Notizie Notizie Mondo Cardillo (Spartan Capital Securities) su elezioni USA, economia e tassi Fed

Cardillo (Spartan Capital Securities) su elezioni USA, economia e tassi Fed

14 Marzo 2024 13:00

Alla luce dei dati sull’inflazione degli Stati Uniti, che hanno visto i numeri dell’indice Cpi headline per il mese di febbraio al 3,2% su base annuale e il dato core al 3,8%, entrambi sopra le attese degli economisti sono emersi più scenari per le future mosse della Fed. Le probabilità per un primo taglio dei tassi della banca centrale americana nel mese di giugno sono leggermente diminuite, ma ora spunta una nuova ipotesi, quella di effettuare solo due tagli dei tassi nel 2024 rispetto ai precedenti tre previsti dagli analisti.

Nello stesso tempo, il Presidente Joe Biden e l’ex Presidente Donald Trump hanno raggiunto il numero necessario di delegati per ufficializzare le loro nomination all’interno dei propri partiti, rispettivamente il partito Democratico e il partito Repubblicano. Abbiamo intervistato il capo economista di Spartan Capital Securities, Peter Cardillo per fare il punto sui grandi temi negli Stati Uniti.

Buongiorno Peter, volevo iniziare dall’economia americana, da una parte abbiamo visto l’inflazione leggermente al di sopra delle attese sia quella headline che l’inflazione core, (quella depurata dai beni volati come alimentari ed energetici). Ma non c’è stato un forte impatto sul mercato. Quali sono le vostre aspettative sulle mosse della Fed?

Innanzitutto direi che la ragione per cui il mercato non ha reagito negativamente dopo il dato sull’inflazione è stato perché il dato core su base mensile è rimasto quasi invariato e quindi vuol dire che questa inflazione che abbiamo visto negli ultimi due mesi (gennaio e febbraio) è transitoria e dunque questo è positivo. Io mi aspetto che con i prossimi dati per il mese di marzo vedremo un po’ di miglioramento diciamo sia nell’inflazione headline che quella core.

Certo diciamo che il dato di ieri ha sostenuto la tesi della Federal Reserve perché già da un bel pò di tempo sostiene che bisogna rimanere cauti, segnalando ai mercati che non intende tagliare i tassi nel mese di marzo, le previsioni ora sono per il mese di giugno.

Io penso che possiamo puntare su un taglio nel mese di giugno. L’unico scenario che potrebbe cambiare è in caso di inflazione persistente ed elevata, in quel caso, anziché di tre tagli, probabilmente ne faranno solo due.

I mercati scontano il primo taglio nel mese di giugno, ma che impatto potrebbe avere un taglio di 25 punti base, visto che poi gli effetti della politica monetaria, specie sui tassi, si vedono tra qualche mese forse anche tra due trimestri. Quindi perché aspettare fino a giugno?

Perché la Fed vuole essere sicura che l’inflazione non aumenterà da questi livelli e che continuerà a scendere.

Ci sono aspettative che l’inflazione possa ancora aumentare, visto che abbiamo osservato un calo della crescita dei salari e poi comunque?

Se guardiamo ai dati del lavoro della settimana scorsa, abbiamo visto che i salari orari sono aumentati praticamente in linea con l’aspettativa dello 0,3%, quindi sono leggermente sotto rispetto al mese scorso, che è un dato positivo. Il timore della Fed sono appunto i salari che continuano ad aumentare, un mercato del lavoro che rimane molto forte, che non vuole arrendersi, nonostante il fatto che l’economia americana continua a rallentare, nonostante il fatto che abbiamo visto tanti licenziamenti negli Stati Uniti. Ma il mercato del lavoro resta resiliente, che per me è una cosa quasi inspiegabile.

Volevo toccare anche il tema recessione. Gran parte degli economisti pensavano che sarebbe arrivata negli Stati Uniti verso la fine del 2023, alcuni dicono che potrebbe ancora esserci nel 2024 anche lo stesso Jamie Diamond, CEO di JP Morgan, è molto cauto, ha evidenziato che le probabilità di una recessione restano. Invece qual è il tuo parere su questo tema, insomma, siete riusciti a schivarla?

