Bini Smaghi su schiaffo Ocse: ‘ridurre spread, reddito cittadinanza e quota 100 non aiutano’
La colpa è dello spread, e misure come quota 100 e reddito di cittadinanza non sono d’aiuto. Il verdetto arriva da Lorenzo Bini Smaghi, ex banchiere centrale presso la Bce, economista e presidente di Société Générale. Il suo giudizio su come sta performando l’economia italiana è inequivocabile:
“Se l’Italia è in coda alle previsioni dell’Ocse nell’Eurozona lo si deve allo spread elevato degli ultimi mesi, che riflette l’incertezza che ci circonda: ridurlo deve diventare una priorità assoluta, complicata ora da questo rallentamento”. Così l’economista italiano, in un’intervista rilasciata a La Stampa, commenta la pessima revisione al ribasso dell’ouloook sulla crescita italiana annunciata ieri dall’Ocse.
L’ente parigino ha fatto apparire le nuove stime di Bankitalia, dell’Fmi e della Commissione europea (nel caso delle prime due tagliate al +0,6% per il 2019, nel caso Ue downgradate da +1,2% ad appena +0,2%) perfino rosee, visto che la previsione è per una recessione nel 2019, pari a una contrazione del Pil di ben lo 0,2%.
Inutile trovare attenuanti: la verità è che il +1% stimato dal governo – che nella nota di aggiornamento al Def dello scorso anno, prima delle trattative con Bruxelles aveva previsto per il 2019 addirittura un’espansione dell’1,5% – appare sempre più come un miraggio, tanto che l’Unione nazionale dei consumatori ha fatto notare che, a suo avviso, probabilmente non ci crede più neanche il ministro Giovanni Tria.
Bini Smaghi punta sulla correlazione inversamente proporzionale tra lo spread e la crescita dell’economia:
“Finora lo spread è stato sottovalutato. Sbaglia chi pensa che la sua discesa a 250-260 sia una buona notizia. Quel livello continua a penalizzare banche e aziende”.
E sull'”anno bellissimo” del premier Giuseppe Conte, così come sulla manovra, non manca il monito:
“Col senno di poi, la manovra di bilancio avrebbe dovuto puntare su investimenti, pubblici e privati, invece che sulla spesa corrente come reddito di cittadinanza e quota 100, come peraltro aveva sostenuto il ministro Tria. E poi sarebbe dovuto evitare il confronto durato mesi con l’Ue, concordando da subito un disavanzo del 2%, invece del 2,4%“.
Il tutto in una situazione in cui il rallentamento è certo condizionato da fattori esterni come le “tensioni commerciali” e come “il cambiamento di modello di crescita cinese, meno dipendente dall’estero”.
Ma anche l’Europa – avverte Bini Smaghi – deve riequilibrare il suo modello, “basandosi di più sulla domanda interna”. E “in questo caso, chi ha creato spazio di manovra fiscale, riducendo il debito pubblico come ha fatto la Germania, avrà margini più ampi di azione”. L’Italia, invece, “non è riuscita a ridurre il debito, nemmeno negli anni in cui cresceva di più, e si trova ora con minore spazio di manovra fiscale”.
Sul reddito di cittadinanza? Bini Smaghi sottolinea come, a fronte dei benefici della misura, bisogna considerare anche gli effetti negativi: “Le previsioni dell’Ocse incorporano già questa misura, che come lo stesso governo italiano ha scritto nelle relazioni tecniche potrà incidere dello 0,2%-0,3%. Bisogna però chiedersi quale sia il prezzo di tali misure, in termini di spread e di mancato spazio di bilancio per il rilancio degli investimenti”.
Insomma, il verdetto è chiaro: “Se avessimo usato 7 miliardi anziché per il reddito di cittadinanza per investimenti, si sarebbero create più occupazione e più crescita” e con quota 100, “se non c’è una sostituzione uno a uno, l’occupazione si ridurrà, mentre aumenterà il peso della spesa pensionistica, a carico principalmente dei giovani”.
Tornando sullo spread, Bini Smaghi sottolinea che, “esaminando come è composto il differenziale, circa 100 punti sono dovuti al rischio di ristrutturazione del debito, 50 al rischio di uscita dall’euro, che i mercati temono ancora. Bisogna ridurre questa paura, cominciando a rispettare i patti presi non solo sulla Tav ma anche sulle regole esistenti”.
Occhio intanto al dato relativo al Pil dell’Eurozona, pubblicato oggi, che ha messo in evidenza che, nel quarto trimestre del 2018, l’area ha segnato una crescita dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell’1,1% su base annua. Italia e Grecia sono gli unici due Paesi dell’area euro in cui il Pil ha sofferto una contrazione (-0,1% in entrambi i casi), mentre il Pil tedesco è rimasto piatto. I 12 mesi del 2018 si sono chiusi con un aumento del Pil dell’1,8 per cento nell’area euro e dell’1,9 per cento nell’Unione europea.
Ieri l’Ocse ha annunciato di aver rivisto al ribasso le stime sul Pil italiano dal +1,1% a -0,2%.
In generale, sono state riviste al ribasso le stime dell’intera economia globale, e per la seconda volta negli ultimi mesi. L’organizzazione ha tagliato l’outlook sul Pil globale di 0,2 punti percentuali per il 2019, al 3,3%, e di 0,1 punto percentuale, al 3,4% per il 2020.