Notizie Notizie Mondo Brexit, economisti vedono impatto negativo su Pil e commercio

Brexit, economisti vedono impatto negativo su Pil e commercio

22 Febbraio 2017 14:20

La premier Theresa May ha intenzione di elevare la nazione britannica allo status di regina del libero scambio. Questo potrebbe avere conseguenze positive per il commercio del Regno Unito, secondo Economists for Free Trade. Gli economisti del gruppo britannico EFT, che hanno fatto campagna per il fronte del Leave prima del referendum sulla Brexit, prevedono un miglioramento delle attività in caso di messa a punto di una “politica ottimale” che veda un abbattimento drastico della tariffe doganali alle importazioni.

Non tutti gli economisti sono tanto ottimisti, tuttavia. Anzi. Il consensus degli economisti citati da Bloomberg è per un effetto prolungato negativo, che colpirà il Pil, i posti di lavoro e in parte anche il benessere dei cittadini britannici. Le ricadute della Brexit si sentiranno in particolare sul fronte del commercio, degli investimenti, delle assunzioni, dei prezzi al consumo e della domanda, con la City londinese che rischia di perdere il suo ruolo di hub finanziario di riferimento.

Per Oxford Economics le prospettive sono tutt’altro che positive. L’economista Andrew Goodwin è preoccupato per i cambiamenti alle politiche di immigrazione e parla di un impatto “distruttivo” sul commercio in caso di Hard Brexit, ossia un abbandono definitivo al mercato unico e all’unione doganale (assenza di dazi tra Stati membri) europei. “Il genere di intesa a cui mirano le autorità britanniche – giudica Goodwin – porterà a una distruzione delle attività commerciali. Ci riferiamo in particolare alla riduzione dei flussi migratori, che risulterà probabilmente in prospettive di crescita inferiori”.

Secondo il MIT il costo economico sarà addirittura pari a una perdita del 9,5% del Pil. Bloomberg Intelligence vede invece un valore piu’ basso del 2% da qui al 2021 per effetto della Brexit. Bloomberg Intelligence e PricewaterhouseCoopers sono meno pessimisti e ritengono che anche con un calo del Pil e delle attività commerciali, l’economia britannica farà meglio della maggior parte delle economie dell’Eurozona.

Il governo inglese punta a dare avvio ai colloqui per rinegoziare i patti commerciali con i partner europei a fine marzo, quando dovrebbe scattare il ricorso all’articolo 50 del Trattato di Lisbona. Per rispettare la tabella di Marcia l’esecutivo di Londra dovrà prima ottenere l’approvazione parlamentare definitiva del suo disegno di legge sulla Brexit. Per ora il testo che consente di invocare l’articolo 50 rimane intatto, ma nei prossimi giorni alcuni suoi aspetti potrebbe subire dei cambiamenti.

Il testo ha superato l’ostacolo della Camera dei Comuni e della Camera dei Lord, che dopo 20 ore di dibattiti ha dato il suo placet al piano, senza bisogno di una votazione. La prossima tappa prevede lo scrutino del disegno di legge in commissione, sempre alla Camera dei Lord, con la possibilità che siano proposte modifiche al testo. Gli emendamenti potrebbero essere avanzati da alcuni membri dello stesso partito conservatore al governo. L’articolo 50 stabilisce una durata di Massimo due anni per le trattative volte a definire le modalità di addio di Londra all’Ue.