Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Bce: ansia tassi con inflazione e banche più severe

Bce: ansia tassi con inflazione e banche più severe

2 Maggio 2023 13:38

Countdown Bce: dopodomani, giovedì 4 maggio, la Bce di Christine Lagarde annuncerà la propria decisione sui tassi dell’Eurozona, in un contesto in cui l’inflazione continua a rimanere ostinata e il rischio recessione mette ansia al mondo intero.

L’inflazione dell’area euro, di fatto, non sta scendendo in linea ai desiderata dell’Eurotower, tutt’altro.

Allo stesso tempo, oggi la stessa banca centrale europea ha pubblicato un rapporto, da cui emerge che le banche stanno diventando sempre più severe nell’erogazione dei crediti.

I numeri sull’inflazione sono stati pubblicati oggi, ad appena due giorni dal BCE-Day e forse, per non creare caos sui mercati, Lagarde eviterà di aumentare il costo del denaro in modo aggressivo.

Ma il rischio “higher for longer” . L’inflazione headline, infatti, è tornata a salire, seppur in modo decisamente contenuto.

Inflazione euro +7% ad aprile, lieve dietrofront per dato core

L’Eurostat ha reso noto per la precisione che l’inflazione dell’Eurozona misurata dall‘indice dei prezzi al consumo è salita ad aprile del 7% su base annua, poco al di sopra del ritmo di crescita annuo di marzo, che era stato pari al 6,9%.

Si tratta comunque di un aumento, che spezza l’illusione che il trend dei prezzi, nell’area, fosse orientato finalmente al ribasso.

Andando a vedere nel dettaglio il dato, i prezzi dei beni alimentari, bevande alcoliche e tabacchi ha rallentato il passo, con il ritmo di crescita annuo che si è indebolito dal +15,5% y/y di marzo al +13,6%.

I prezzi energetici sono invece saliti, in misura comunque modesta, appena pari a +2,5%: un aumento irrisorio, se si considera che, nell’aprile del 2022, sulla scia dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il trend era stato di un balzo pari a +37,5%.

Va inoltre detto che l’inflazione core, ovvero il CPI depurato dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni alimentari e dei carburanti, si è affievolita anch’essa, riportando una crescita pari a +5,6%, rispetto al +5,7% di marzo. Per la prima volta in dieci mesi, l’inflazione core si è finalmente indebolita.

Stiamo parlando tuttavia di un tasso di inflazione ancora troppo alto, contro cui la Bce si batterà di nuovo con una ennesima stretta monetaria, che farà la sua comparsa questa settimana.

Inflazione ora sostenuta da domanda? Il commento di ING

Nel commentare i numeri dell’Eurostat relativi all’inflazione Carsten Brzeski, global head of macro di ING, si è così espresso:

“Nel corso dell’ultimo anno l’inflazione dell’Eurozona, che inizialmente si era presentata come un problema che riguardava l’offerta, è diventata un problema che riguarda la domanda”. Fattore, secondo Brzeski di ING, che sta dando ragione ai falchi dell’Eurotower.

“Questo è un chiaro invito alla Bce a continuare ad alzare i tassi – ha fatto notare l’economista – Sebbene ci sia davvero poco che la banca centrale possa fare per abbassare i prezzi o per fermare la guerra, c’è molto può fare per evitare che ci siano troppi soldi diretti verso troppi pochi beni: ovvero, affossare la domanda. Ed è esattamente quello che la Bce continuerà a fare giovedì”.

Motivo: “La Bce non vuole ripetere l’errore commesso in passato di sottovalutare l’inflazione e, di conseguenza, dimostrerà di voler andare anche troppo lontano, anche se questa decisione dovesse rivelarsi errata”.

“L’unico interrogativo – ha continuato Brzeski – è se la Bce opterà per un aumento di 25 punti base o di 50 punti base. Là fuori, soltanto il banchiere centrale austriaco Robert Holzmann chiede una stretta di 50 punti base. Gli altri falchi, come Isabel Schnabel, hanno lasciato di recente la porta aperta all’opzione di 50 punti base, pur non appoggiandola in modo ufficiale”.

Di conseguenza, l’outlook di ING rimane di un “rialzo dei tassi di 25 punti base nella giornata di giovedì”.

Il punto però è quanto Lagarde e i suoi decideranno di concentrarsi più sulla crescita dell’inflazione che sull’indebolimento dei fondamentali.

Per Brzevski, “i dati sull’inflazione persistente rimarcano in modo chiaro la necessità che la Bce continui ad alzare (i tassi) ma, dopo la pubblicazione, la scorsa settimana, del dato relativo al Pil dell’area euro – con l’economia italiana che ha fatto chiaramente meglio dell’area l’outlook di strette monetarie più contenute e graduali si è rafforzato”.

Banche più severe nell’erogazione dei crediti

Oltre al deterioramento dei fondamentali dell’economia dell’Eurozona, c’è un altro fattore che richiede che la Bce sia più cauta nella sua battaglia contro l’inflazione, per quanto determinata a portarla aventi. Si tratta dei prestiti delle banche dell’area euro, i cui dati sono stati snocciolati oggi dalla stessa Eurotower.

I dati hanno indicato una crescita e una domanda dei prestiti deboli e, in sostanza, una stretta al credito.

I numeri hanno messo in evidenza come gli istituti di credito stiano, se non chiudendo, aprendo di meno i rubinetti del credito.

Non solo: a fronte di un aumento delle rate sui mutui e di altri rialzi dei costi dei finanziamenti, la stessa richiesta di prestiti si sta azzoppando.

In dettaglio, nel corso del primo trimestre del 2023  – si legge nel rapporto della Bce -“le banche dell’area euro hanno irrigidito ulteriormente i loro standard sul credito (ovvero, le linee guida interne delle banche o i criteri per l’approvazione dei prestiti)” erogati alle famiglie e alle imprese”.

Il risultato è che la “percentuale delle banche che sono ricorse a un irrigidimento degli standard sul credito è stata più alta in modo significativo rispetto a quella delle banche che hanno allentato” gli stessi standard. E ciò che è peggio è che, considerando la serie storica, “il ritmo di irrigidimento netto degli standard per l’erogazione dei crediti è rimasto ai livelli record dalla crisi dei debiti sovrani esplosa nel 2011 in Eurozona”.

Da un lato, va detto, regole più rigide per decidere a chi e come erogare i crediti rendono le banche più affidabili, proteggendole dal rischio di un nuovo aumento dei crediti deteriorati, o NPL.

Detto questo, il risultato è che il credito fluisce in modo molto meno fluido all’interno dell’economia, a danno di imprese e famiglie.

Non per niente, il fatto che “l’irrigidimento sia stato più forte di quanto le banche avessero previsto nel trimestre precedente indica un persistente indebolimento nelle dinamiche dei prestiti”, in un contesto in cui proprio le “percezioni del rischio da parte delle banche” sono state il fattore che ha contribuito in modo più significativo all’inasprimento degli standard.

I numeri annunciati invitano la Bce a non forzare troppo la mano nella sua lotta contro l’inflazione.

Dall’altro lato, tornando alle novità di oggi, spaventano sicuramente i numeri sull’inflazione dell’Italia.

L’Istat ha annunciato che, nel mese di aprile, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, ha segnato infatti un aumento dello 0,5% su base mensile e dell’8,3% su base annua, rispetto al +7,6% di marzo.

Non si tratta certo di numeri che invitano la Banca centrale europea a deporre le sue armi contro la piaga dell’inflazione. Il dilemma per Lagarde & Co è ancora vivo, con la differenza che stavolta la recessione sembra più vicina. E non solo in Europa.