Notizie Notizie Mondo Brexit diventa Brextinct: sconfitta storica di May a Westminster. Verso secondo referendum?

Brexit diventa Brextinct: sconfitta storica di May a Westminster. Verso secondo referendum?

16 Gennaio 2019 08:34

Brextinct al posto di Brexit. E’ questa la parola che campeggia su quasi tutti i principali quotidiani britannici, all’indomani della sonora bocciatura, da parte del Parlamento UK, della proposta sulla Brexit presentata da Theresa May.

I quotidiani si concentrano sulla portata storica della sconfitta e sulla mozione di sfiducia contro la premier britannica che sarà votata oggi.

La stampa britannica non fa nessuno sconto a Theresa May. C’è chi, come il Guardian, riprende anche il quadro ‘L’urlo’ dipinto dal pittore Edvard Munch per descrivere il caos politico in cui è precipitato il paese e in generale la politica.

E’ però il tabloid The Sun che si aggiudica la palma d’oro della prima pagina più creativa, trasformando la premier May in un uccello estinto, il dodo (noto anche come dronte).

Brextinct: ovvero estinzione della Brexit, diventa il nuovo termine coniato dalla stampa per descrivere la saga Brexit, e che furoreggia su Twitter e su altre piattaforme social. Forse il termine che meglio riassume la situazione di limbo in cui il paese rischia di rimanere invischiato per ancora, si teme, troppo tempo.

Come da attese, il Parlamento britannico ha bocciato sonoramente l’intesa sulla Brexit che Theresa May aveva raggiunto con Bruxelles: 432 i voti contrari rispetto ai 202 favorevoli.

Lo stacco di 230 voti certifica la sconfitta più cocente che un governo abbia mai dovuto incassare nella storia del paese.

Ben 118, inoltre, sono stati i deputati conservatori che hanno votato contro l’intesa.

Immediata la reazione di Jeremy Corby,  leader del Partito laburista, che ha presentato una mozione di sfiducia al governo Tory, parlando di “sconfitta devastante”.

Ma se May piange, Corbyn sicuramente non ride: a conferma di come la situazione sia fluida sono arrivate le indiscrezioni di Sky News sulla carica dei 100 parlamentari ribelli del partito Laburista, che si starebbero organizzando per premere per un secondo referendum sulla Brexit.

Così Beth Rigby di Sky News ha scritto in un tweet:

“Mentre May cerca di trovare un altro modo per realizzare la Brexit, mi viene riferito che fino a 100 parlamentari laburisti promuoveranno il #secondreferendum”. L’intenzione è di “fare pressioni affinché il leader del partito (Jeremy) Corbyn faccia del secondo referendum il suo piano B, nel caso in cui la sua mozione di sfiducia (contro il governo Tory) dovesse fallire”.

A tal proposito c’è da dire che Corbyn si è sempre mostrato a favore, piuttosto, di nuove elezioni politiche nel paese, mentre è stato evasivo sull’opzione di un secondo referendum.

Sicuramente, una tale opzione, darebbe ragione a chi oggi parla di Brextinct, decretando l’estinzione della Brexit, o di questa Brexit, intesa come divorzio del Regno Unito dall’Unione europea, che è stata decisa dal popolo in quella data che sembra essere stata quasi risucchiata dal buco nero della memoria, e che risale invece ad appena qualche anno fa: la data del 23 giugno del 2016, in cui i britannici si sono recati alle urne, e il fronte del ‘Leave’ (lasciare l’Ue) ha trionfato sul fronte ‘Remain’, rimanere.

Mentre i mercati guardano alla sterlina e anche all’attenti sul rating del debito UK che arriva da Moody’s, i cittadini del Regno Unito, dell’intera Unione europea e del mondo, si chiedono come e se i politici britannici riusciranno a sbrogliare la gigantesca matassa che essi stessi hanno creato.

Così il Guardian: “May soffre una sconfitta storica, con i Tory che le si rivoltano contro”.

Il quotidiano scrive: “Nel giorno del dramma straordinario che si è consumato a Westminster, la Camera dei Comuni ha emesso un verdetto devastante sull’accordo di May (..) La portata della sconfitta, quantificata in una maggioranza di 230 voti, è senza precedenti nell’era moderna del Parlamento, e ha visto Brexiter come Jacop Rees-Mogg e Boris Johnson percorrere l’ingresso del Parlamento a braccetto con i membri appassionati del Remain”.

Lo scenario Brextinct diventa più probabile se si considera che un recente sondaggio che è stato commissionato da People’s Vote e stilato da YouGov ha messo in evidenza che il 41% degli elettori del campione esaminato (25.000 elettori) ritiene che la decisione finale sulla Brexit debba avvenire con un secondo referendum, rispetto al 36% secondo cui l’ultima parola spetterebbe, invece, al Parlamento.

La voglia di sancire la fine e l’estinzione della Brexit, insomma, si starebbe facendo sempre più diffusa, anche se è necessario precisare che l’associazione che ha commissionato il sondaggio, People’s Vote, figura tra i gruppi attivisti che premono affinché nel Regno Unito venga tenuto un secondo referendum.

Detto questo, nel caso e caos Brexit è intervenuta anche la Corte di Giustizia Ue , che ha sentenziato praticamente che, se lo vuole, il Regno Unito può revocare unilateralmente l’Articolo 50, ovvero l’articolo del Trattato di Lisbona che, con la sua attivazione, dà il via al processo di uscita di un paese dell’Unione europea dal blocco.

Nel riassunto del testo riportato dal Guardian si legge che la Corte “ha stabilito che, quando un paese membro ha notificato al Consiglio l’intenzione di ritirarsi dall’Unione europea, così come ha fatto il Regno Unito, lo stesso paese è libero di revocare quella notifica in modo unilaterale. Questa possibilità rimane in vigore per tutto il tempo in cui l’accordo di divorzio raggiunto tra il Regno Unito e quello stato membro non sia entrato ancora in vigore o, nel caso in cui l’accordo non sia stato ancora raggiunto, per tutto il periodo di due anni dalla data della notifica dell’intenzione di uscire dall’Ue, inclusa ogni possibile estensione, non sia ancora scaduto. La revoca deve essere decisa a seguito di un processo democratico che rispetti i requisiti costituzionali della nazione. Una tale decisione inequivocabile e incondizionata deve essere comunicata in modo scritto al Consiglio europeo. La revoca conferma che l’appartenenza di uno stato membro all’Ue rimane invariata riguardo allo status di stato membro, e decreta la fine della procedura del divorzio”.

Altro punto, insomma, a favore dell’ipotesi Brextinct.