Banche venete: decreto scongiura bail-in. Dallo Stato oltre 5 miliardi a Intesa SanPaolo. Rally titolo
Banche venete salve dal bail-in con l’intervento dello Stato, ma anche di Intesa SanPaolo, che acquisisce le attività performanti di entrambi al prezzo simbolico di 1 euro.
I mercati apprezzano la strada della liquidazione coatta amministrativa per i due istituti e soprattutto la strategia di Intesa SanPaolo.
In avvio di seduta, il titolo della banca italiana, che acquisirà la good bank che nascerà dalla liquidazione, mette a segno un rally del 4% circa, che mantiene nel corso della mattinata. L’azione sale fino a 2,72 euro. Da segnalare che Intesa SanPaolo ha guadagnato +2,10% in un mese, +10,57% in sei mesi, balzando di oltre +55% in un anno.
L’operazione ha avuto il via libera di Bruxelles dopo che venerdì scorso la Bce aveva diramato una nota in cui affermava che le due banche “sono fallite o vicine al fallimento”.
Così la Commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, ha approvato la soluzione sfornata dalla regia del Ministero dell’economia e delle finanze, frutto di trattative febbrili tra il governo italiano, le autorità europee e Intesa SanPaolo:
“La Commissione Ue ha approvato le misure italiane per facilitare la liquidazione di BPVI e Veneto Banca in base alle norme sull’insolvenza. Queste comprendono la vendita di alcune attività che saranno integrate ad Intesa Sanpaolo. I depositi restano pienamente protetti. I detentori di debito senior non dovranno contribuire al burden sharing”.
No bail-in, ma neanche ricapitalizzazione precauzionale
Le trattative che il ministro Pier Carlo Padoan ha portato avanti con le autorità europee hanno dato i risultati sperati.
Per Popolare di Vicenza e Veneto Banca, il bail-in non ci sarà. Tutti i correntisti – dunque anche quelli con depositi superiori a 100.000 euro, che in caso contrario avrebbero dovuto partecipare alle perdite – sono al sicuro. Così come sono al sicuro i detentori delle obbligazioni senior.
Il procedimento con cui Padoan è riuscito a sventare il bail-non è tuttavia quello della ricapitalizzazione precauzionale.
Il rifiuto delle principali banche italiane a una soluzione di sistema e, dunque, a partecipare a una colletta per raccogliere quegli 1,2 miliardi di capitali privati considerati dall’Ue condizione sine qua non per la ricapitalizzazione precauzionale, ha costretto infatti il governo a cercare una soluzione alternativa: quella della liquidazione coatta amministrativa. Una soluzione che, tra l’altro, è prevista anche espressamente dall’articolo 6 della Comunicazione della Commissione europea sugli aiuti di Stato in ambito bancario del 2013.
Per banche venete liquidazione coatta amministrativa
Tale disposizione legislativa, oltre a contemplare l’intervento pubblico straordinario, sposta la gestione della crisi al diritto italiano.
Il fondamento giuridico della liquidazione coatta amministrativa non sarà infatti la direttiva BRRD – quella della risoluzione delle banche, che contempla sempre la liquidazione, ma con bail-in.
Nel caso delle banche venete, la procedura si atterrà al corpus legislativo italiano, esattamente all’articolo 80 e seguenti del Testo Unico Bancario.
Operativamente, come verrà gestita la crisi? Tutto è stato stabilito con un decreto, la cui emanazione era prevista per la giornata di sabato, e che è avvenuta invece ieri.
Serrate le tratttative tra Intesa SanPaolo, le autorità europee, e il governo. Alla fine, il decreto ha visto la luce. “Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. (17G00115)”.
Banche venete: decreto 5,2 miliardi. Può salire fino a 17 mld
La via scelta è quella della separazione delle due banche tra asset performanti e non performanti, ovvero rispettivamente tra good bank e bad bank.
Il governo mette subito a disposizione risorse per 5, 2 miliardi. E’ dunque questo, in via ufficiale, il costo dello Stato e, di conseguenza, dei contribuenti.
Tale cifra sarà devoluta a Intesa SanPaolo: di questi, 4 miliardi e 785 milioni al fine di adeguare, in base a quanto precisato dal ministro Padoan, “i ratios patrimoniali di Intesa” legati all’acquisto delle good bank delle due venete e per affrontare “i processi di ristrutturazione”.
Per la precisione, 4,875 miliardi saranno un anticipo cassa e includono fino a 3,5 miliardi di sostegno finanziario a Intesa Sanpaolo, che sterilizza gli effetti sui coefficienti patrimoniali a seguito dell’acquisizione e 1,285 miliardi alle banche in liquidazione per gli oneri di ristrutturazione in capo al personale.
Altri 400 milioni il governo li impegna subito per la garanzia sui crediti in bonis che Intesa acquisisce e su cui sarà avviata la due diligence.
In poche parole è lo Stato che si fa carico dei rischi di Intesa SanPaolo. E non solo con 5,2 miliardi di euro.
