Brexit: Borse, sterlina, banche, titoli di Stato. Cosa succederà dopo il referendum del 23 giugno?
Fra una settimana esatta si conoscerà il risultato del referendum indetto il 23 giugno in Gran Bretagna per decidere se lasciare o meno l’Unione europea. I sondaggi mostrano esiti ancora molto contrastanti e il divario tra i due schieramenti, Remain e Leave (Restare o Lasciare la Ue) rimane molto contenuto. I timori di una Brexit, vale a dire di un’uscita del Paese di Sua Maestà dal blocco europeo, hanno scatenato una forte avversione al rischio già da alcune settimane, scombussolando i mercati (pesanti ribassi sulle azioni, rendimento del Bund per la prima volta nella storia sotto lo zero, balzo dello yen e dell’oro). Quali possibili conseguenze potrebbero delinearsi all’indomani del voto del 23 giugno? Una risposta arriva da IG, che ha redatto uno studio intitolato “Refendum Ue: sarà Brexit?” a firma dei due market strategist Filippo Diodovich e Vincenzo Longo. Riportiamo di seguito l’estratto riguardante i mercati.
Sulle Borse: Ftse 100 ed EuroStoxx50
Il concretizzarsi dello scenario Bremain eliminerebbe nelle mente degli investitori uno dei rischi più importanti di questo 2016. Il clima più disteso potrebbe dare un impulso importante ai mercati azionari, soprattutto europei, fortemente penalizzati nelle ultime settimane. Ci aspettiamo che nell’arco di poche settimane i listini europei possano salire del 10-15%. Questi valori a doppia cifra potrebbero essere sostenuti da un sensibile ritorno di appeal sul Vecchio continente da parte dei grandi gestori mondiali, dopo i continui deflussi registrati negli ultimi mesi. Contrariamente, una Brexit potrebbe aprire a un’estate molto calda sui mercati finanziari, con cali anche del 20%.
In particolare, il Ftse100 potrebbe ritornare sui massimi da ottobre a 6.500 punti nel caso di Bremain, mentre nello scenario contrario è possibile che la discesa lo riporti verso i 5.000 punti, minimi da fine 2011. L’indice EuroStoxx 50 potrebbe presto tornare ad aggiornare i massimi da inizio anno, a 3.170 punti in caso di permanenza, altrimenti le vendite potrebbero riportarlo verso 2.400 punti, livelli di fine 2012.
Sui cambi: sterlina in movimento
Il vero termometro della Brexit rimane senz’altro la sterlina. Nonostante il deprezzamento in atto da inizio anno, crediamo che la divisa britannica stia scontando ancora una probabilità superiore al 50% che il Paese rimanga nella Ue. Pertanto, ci aspettiamo che le vendite possano essere ancora molto importanti nel caso di Brexit. Nel caso di Brexit, il cambio GBP/USD potrebbe facilmente tornare verso i minimi del 2009, a 1,35, mentre nel caso di Bremain il cable potrebbe risalire sino ai massimi da inizio anno, a 1,48. Lo scenario potrebbe essere non molto diverso sul cambio EUR/GBP, le cui attese rimangono posizionate per una discesa verso a 0,73 nello scenario di permanenza, mentre nel caso di uscita il cross potrebbe tornare addirittura verso i massimi del 2013 a 0,88.
Banche centrali: BoE pronta ad agire
Nel caso si realizzasse la Brexit, la Bank of England (BoE) sarebbe la prima ad essere chiamata in causa. La prima preoccupazione per la BoE all’indomani del voto sarà quella di stabilizzare la divisa nazionale. A tal fine potrebbe intervenire direttamente sul mercato acquistando sterline e garantendo piena liquidità al sistema finanziario. Solo dopo aver stabilizzato la valuta potrebbero esserci misure volte a sostenere l’economia, come il taglio del tasso di riferimento, attualmente al minimo storico dello 0,5%, una riproposizione del piano di Quantitative Easing e l’eventuale reintroduzione del Funding for Lending Scheme. Allo stesso tempo, una vittoria dei Remain darebbe al governatore, Mark Carney, l’opportunità di rialzare i tassi d’interesse, soprattutto se la Fed dovesse agire a luglio. Entro fine anno i tassi d’interesse potrebbero essere portati così allo 0,75%. Tale circostanza potrebbe essere un catalizzatore per un apprezzamento della sterlina anche nel brevissimo termine.
Obbligazionario: favoriti i Gilt in caso di Brexit
Le accresciute incertezze economiche che emergerebbero da un’eventuale Brexit potrebbero spingere le agenzie di rating a rivedere il merito creditizio sul debito britannico. Standard&Poor’s potrebbe togliere così l’ultima tripla A al Regno Unito. I tagli del rating potrebbero essere di una o due noches. Nonostante il deprezzamento della sterlina e il taglio del rating sul debito, i Gilt potrebbero resistere alle vendite. Il risk off che si genererebbe, infatti, potrebbe fornire un supporto ai titoli di Stato britannici.
Banche le più vulnerabili
Le banche sarebbero di certo il settore più colpito in caso di Brexit. La City potrebbe perdere lo scettro di capitale finanziaria del Vecchio continente con costi molto importanti sul settore (si stima tra i 15 e i 20 miliardi di sterline). Non a caso, molti istituti avrebbero già pronto un piano B nel caso di Brexit, che prevedrebbe, tra l’altro, lo spostamento della sede all’interno di un Paese Ue. Proprio per questi motivi, i titoli del settore bancario potrebbero registrare performance ben peggiori di quelle del mercato, con l’indice EuroStoxx Banks che rimane in fondo alla classifica con una performance da inizio anno di -30%. Contrariamente, nel caso di uno scenario Remain, le banche dovrebbero essere protagoniste positive con rialzo atteso anche del 20%. Si tratterebbe, però, di un movimento destinato a non durare a lungo. Nel medio periodo, il contesto di tassi d’interesse bassi potrebbe continuare a pesare sulla redditività del settore.