Bitcoin vola oltre $14.000. Ma per Greenspan farà stessa fine del dollaro continentale
Il Bitcoin? Per l’ex presidente della Fed Alan Greenspan, rischia di fare la stessa fine del dollaro continentale. Dunque, con il “non valere più niente”. Il dollaro continentale risale al 1775, anno in cui iniziò la guerra di Indipendenza americana. Fu allora che il Congresso continentale iniziò a emettere il “Continental Currency”.
L’eccesso dell’offerta di moneta e il mancato coordinamento tra i singoli stati che continuarono a emettere biglietti di credito ne decretarono tuttavia la fine.
Il Congresso continuò a emettere infatti grandi quantità di dollaro continentale per finanziare la guerra, e l’offerta eccessiva di moneta in circolazione ne provocò il collasso, sancito nel maggio del 1781 con il suo ritiro.
La stessa fine, sottolinea Greenspan, farà il Bitcoin. E non importa che la criptovaluta abbia sfondato al rialzo, nelle ultime ore, anche la soglia di $14.000, balzando di 2.000 dollari in meno di 24 ore e segnando un rally del 1200% dall’inizio di quest’anno.
Secondo l’ex numero uno della Federal Reserve, il suo valore dipenderà da quanti Bitcoin saranno disponibili per soddisfare la domanda.
In ogni caso, “gli esseri umani comprano tanta roba che non vale niente”.
Oltre a parlare del Bitcoin, Greenspan ha sonoramente bocciato la riforma fiscale Usa, lanciando un allarme sul rischio di stagflazione. La riforma fiscale di Donald Trump farà tra l’altro, a suo avviso, molto poco per sostenere la crescita dell’economia reale degli Stati Uniti, mentre rischierà di far schizzare in alto l’inflazione:
Ci troviamo in una fase – ha sottolineato – in cui, se niente verrà cambiato, passeremo dalla stagnazione alla stagflazione, caratterizzata da un aumento significativo dell’inflazione e da uno squilibrio importante nell’economia, che è molto difficile riuscire ad anticipare in questo momento”.
Non è mancato il monito:
“Ricordatevi che i tagli alle tasse aumentano allo stesso tempo il deficit. E tutti i parametri di econometria che ho esaminato nel corso degli anni mi hanno fatto comprendere che, quando il deficit cresce, aumenta la domanda di finanziamenti e si toglie spazio agli investimenti nel capitale”.
Ma il punto è che “gli investimenti in capitali sono un elemento statistico chiave nella determinazione di quanto viene prodotto all’ora, ovvero nella determinazione della produttività”.