Ci sono infatti 12 miliardi aggiuntivi in qualità di “risorse mobilizzate dallo Stato”, fino a un massimo di 17 miliardi totali.
Banche venete: Padoan spiega i 12 miliardi aggiuntivi
Sulla cifra potenziale complessiva di 17 miliardi (ufficiali 5,2 miliardi +12 miliardi di risorse mobilizzate), Padoan stesso afferma che lo Stato mette a disposizione in teoria per l’intera operazione un “ammontare complessivo massimo che più o meno è di 12 miliardi aggiuntivi”.
In particolare, di questa cifra, si prevede “fino a un ammontare massimo di 6 miliardi e 300 milioni” di possibili risorse aggiuntive per quei crediti delle banche venete che sono in apparenza in bonis, ma che potrebbero rivelarsi deteriorati. Padoan sottolinea:
“Può darsi che vista la ristrettezza dei tempi, alcuni di questi titoli di credito che fanno parte del pacchetto di Npl acquisiti risultati di qualità non aderente a quella che viene adesso contabilizzata”.
Il ministro ha detto anche che un’altra voce compresa nella cifra potenziale di 12 miliardi si riferisce a “crediti fino a 4 miliardi che sono ad alto rischio, ma in bonis. Essendo ad alto rischio è possibile che ci siano delle “evoluzioni che peggiorino la qualità di questi crediti, sempre in linea teorica”.
Spiegata così la natura teorica degli altri 12 miliardi che, sempre in via ‘teorica’, porterebbero il costo dello Stato a 17 miliardi.
Banche venete: cosa succede ai bond subordinati
Padoan ha spiegato anche che ci sarà un rimborso al 100% per i detentori retail dei bond subordinati, a cui contribuirà con una quota del 20% la stessa Intesa SanPaolo.
Previsto un rimborso al 100% dunque anche di questa categoria di bond, ma solo nel caso dei retail. In tutto, il valore delle obbligazioni subordinate è di 180 milioni per i bond acquistati dai piccoli investitori e di 1 miliardo circa di bond in mano agli investitori istituzionali.
L’ammontare complessivo è dunque di 1,2 miliardi di euro, “spalmati su 14 emissioni delle due banche”, come spiega Il Sole 24 Ore.
Cosa succede a correntisti e azionisti
Il rimborso al 100% non è previsto tuttavia per gli investitori istituzionali, ma solo per quelli retail: il che significa che 1 miliardo di bond subordinati sarà comunque azzerato. In ogni caso, riguaudo ai retail che hanno sottoscritto tali obbligazioni, il rimborso non potrà essere superiore ai valori che le obbligazioni subordinate avevano già raggiunto.
Azzerati anche gli azionisti: in primis il Fondo Atlante. Riguardo agli altri – gli azionisti di Veneto Banca sono 88mila e quelli di Popolare Vicenza 111mila – questi avevano già visto il loro valore azzerato. Da segnalare come il Fondo Atlante ha tentato di salvare le banche venete acquisendone il controllo: maggior azionista, detiene il 99,33% di Popolare di Vicenza e il 97,64% di Veneto Banca.
Tutelati al 100% i correntisti, che da clienti delle due banche venete diventano clienti di Intesa SanPaolo.
Dal canto suo, il ceo di Intesa SanPaolo Carlo Messina ha commentato il decreto :
“Il nostro intervento consentirà di mettere in sicurezza oltre 50 miliardi di risparmi affidati alle due banche e di tutelare 2 milioni di clienti, di cui 200.000 aziende operanti in aree tra le più dinamiche del Paese (..) Oltre a ciò l’integrazione delle due banche e del relativo personale sarà gestita senza licenziamenti ma solo attraverso uscite volontarie”.
In una nota di Intesa SanPaolo stamattina si legge che l’operazione implicherà “la chiusura di 600 filiali e l’applicazione del Fondo di Solidarietà in relazione all’uscita, su base volontaria, di 3.900 persone del gruppo risultante dall’acquisizione, nonché altre misure a salvaguardia dei posti di lavoro quali il ricorso alla mobilità territoriale e iniziative di formazione per la riqualificazione delle persone”.
Banche venete: ecco cosa acquista Intesa SanPaolo
Oltre alle attività e passività selezionate di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, la banca guidata da Carlo Messina si aggiudicherà anche le partecipazioni in Banca Apulia, Banca Nuova, in Sec Servizi, in Servizi Bancari e dopo le relative autorizzazioni, nelle banche con sede in Moldavia, Croazia e Albania.
Nel perimetro sono inclusi: crediti in bonis diversi da quelli ad alto rischio per circa 26,1 miliardi di euro, attività finanziarie per circa 8,9 miliardi di euro, attività fiscali per circa 1,9 miliardi di euro, debiti verso clientela per circa 25,8 miliardi di euro, obbligazioni senior per circa 11,8 miliardi di euro, raccolta indiretta per circa 23 miliardi di euro, di cui circa 10,4 miliardi di risparmio gestito, circa 900 sportelli in Italia e circa 60 all’estero, inclusa la rete di filiali in Romania, 9.960 persone in Italia e 880 all’estero.
