Carige, -3 giorni a rischio liquidazione. Dopo riforma Bcc la Ccb si prepara a entrare nel dossier. E c’è chi solleva dubbi
Dossier Carige: a che punto siamo? Il sito Adige.it, che sta seguendo in particolar modo la vicenda per la partecipazione al piano di salvataggio di Ccb (Cassa Centrale Banca), riporta che l’Fitd (Fondo interbancario di tutela dei depositi), la Ccb e i commissari di Carige (che gestiscono la banca da quando è stata commissariata dalla Bce all’inizio dell’anno0) “sono al lavoro per definire i dettagli del piano, su cui si respira un crescente ottimismo in ambienti bancari”.
In arrivo un punto di svolta? E’ sicuramente auspicabile che il punto di svolta arrivi, e anche subito, visto che la Vigilanza della Bce ha stabilito al 25 luglio (tra tre giorni) il termine di scadenza per la presentazione di un piano di salvataggio.
Il polo trentino delle banche di credito cooperativo sembra esserci. E, a tal proposito, in un articolo a firma Fabrizio Massaro un articolo del L’Economia del Corriere della Sera sottolinea che la presenza di Ccb è la prova di come le riforme aiutino.
Il riferimento è alla riforma delle banche di credito cooperativo voluta da Bankitalia, che è stata varata proprio per creare “una holding che fornisse un cappello (finanziario) ai vari crediti cooperativi”. Che agisse sostanzialmente come rete di protezione nel settore.
Nel caso specifico Ccb ha fatto ancora di più, presentandosi come “stampella finanziaria” di un istituto storico come Carige”. Con un “aiuto non da poco: si parla di 70-90 milioni di euro in un rafforzamento patrimoniale complessivo da 900 milioni, tra azioni e bond subordinati”.
A spingere Ccb nel dossier Carige sembra essere in primis l’espansione territoriale, visto che in Liguria, “per ragioni storiche, il sistema delle Bbc non si è mai sviluppato (….) Inoltre, secondo indiscrezioni, (Ccb) potrebbe sviluppare sinergie nel wealth management, grazie alla Cesare Ponti (banca private di Carige), e offrire all’istituto ligure il proprio sistema informativo”.
Ccb: operazione Carige senza consultare banche aderenti?
Sul sito di Cassa Centrale Banca si legge: Spinti dalla riforma del Credito Cooperativo, abbiamo deciso di lavorare a una sfida: un Gruppo costruito insieme e nell’interesse di tutti noi. Per continuare a contribuire alla crescita del nostro Paese, al benessere dei nostri territori, nel pieno rispetto della nostra identità cooperativa. Durante tutto il percorso, Il Nuovo NOI è stato nome, volto e voce del Gruppo in costruzione”.
Negli ultimi giorni si è parlato dell’intenzione del gruppo di partecipare al rafforzamento patrimoniale di Carige, calcolato in 900 milioni di euro, con “70-90 milioni di euro che il polo trentino potrebbe essere disposto a garantire”, come ricorda il sito Adige.it. Ma il gruppo dispone di una dotazione di capitale libero di 3 miliardi e potrebbe versare dunque anche di più.
Il suo diventare soggetto attivo nel salvataggio di Carige pone tuttavia alcuni interrogativi, che sono stati ben riassunti da Francesco Capriglione, professore ordinario di diritto dell’economia all’Università di Guglielmo Marconi di Roma, in un articolo pubblicato su Affari & Finanza, l’inserto di La Repubblica.
Capriglione fa notare che le notizie relative all’intenzione di Ccb di “acquisire una quota di Carige SPA confermano i timori relativi alla spoliazione dei poteri di governance delle Bcc causata dalla riformna della categoria introdotta dalla legge n.49 del 2016. E questo perchè l’intervento della Bcc in Carige comunque desta preoccupazioni – rileva il professore – nelle Bcc appartenenti al gruppo cooperativo”.
“In primo luogo – continua Capriglione – sorprendono le modalità con cui si è attivata la Cassa, la quale ha ritenuto di poter agire senza consultare preventivamente le banche aderenti al gruppo, decidendo in via autonoma una scelta strategica destinata a coinvolgere le Bcc partecipanti all’aggregato di cui essa è a capo (..) Si individua la temuta prospettiva di una eterogestione delle Bcc, le quali sono tenute ad accettare decisioni di governance che, nel mettere in dubbio la coerenza di dette scelte strategiche con i principi della cooperazione, di certo segnano un arretramento della categoria sul piano della loro originaria specificità funzionale, per certi versi mettendo a rischio la stessa sopravvivenza di qualche aderente al gruppo”.
Tra l’altro, “il cospicuo ammontare di risorse finanziarie necessarie per il risanamento di Carige lascia suppore che i soggetti all’uopo interessati dovranno farsi carica di un onere di considerevoli dimensioni“.
Cassa Centrale Banca è nata ufficialmente il 1° gennaio di quest’anno, confermandosi il primo gruppo bancario cooperativo nazionale, guidato dalla trentina Cassa Centrale Banca. Conta 11.500 dipendenti, 84 banche di credito cooperativo aderenti e un patrimonio netto di 6,7 miliardi.
Su come sta procedendo il dossier Carige, il sito Adige.it ha parlato della presenza di diversi ostacoli, tra cui il fatto che, finora, la famiglia Malacalza, azionista di maggioranza con il 27,55% del capitale, non si è espressa sulla necessità di varare un rafforzamento patrimoniale.
“Fonti a conoscenza del dossier riferiscono che senza questo impegno (dei Malacalza) il Fitd non andrà neanche a Francoforte a presentare il piano di salvataggio alla Bce. Ma non basta. Il fabbisogno complessivo per salvare Carige si attesta sui 900 milioni, 700 in capitale e 200 in obbligazioni subordinate. Il Fitd, oltre a convertire in capitale il bond subordinato da 320 milioni, dovrebbe mettere sul piatto altri 230 milioni, di cui 80-85 destinati a sottoscrivere direttamente l’aumento e fino a 150 per garantire l’eventuale inoptato della parte riservata ai soci. Vedendo così lievitare il suo contributo complessivo a 550 milioni”.
Ed è qui che entra in campo Cassa Centrale Banca che, in base ai rumor degli ultimi giorni, dovrebbe partire da una quota di capitale intorno al 10%, circa 70 milioni, per poi salire.
“Ma occorre la garanzia Fitd su tutto l’aumento dei nuovi soci, altrimenti c’è il rischio di rimanere da soli. Salvo arrivare a coprire tutti i 150 milioni, cosa che Ccb di per sé potrebbe fare – il gruppo ha un capitale libero di 3 miliardi – ma vorrebbe dire fare da subito un passo molto grande. Per non parlare del nuovo bond tier 2 da 200 milioni che dovrebbe essere sottoscritto dagli istituti a controllo pubblico Mediocredito Centrale e Credito Sportivo, che finora non hanno convocato il cda, e forse da altri investitori sul mercato. La stessa Cassa Centrale potrebbe valutare di investire nel bond, accanto alla quota in azioni”.
Insomma, mancano tre giorni al rischio liquidazione Carige. E ci sono ancora troppi punti irrisolti.