Brexit dall’esito incerto, ma l’Eurozona ne uscirà vincente (analisti)
Brexit o BrexIn?
E’ questo il quesito che oramai da settimane arrovella gli investitori internazionali che ogni giorno si sfidano a ipotizzare gli scenari più disparati sulle conseguenze del referendum inglese del prossimo 23 giugno. In tale data gli elettori britannici decideranno se rimanere membro dell’Unione Europea (UE) o uscirne.
Il risultato del referendum è essenziale sia per il futuro del Regno Unito, sia per quello dell’UE, precisa Mathilde Lemoine, Chief Economist del Groupe Edmond de Rothschild.
“L’eurozona sembra avere le carte in regola per uscire vincente dalla consultazione, qualunque sia l’esito del referendum. Infatti, anche se le questioni migratorie sembrano avere cristalizzato le tensioni tra Londra e Bruxelles, queste non sono che la parte emersa della posta in gioco in questa votazione. Nei negoziati avviati con gli altri capi di Stato e il governo dell’UE, il Primo Ministro britannico David Cameron ha raggiunto i propri obbiettivi su diverse rivendicazioni legate alla competitività, la sovranità o alla libera circolazione delle persone e il versamento delle prestazioni sociali ai migranti dell’UE” precisa l’analista.
Brexit, impatto ridotto. Pericoli per il sistema finanziario
Il Brexit è di per se destinato a generare nel Regno Unito un impatto economico e finanziario difficile da valutare “poiché David Cameron non ha tuttora rivelato nulla della politica che attuerebbe per attutirlo”. Secondo la Lemoine la Banca d’Inghilterra non mancherebbe comunque di entrare in scena, e l’impatto dovrebbe essere comunque limitato ad un potenziale -1% sul PIL britannico su base annua, e scomparire dopo tre anni. Il cambiamento di funzionamento dell’Eurosistema secondo l’esperta potrebbe modificare profondamente la struttura dell’economia brittanica.
Ipotizzando che che l’80% delle banche europee e il 50% delle banche non britanniche e non europee si trasferirebbero nella zona euro per svilupparvi le loro attività, il flusso potenziale di capitali in entrata nella zona euro sarebbe di 680 miliardi di sterline (860 miliardi di euro), ossia l’equivalente del 34% del PIL britannico e di almeno 8% di quello della zona euro.
Sterlina vera possibile vittima del Brexit
Con lo scenario sopra descritto, “l’euro potrebbe apprezzarsi del 34% nei confronti della sterlina. Il suo tasso di cambi effettivo reale, ossia contro un paniere di valute, aumenterebbe invece del 10-12%. Ma l’effetto negativo sulle esportazioni europee potrebbe essere limitato dalla BCE tramite nuove manovre non convenzionali, quali la riduzione del tasso di depositi. Secondo i nostri calcoli, il PIL della zona euro progredirebbe del 1.3% dopo due anni.
Se il Regno Unito rimane nell’UE, la zona euro potrà imporre una rilocalizzazione degli organismi di compensazione da aprile 2017. Ma prima di questo il destino europeo del Regno Unito rimarrà incerto, influendo negativamente sugli investimenti e la valutazione della sterlina, il cui apprezzamento nei confronti dell’euro potrebbe essere limitato a 4% e il tasso di cambio effettivo potrebbe rimanere di 8% inferiore al suo livello di lungo periodo”, conclude Mathilde Lemoine.