Con un comunicato alla Borsa italiana, Intesa Sanpaolo ha reso noto stamattina che “ottenuta l’unanime autorizzazione da parte del Consiglio di amministrazione, ha firmato con i commissari liquidatori di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca il contratto di acquisto, al prezzo simbolico di un euro, di certe attività e passività e certi rapporti giuridici facenti capo alle due banche”.
Intesa SanPaolo non acquista invece “i crediti deteriorati (sofferenze, inadempienze probabili e esposizioni scadute), le obbligazioni subordinate emesse, nonché partecipazioni e altri rapporti giuridici considerati non funzionali all’acquisizione”.
L’istituto ha comunque deciso,”a tutela di ristoro per i piccoli risparmiatori detentori di obbligazioni subordinate emesse dalle due banche”, di stanziare 60 milioni di euro, che includono “un importo come proprio intervento in aggiunta alla quota parte prevista del contributo del sistema bancario”.
Padoan contro le polemiche su Intesa
Sulle polemiche che si sono susseguite nelle ultime ore sul ruolo di Intesa SanPaolo, Padoan ha precisato in un’intervista al Tg2:
“Banca Intesa è stato l’unico istituto bancario italiano che ha fatto una proposta credibile e utile, questo comporterà dei costi per il capitale, quindi è giusto che lo Stato sostenga banca Intesa in questa operazione”.
Padoan ha definito il decreto, in generale, una misura per:
“sostenere l’economia, stabilizzare il sistema del credito, sostenere le imprese, proteggere i piccoli risparmiatori” e ha confermato che costa “5 miliardi” e, anche, che non peserà sui conti pubblici perchè si tratta di “risorse già disponibili, già mobilizzate”.
Ci saranno problemi di personale in eccesso?
“C’è un problema di personale in eccesso un po’ in tutte le banche, nelle risorse mobilizzate da questa operazione ce ne saranno alcune che potranno essere utilizzate per affrontare il problema”.
Le tappe della procedura
A questo punto, in base a quanto stabilisce la liquidazione, i commissari di Bankitalia dovranno individuare gli asset performanti, che andranno a confluire nella good bank e saranno poi ceduti a Intesa SanPaolo al prezzo simbolico di 1 euro.
Gli asset non performanti, non solo crediti deteriorati ma anche crediti in bonis ad alto rischio, di un valore che è stato stimato attorno a 20 miliardi di euro, saranno gestiti dalla SGA, società di gestione delle attività e bad bank che servì a gestire la liquidazione del Banco di Napoli e che fino a pochi mesi fa era di proprietà della stessa Intesa SanPaolo.
In una nota, Bankitalia tenta di placare le ansie dei clienti di Veneto Banca e Popolare di Vicenza e ribadisce che l’intervento “assicura la tutela di tutti i risparmiatori e dei creditori senior”, prevedendo “misure di ristoro per titolari di strumenti finanziari subordinati retail”.
Commissari bankitalia: c’è anche Viola, ex AD Pop Vicenza
Bankitalia ribadisce anche che gli uffici e gli sportelli dei due istituti continueranno a essere operativi, con la differenza che ora faranno capo a Intesa SanPaolo.
Viene certificata la cessione degli asset performanti a Intesa SanPaolo e vengono resi noti i nomi dei commissari di Bankitalia che dovranno disciplinare la liquidazione coatta amministrativa:
“I commissari liquidatori della Veneto Banca Spa e della Banca Popolare di Vicenza Spa in liquidazione coatta amministrativa hanno ceduto a Banca Intesa Sanpaolo le attività e passività costituenti un ramo d’azienda bancaria delle due banche in liquidazione”. Dal perimetro della cessione “sono esclusi i crediti deteriorati (sofferenze, inadempienze probabili ed esposizioni scadute) e ulteriori attività e passività delle banche in liquidazione, come specificate nel contratto di cessione. Sono altresì esclusi i diritti degli azionisti, gli strumenti di capitale (computabili e non nei fondi propri) e le passività subordinate”.
Ancora, prosegue Bankitalia:
“il cessionario succede, senza soluzione di continuità, alle banche in liquidazione coatta amministrativa nei diritti, nelle attività, nelle passività, nei rapporti, nei privilegi e nelle garanzie, nonché nei giudizi, oggetto di cessione, secondo quanto previsto nell’offerta dallo stesso formulata e oggetto di accettazione da parte dei commissari liquidatori delle Banche medesime”.
Tra i commissari spicca il nome di Fabrizio Viola, ex numero uno di Mps poi diventato AD di Popolare di Vicenza. Altri commissari nominati da Bankitalia per gestire la crisi sono per Popolare di Vicenza Claudio Ferrario, Giustino Di Cecco e Fabrizio Viola. Per Veneto Banca i commissari sono ancora Viola, Alessandro Leproux e Giuliana Scognamiglio.