Innanzitutto io ero uno di quelli che pensava che ci sarebbe stata una recessione nel 2023. Non è successo, ma sono del parere che potrà ancora succedere e questo dipende dall’inflazione. Se l’inflazione rimane forte, la Fed sarà costretta di tenere i tasi di interessi elevati, e fare un solo taglio dei tassi nel 2024. E questo sarà un problema per l’economia americana, perché certamente avrebbe un peso sulle spese dei consumatori. Ad un certo punto, diciamo, queste spese elevate che abbiamo visto negli ultimi 6-7 mesi da parte del consumatore americano, potrebbe incominciare indebolirsi e quindi quella sarà, appunto, la scintilla per una recessione leggera.

Vorrei parlare anche del panorama politico, perché non si può non farlo nel senso che ieri Trump e Biden hanno raggiunto, il numero necessario di delegati per ottenere ufficialmente la nomination del proprio partito. Era forse un risultato già scontato e ampliamente prevedibile. Però sembra che i mercati, quest’anno, un pochettino, snobbano la politica, è una impressione o è così?

No, no, è così, hai ragione. I mercati in questo momento non stanno guardando la politica. Io direi che per il momento questo non sarà un driver di mercato e il vero peso sarà, appunto, l’andamento dell’economia e se ci sarà un cambiamento nella crescita degli utili, che per ora non abbiamo osservato. La politica potrebbe subentrare appunto verso settembre, ottobre di quest’anno. E poi bisogna riesaminare appunto sia uno che l’altro, i loro programmi. Se dovesse vincere Biden, probabilmente, ci troveremo di fronte ad una recessione che può, causare un risarcimento del mercato. Se dovesse vincere Trump, anche lì, c’è la possibilità di una recessione. Inoltre, la sua agenda potrebbe non essere così favorevole sulla questione tasse come abbiamo visto cinque anni fa. Dico questo perché giustamente non c’è spazio per tagliare le imposte personali e quelle societarie.

Il mercato dovrà concentrarsi sull’andamento dell’economia e degli utili, praticamente sui fondamentali. Non ci sarà un fattore speciale come abbiamo avuto appunto, quanto Trump ha vinto la prima volta.

Hai detto bene, Biden vuole alzare i tassi, Trump invece ha una politica di abbassamento dei tasi molto tipica per i repubblicani e la destra in generale. Però forse l’unica cosa che gli accumuna è che, in entrambi i casi, il debito pubblico americano, continuerà a crescere. Questa è una cosa che ti preoccupa in qualche modo?

Il debito è sempre un problema, è sempre una preoccupazione, però è da anni che cresce, non soltanto qui negli Stato Uniti, basta guardare altrove. C’è sempre una maniera in cui i governi possono affrontare il debito. Non siamo un paese del terzo mondo, almeno che noi ci troviamo di fronte a una situazione in cui il rapporto debito/pil superi abbondantemente il 125%, non credo che ci sia un rischio. Se invece dovesse materializzarsi questo scenario, certamente vedremo il dollaro cadere tra le nuvole e vedremo i tassi di interessi salire a non finire. Ma questo non è decisamente la nostra previsione.

Ultimissima domanda, vorrei focalizzarmi sui rendimenti e titoli di Stato USA e la continua inversione della curva dei rendimenti, che sta andando avanti da parecchio tempo, sto parlando del T-note biennale e il T-Note decennale, come bisogna interpretarlo?

Dal punto di vista fondamentale è anche dal punto di vista tecnico, è chiaro che indica una recessione.

Che poi non succede, quindi non si sa più se é un predicatore di recessione?

Direi che quello che abbiamo visto negli ultimi due, tre anni da questa parte sulla inversione della curva dei rendimenti è una cosa piuttosto fenomenale, non era mai successa prima. Di solito quando succede il 99.9% delle volte accade una recessione.