così si legge nel comunicato:
“Considerando la draft decision della BCE che ha accolto il Capital Conservation Plan dando tempo alla Banca fino al 31/12/2019 per rispettare in modo sostenibile i requisiti patrimoniali, i Commissari straordinari, accompagnati da Gianluca Brancadoro per il Comitato di Sorveglianza, hanno incontrato ieri i vertici dello Schema Volontario di Intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (“SVI”) formulando una proposta volta a porre le basi della ridefinizione delle condizioni del prestito subordinato di 320 milioni di Euro sottoscritto dallo SVI in data 30 novembre 2018, tali da garantire la sostenibilità nel quadro del piano industriale in corso di preparazione e della prospettata aggregazione”.
I dettagli della proposta, nel comunicato di Carige, non sono resi noti. Qualche anticipazione è stata resa nota dal Sole 24 Ore, nella sua edizione odierna. Nel far riferimento all’incontro che si è tenuto ieri tra i commissari della banca e i vertici dell’SVI, il quotidiano di Confindustria ha precisato che “la richiesta avanzata dai commissari è stata quella di un sostanziale dimezzamento del tasso (dal 16% all’8%) e di una parziale conversione del bond subordinato in una sorta di ‘finanziamento’, visto che andrebbe in una riserva in conto futuro aumento di capitale”.
Quegli interessi sul prestito subordinato sottoscritto dal Fondo di tutela dei depositi sono d’altronde una palla al piede piuttosto pesante per Carige, in quanto eccessivamente onerosi. Il Sole ricorda che “il bond in teoria doveva essere rimborsato con i 400 milioni dell’aumento di capitale, ma tutto è sfumato”, per l’appunto, con il no dei Malacalza. Il risultato è che gli interessi su quel bond, che avrebbe dovuto pagare una cedola annua del 13%, sono saliti al 16%.
GUARDA grafico alert per chi detiene questi bond Carige.
Il punto è che uno sconto del genere sui rendimenti, fino a un loro dimezzamento dal 16% all’8% non verrebbe sicuramente accolto con favore dal sistema bancario – sono altre banche italiane che, partecipando allo schema volontario, hanno sottoscritto infatti le obbligazioni – e richiederebbe soprattutto una nuova assemblea dello schema volontario, che dovrebbe dare la sua approvazione (niente affatto scontata) alla richiesta del maxi sconto.
Il punto però è che, come riporta Reuters, se i tassi rimanessero inchiodati al 16% attuale, il carico dei costi sulle spalle della banca crescerebbe di 51 milioni di euro in interessi annui da corrispondere, a detrimento del suo bilancio.
Cruciale sarà di conseguenza capire se le banche accetteranno o meno la richiesta dei commissari di tagliare in modo sostanzioso quegli interessi.
Nella nota odierna, i commissari di Carige hanno comunicato anche l’intenzione di chiedere l’attivazione della garanzia pubblica sull’emissione di obbligazioni messa a disposizione dallo Stato, con il decreto approvato ieri dal governo M5S-Lega. Decreto che da più parti è stato già ribattezzato come decreto salva banche dell’esecutivo giallo-verde, ovviamente in chiave polemica.
Stando a quanto emerge dal comunicato, i commissari hanno preso poi altre iniziative, come quella di “avviare una due diligence sugli NPE della Banca, che sarà condotta da primari operatori del settore, con l’obiettivo di una ulteriore drastica riduzione degli stessi (che segue quella di oltre 1,55 miliardi di Euro appena effettuata)”.
Obiettivo: “includere nel piano industriale una percentuale degli NPE compresa tra il 5% e il 10% del totale dei crediti” e consentire così a Banca Carige di posizionarsi anche “a di sotto del valore medio di sistema”, nell’ambito del processo di pulizia di bilancio che l’istituto ha già intrapreso.
I commissari hanno tenuto a precisare infine il significato dell’opzione che sta sollevando un boom di polemiche e di scontri verbali in queste ore tra simpatizzanti del governo M5S-Lega e non: l’opzione della ricapitalizzazione pubblica che, a quel punto, equiparerebbe Banca Carige a Mps, attraverso un intervento che più volte gli esponenti del governo attuale hanno criticato.
Il mantra del premier Conte & Co. era, di fatto, “no soldi pubblici alle banche”.
Se però per Carige non ci fosse a un certo punto più nulla da fase se non salvarla con una nazionalizzazione, l’esecutivo a quel punto ricorrerebbe allo strumento della ricapitalizzazione precauzionale, seguendo quel modello Mps tanto criticato.
La nota del governo al termine del Consiglio dei Ministri recita, infatti:
“In considerazione degli esiti del recente esercizio di stress cui la banca è stata sottoposta viene prevista la possibilità per Carige di accedere – attraverso una richiesta specifica – a una ricapitalizzazione pubblica a scopo precauzionale, volta a preservare il rispetto di tutti gli indici di patrimonializzazione anche in scenari ipotetici di particolare severità e altamente improbabili (cosiddetti scenari avversi dello stress test)”.
A tal proposito, i commissari straordinari hanno confermato come l’ipotesi, al momento, sia comunque del tutto residuale.